La proposta politica di Potere al Popolo può e deve proseguire.
La condizione essenziale è quella di dimostrare la capacità di porsi come punto di riferimento essenziale per un processo di ricostruzione della soggettività politica comunista, d’opposizione e d’alternativa in Italia e in un quadro di rinnovato internazionalismo.
E’ evidente come si tratti di un itinerario molto complesso, tenuto conto anche della presenza di soggetti politici strutturati al riguardo dei quali dovrà essere trovata la forma più opportuna di raccordo e inserimento nel progetto,valorizzando le rispettive storie e identità.
Il punto fondamentale può essere costituito dall’avvio di una riflessione profonda attorno al tema del “crocevia della storia” di fronte al quale ci stiamo trovando.
Un crocevia che può ben essere identificato come quello dell’arretramento storico.
Esauriti, nei roghi di due guerre mondiali, i cicli dell’imperialismo e dei grandi totalitarismi del ‘900, la fase della distensione come superamento graduale della morsa imposta dai blocchi e la decolonizzazione aveva aperto all’idea di una fase di progressiva espansione della democrazia e di una sorta di “compimento della storia” anche laddove quella che si pensava fosse dittatura del proletariato si era trasformata in una dittatura di una burocrazia oligarchica.
Invece proprio al momento del crollo di quel bipolarismo qualcuno cominciò a parlare di “fine della storia”, di affermazione del pensiero “unico” del capitalismo, di un modello da esportare sulla punta delle baionette.
Principiò da lì quello che possiamo davvero definire “arretramento storico” se intendiamo confrontarlo con le nostre idee per l’appunto storiciste, delle “magnifiche sorti e progressive”.
Un arretramento che ha portato a questa fase caratterizzata dai nuovi imperialismi (o meglio dai nuovi imperatori).
Se l’elezione di Trump aveva impressionato, la dittatura a vita confermata per XI in Cina (occasione d’attualità per scrivere queste poche righe) e la prossima rielezione di Putin in Russia ci confermano.
La dinamica della storia sembra essersi prima arrestata e poi di aver voltato all’indietro.
Come recuperare la politica soffocata dall’imperio?
Servirebbe forse un nuovo illuminismo ma nel pensiero dominante non se rintracciano segnali, mentre chi cera di opporsi comunque sembra seguire un andamento anticiclico annaspando ai margini del vorticoso affermarsi dell’Impero fondato sulla spossessione di ormai indistinte moltitudini.
Moltitudini cui certo non possono bastare, per ritrovare identità e rappresentanza, i soli riti della democrazia borghese e tanto meno di quella “diretta” e/o del pubblico.
Si pongono così due questioni che si pongono a lato (connettendosi tra loro) rispetto a quella della “rappresentazione immediata dei bisogni sociali” e del lavoro diretto nei confronti di essi che ha rappresentato, da parte di Potere al Popolo, l’intuizione più felice e il punto di rottura più efficace rispetto a elementi non più sostenibili di continuità con il passato:
1) Il tema dell’esaurimento della democrazia liberale. Sarà necessario un periodo non breve di convivenza tra diversi sistemi ma l’involuzione dei meccanismi “storici” della democrazia liberale in un paradossale ritorno al periodo del notabilitato (forma politica della rappresentanza all’epoca degli imperialismi) appare avviato;
2) Il tema dell’estensione di quella che si può definire come “sopraffazione di classe” estesa ad ambiti sociali espressione delle fratture definite come “post – materialiste” collocate in ambiti sociali ben oltre la classica “contraddizione principale”.
Entrambi i temi possono (e debbono) essere affrontati in una visione non provinciale, ma con un respiro di carattere “internazionalista”, preparando in questo senso anche una scadenza elettorale ostica come quella delle prossime elezioni europee.
Il recente esito elettorale di “Potere al Popolo” nell’occasione delle elezioni legislative generali svoltesi in Italia, può rappresentare un punto d’appoggio nella dimostrazione dell’esistenza di una massa critica in grado di agire, nel nostro Paese, nell’intreccio diretto tra sociale e politico in una quotidiana azione di presenza, mobilitazione, indirizzo e costruendo sul campo un radicamento non occasionale.
Anche in questo caso però deve essere post una condizione, quella di non disperdere e di non separare sul piano politico – organizzativo quelli che, anche nel voto, si sono dimostrati i tre punti di forza: la dimostrazione del persistere comunque di storici insediamenti della sinistra comunista; una presenza di movimento particolarmente attiva realizzata soprattutto attraverso la presenza di organizzazione sindacale al riguardo della quale si pone il tema della costruzione di un sindacato confederale di classe, una forte presenza di pratica sociale nella risposta ai bisogni immediati dei settori più emarginati nel procedere della ferocia dimostrata dai centri che conducono il ciclo capitalista.