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GLI STUDENTI NON TOLLERERANNO L’IPOCRISIA

Era inevitabile che l’incondizionato supporto al genocidio palestinese da parte dei governi del Nord globale avrebbe scatenato furiose proteste dei loro cittadini. Non stupisce che queste siano scoppiate anche negli Stati Uniti, dove a partire da ottobre 2023 si contesta l’assegno in bianco del governo statunitense a quello israeliano. Il finanziamento USA alla campagna di sterminio contro i palestinesi include, dal 7 ottobre ad oggi, più di un centinaio di invii di armi verso Israele e un sostegno da miliardi di dollari.

Da molto tempo ormai, i giovani negli USA – e negli altri paesi del Nord globale – hanno percepito l’inganno delle promesse fatte dai loro governi. Mentre ciò che li attende è un lavoro sempre più precario, indistintamente dal titolo scolastico e/o accademico, si è sviluppata in loro una più preziosa presa sulla moralità, grazie ai loro stessi tentativi per diventare delle persone migliori. Le crudeltà dell’austerità e delle norme patriarcali li hanno spinti a rivoltarsi contro le loro classi dirigenti. Vogliono qualcosa di migliore. La brutale aggressione al popolo palestinese ha spronato una rottura. Quanto si spingeranno in là questi giovani è ancora da vedere.

Lungo gli Stati Uniti, gli studenti e le studentesse hanno creato degli accampamenti in centinaia di campus universitari, incluse le più prestigiose istituzioni del Paese come la Columbia, il Massachusetts Institute of Technology (MIT), Stanford, Emory, la Washington University in St. Louis, Vanderbilt e Yale. Gli studenti e le studentesse fanno parte di una serie di gruppi locali nei campus così come di organizzazioni nazionali come Students for Justice in Palestine, il Palestinian Youth Movement, Jewish Voice for Peace, CodePink, Democratic Socialists of America, e il Party for Socialism and Liberation. In questi accampamenti, gli studenti e le studentesse cantano, studiano, pregano e discutono. Queste università hanno investito i loro vasti patrimoni in fondi legati alle industrie belliche e alle compagnie israeliane, con una dotazione degli istituti di istruzione superiore statunitensi di circa 840 miliardi di dollari. Vedere che le tasse universitarie in continua crescita sono destinate a istituzioni complici e che traggono profitto da questo genocidio è inaccettabile per questi studenti. Da qui la loro determinazione a resistere con i loro corpi.

La democrazia è corrosa quando semplici azioni civili come queste si scontrano con tutta la forza dell’apparato repressivo dello Stato. L’amministrazione universitaria e le autorità locali hanno inviato forze di polizia pesantemente armate con l’ordine di sgomberare gli accampamenti con ogni mezzo necessario, il tutto rafforzato dal posizionamento di cecchini sui tetti dei campus di diverse università. Scene di studenti e docenti portati via con forza dai loro campus, colpiti con i taser, brutalizzati e arrestati dalla polizia in tenuta antisommossa sono apparse su tutti i social media. Ma piuttosto che demoralizzare i giovani, queste violente misure repressive hanno semplicemente innescato la creazione di nuovi accampamenti nelle università non solo negli Stati Uniti, ma anche in Paesi più lontani come l’Australia, il Canada, la Francia, l’Italia e il Regno Unito. Scuse come il pericolo di incendio delle tende in potenza rafforzano la risolutezza degli amministratori, ma non sussistono per gli studenti, per i membri della facoltà che sono venuti a difenderli o per le persone preoccupate in tutto il mondo. Le immagini di questa violenza ricordano le fotografie dei massacri contro gli studenti statunitensi che protestavano contro la guerra in Vietnam e dei cani della polizia sguinzagliati contro i giovani neri durante il movimento per i diritti civili negli Stati Uniti.

Non è la prima volta che i giovani, in particolare gli studenti universitari, cercano di imporre chiarezza in un mondo incrostato di compromessi. Negli Stati Uniti, le generazioni precedenti hanno lottato affinché le loro Università disinvestissero nell’apartheid in Sudafrica e nelle terribili guerre guidate dagli USA nel Sud-est asiatico e in America centrale. Nel 1968, i giovani dalla Francia all’India, dagli Stati Uniti al Giappone, esplosero di rabbia per le guerre imperialiste in Algeria, Palestina e Vietnam, con gli occhi puntati su Parigi, Tel Aviv e Washington per la loro cultura omicida. Il loro atteggiamento è stato colto dal poeta pakistano Habib Jalib, che ha cantato al Mochi Gate di Lahore kyun darate ho zindan ki divar se (perché mi spaventi con il cancello della prigione?), e poi zulm ki baat ko jahl ki raat ko, main nahin manta main nahin jaanta (parole dell’oppressione, notte dell’ignoranza, mi rifiuto di riconoscere, mi rifiuto di accettare).

Visto che siamo all’inizio di maggio, può essere utile ricordare i coraggiosi giovani cinesi che il 4 maggio 1919 scesero in piazza per condannare le umiliazioni subite dal popolo cinese durante la Conferenza di pace di Parigi (che portò al Trattato di Versailles). Durante la conferenza, le potenze imperialiste decisero di cedere al Giappone gran parte della provincia di Shandong che la Germania aveva sottratto alla Cina nel 1898. In questo trasferimento di potere, i giovani ci videro la debolezza della Repubblica Cinese, istituita nel 1911. Così, oltre quattromila studenti di tredici università di Pechino scesero in piazza con uno striscione che recitava: “Lottare per la sovranità all’esterno, eliminare i traditori nazionali all’interno.”. Erano arrabbiati sia con le potenze imperialiste che con la delegazione nazionale di sessanta membri alla conferenza di Parigi, guidata dal ministro degli Esteri Lu Zhengxiang. Liang Qichao, uno dei membri della delegazione, era così frustrato dal trattato che il 2 maggio inviò un bollettino in Cina, che fu pubblicato e stimolò gli studenti e le studentesse. Le proteste universitarie fecero pressione sul governo cinese affinché licenziasse funzionari filo-giapponesi come Cao Rulin, Zhang Zongxiang e Lu Zongyu. Il 28 giugno, la delegazione cinese a Parigi rifiutò di firmare il trattato.

Le azioni degli studenti e delle studentesse erano forti e d’impatto organizzati nel Movimento del 4 Maggio, che non si limitava a protestare contro il Trattato di Versailles, ma sviluppò una critica più ampia del marciume della cultura repubblicana d’élite cinese. Gli studenti volevano di più, il loro patriottismo trovava rifugio in correnti di pensiero di sinistra come l’anarchismo, ma più profondamente nel marxismo. Solo due anni dopo, nel 1921, alcuni degli importanti giovani intellettuali maschi che furono plasmati da questa rivolta, come Li Dazhao, Chen Duxiu e Mao Zedong, fondarono il Partito Comunista Cinese. Le donne leader fondarono organizzazioni che portarono milioni di donne nella vita politica e intellettuale, diventando in seguito elementi centrali del Partito Comunista. Per esempio, Cheng Junying fondò la Women’s Academic Federation di Pechino; Xu Zonghan istituì la Women’s Federation di Shanghai; Guo Longzhen, Liu Qingyang, Deng Yingchao e Zhang Ruoming crearono la Women’s Patriotic Comrades Association di Tianjin; Ding Ling divenne una delle principali narratrici delle campagne cinesi. Trent’anni dopo il Movimento del 4 Maggio, molti di questi uomini e donne hanno abbandonato il loro sistema politico marcio e hanno fondato la Repubblica Popolare Cinese.

Chissà dove andrà a finire il rifiuto degli studenti del Nord globale di oggi. Il loro rifiuto di riconoscere le scuse della loro classe dirigente e di accettarne le politiche è più radicato delle loro tende. La polizia li può arrestare, brutalizzare, rimuovere i loro accampamenti, ma questo renderà solo più difficile arrestare la loro radicalizzazione.

Nel mezzo del del Movimento del 4 Maggio, il poeta Zhu Ziqing (1898-1948) scrisse Bagliore. Le sue parole corrono dal 1919 ai nostri giorni, da una generazione di studenti all’altra:

Nella notte profonda e tempestosa,
Davanti a noi c’è un’arida natura.
Una volta superata l’arida natura,
c’è il sentiero del popolo.
Nell’oscurità, innumerevoli sentieri,
Come posso camminare correttamente?
Dio! Dammi subito un po’ di luce,
Fammi correre in avanti!
Dio risponde prontamente: luce?
Non ne ho da trovare per te.
Vuoi la luce?
Devi crearla tu stesso!

Questo è ciò che stanno facendo i giovani: stanno creando questa luce e, anche se molti dei loro più vecchi cercano di oscurarla, il bagliore delle loro anime continua a illuminare la miseria del nostro sistema – che ha al centro la barbara guerra di Israele – e la promessa dell’umanità.

Con affetto,
Vijay

*Traduzione della diciottesima newsletter (2024) di Tricontinental: Institute for Social Research.

Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.

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