OLTRE UN PROGRAMMA ELETTORALE, UNA PROPOSTA COMPLESSIVA

 

Di proposte puntuali, intenzioni particolari, opinioni specifiche ne leggiamo ovunque. Ogni partito ha la sua idea, un po’ più reazionaria o un po’ più liberal, per dare il proprio contribuito allo sviluppo di questa regione. Ma il senso di questo sviluppo non viene toccato, e gli interessi che si tutelano sono sempre gli stessi.

Quel che finora è mancato, tra queste liste della spesa, è stato un progetto di rottura e avanzamento basato sull’uguaglianza. Come in tutta Italia, anche qui pretendiamo di ridisegnare – cambiandole davvero – le fondamenta ingiuste e classiste su cui i cittadini dell’Emilia Romagna costruiscono le proprie vite.

 

Nelle nostre assemblee, locali, provinciali e regionali, stiamo finalmente ultimando quella che è una vera e propria mappa di sistema: il nostro sistema contro quello pensato e portato avanti dal PD con la complicità del M5S e la falsa opposizione della Lega.

Le nostre sono proposte che toccano tanti piccoli punti delle nostre vite. Nelle nostre iniziative, ogni giorno, le nostre rivendicazioni parlano agli esclusi dal sistema e ai traditi da chi promette fuoco e fiamme contro i poteri forti, come Lega e 5 Stelle, che ad essi si sono piegati supinamente e allineati alla svelta.

 

Nella corsa alla raccolta delle migliaia di firme, necessarie per poterci inserire in una campagna elettorale che qualcuno vorrebbe un banchetto imbastito per pochissimi, porteremo poche ma determinate rivendicazioni, elaborate punto per punto anche attraverso il confronto con le forze sociali interessate a contribuire.

 

Sul lavoro: SALARIO MINIMO DI 9 EURO/H come criterio indispensabile per aziende, cooperative e cordate che vogliano partecipare a qualsiasi appalto in regione.

È urgente ribaltare la logica incentrata su migliaia di privatizzazioni che trasformano i diritti in lusso e i cittadini in clienti, rimettendo invece al centro istituzioni pubbliche forti e inchiodando gli imprenditori alle proprie responsabilità. Noi pretendiamo un welfare pubblico che non sia più in via di dismissione ma miri alla ri-nazionalizzazione dei servizi.

 

Sull’ambiente: ABOLIZIONE DELLA LEGGE REGIONALE URBANISTICA, che incentiva il consumo di suolo e la speculazione immobiliare.

La sfacciataggine dei governanti rispetto ai milioni di giovani e non, che stanno in questi mesi scendendo in piazza per un cambio radicale di politiche sul clima e sulla tutela dei nostri territori fa rabbrividire. Nelle nostre città, nelle province, le opere in cantiere devono essere quelle per un trasporto pubblico razionale e popolare, dello sviluppo dell’edilizia residenziale pubblica e della riqualificazione pubblica dell’esistente. Non c’è bisogno di altro cemento, c’è bisogno di riconversione.

Sui servizi: L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA PRODUCE ESCLUSI FUORI E DENTRO LA REGIONE, perché è un ulteriore tassello dello smantellamento del servizio pubblico sanitario e scolastico.

Questa secessione che si vorrebbe “soft” non è quella delle regioni ricche nei confronti di quelle povere, su cui già avremmo molto da ridire, ma è la secessione dei ricchi contro gli sfruttati, gli emarginati, gli esclusi da un reddito decente, dai processi decisionali, dai servizi che sempre più sono appannaggio del mercato privato. Troppe volte abbiamo assistito all’utilizzo del pubblico per i propri interessi, la regionalizzazione della sanità ha riempito i giornali di scandali in tutta Italia: è tempo di invertire la rotta.

 

La nostra è una regione che splende e brilla nelle copertine delle riviste, che è tutta una vetrina per turisti, la via Emilia è un susseguirsi di cities of food che tanto guadagno offrono ai grandi marchi ma che ben poco riservano per i propri abitanti. Dietro ogni prosciutto c’è uno sfruttamento feroce, dietro ogni polo logistico c’è un caporalato che nulla ha da invidiare ai campi di pomodori del sud Italia, nell’estate in Riviera non si vede un contratto in regola.

Chi lavora nel retrobottega della vetrina emiliano-romagnola lo sa bene.

 

È tempo di portare la realtà quotidiana di milioni di persone in una tribuna politica che troppo spesso vuole dimenticarsene. La nostra guerra è alla povertà, non ai poveri. La nostra sicurezza si chiama servizi pubblici, partecipazione democratica, diritti sul lavoro… riuscite già a notare qualche differenza con gli altri?