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IL BARICENTRO DELL’ECONOMIA MONDIALE SI SPOSTA IN ASIA

L’ultimo giorno di ottobre del 2025, i leader dei 21 paesi del forum di cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) si riuniranno nella città di Gyeongju, nella Repubblica di Corea (Corea del Sud), per il 33° vertice dell’organizzazione. Dalla sua fondazione nel 1989 a Canberra, in Australia, l’APEC ha promosso la creazione di una zona di “commercio libero e aperto”, un concetto delineato dagli Obiettivi di Bogor, emersi dal vertice tenutosi in Indonesia nel 1994.

L’APEC è un prodotto del suo tempo. In primo luogo, è nata come strumento del Consiglio di cooperazione economica del Pacifico del Giappone con l’obiettivo di costruire catene di approvvigionamento regionali dopo che l’accordo del Plaza (1985) aveva portato a un rafforzamento dello yen rispetto al dollaro. In secondo luogo, è stata progettata durante l’Uruguay Round (1986-1994) dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, che si è concluso con la formazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC/WTO). Era l’era della liberalizzazione del commercio, quando gli Stati Uniti e i partner del G7, convinti che la storia fosse finita e che ogni paese avrebbe orbitato intorno agli Stati Uniti per l’eternità, spingevano i paesi ad aprire le loro economie alle società nordatlantiche e giapponesi. Gli Stati Uniti speravano che il Trattato di Maastricht (1993), che ha dato vita all’Unione Europea, avrebbe portato a un accordo di libero scambio transatlantico (cosa che non è mai avvenuta) e che l’Accordo di libero scambio del Nord Atlantico (NAFTA, 1994) avrebbe legato il Canada e il Messico agli Stati Uniti per sempre.

Per anni, gli Stati Uniti hanno partecipato ai vertici dell’APEC e hanno spinto per la creazione di un’area di libero scambio che consentisse alle loro società di dominare la regione. Gli Obiettivi di Bogor del 1994 erano finalizzati a questo scopo, ma fallirono per vari motivi, tra cui il timore interno che la crescente potenza industriale dell’Asia potesse superare quella degli Stati Uniti. Nel 2005, quattro paesi (Brunei, Cile, Nuova Zelanda e Singapore) hanno firmato l’accordo di partenariato economico strategico transpacifico, al quale si sono aggiunti altri otto paesi (Australia, Canada, Giappone, Malesia, Messico, Perù, Stati Uniti e Vietnam) entro il 2013. Ma era troppo poco e troppo tardi. La crisi finanziaria del 2008 ha scosso il Sud globale, che ha preso coscienza della fragilità delle economie del Nord Atlantico e della necessità di costruire un’alternativa commerciale e di sviluppo Sud-Sud.

Nel 2007, alla vigilia della crisi finanziaria, la Cina era già la terza economia mondiale. Nel 2010 ha superato il Giappone diventando la seconda economia mondiale. Oggi la Cina è il principale partner commerciale della maggior parte dei paesi dell’Asia-Pacifico, compresi 13 dei 21 paesi dell’APEC. Dopo la crisi finanziaria del 2008, i paesi dell’area del Pacifico hanno smesso di considerare prioritario il raggiungimento di un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. E quando il presidente americano Donald Trump nel 2017 ha ritirato il suo paese dalla Trans-Pacific Partnership, i paesi rimanenti hanno continuato le discussioni, anche in assenza di Washington. Dieci degli undici firmatari dell’Accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico, scaturito da queste discussioni, erano membri dell’APEC.

In occasione di un vertice dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) nel 2011, alcuni membri hanno discusso la possibilità di un accordo di libero scambio incentrato sull’Asia. I negoziati sono proseguiti con la certezza che i dieci membri dell’ASEAN, più Cina e India, avrebbero costituito una rete commerciale significativa. L’India alla fine si è ritirata, ma tutti i dieci paesi dell’ASEAN, insieme a Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, sono rimasti nel processo. Nel 2020 questi paesi hanno firmato il Partenariato economico regionale globale (RCEP), il più grande blocco commerciale del mondo con quasi un terzo della popolazione mondiale (2,3 miliardi) e il 2830% del prodotto interno lordo (PIL) mondiale. In confronto, l’Unione Europea rappresenta circa il 185% e il NAFTA circa il 3017% del PIL mondiale. Il RCEP ha realizzato una forma di “commercio libero e aperto” – ciò che l’APEC aspirava a raggiungere con i suoi Obiettivi di Bogor – mentre gli Stati Uniti sono rimasti isolati.

Ma gli Stati Uniti conservano almeno due strumenti per esercitare il loro potere nella regione Asia-Pacifico: l’APEC, più di un forum economico è uno strumento per gli Stati Uniti per disciplinare i loro alleati asiatici, e il Rim of the Pacific (RIMPAC), che è il braccio militare. Il RIMPAC è stato creato nel 1971 come parte dell’architettura della Guerra Fredda contro l’Unione Sovietica, ma si è trasformato in un meccanismo per esercitare il potere navale contro la Cina e altri paesi che cercano la sovranità. Il RIMPAC, organizzato dal Comando Indo-Pacifico della Marina degli Stati Uniti e con sede alle Hawaii, ora include risorse militari israeliane. Ciò dovrebbe creare problemi a membri come Colombia, Cile e Malesia, che hanno assunto posizioni forti contro l’attuale genocidio israeliano contro il popolo palestinese. Tutti i paesi dell’APEC partecipano al RIMPAC tranne Cina, Russia e Vietnam (la Cina ha partecipato fino a quando non è stata esclusa nel 2018).

La sovrapposizione tra l’adesione all’APEC e al RIMPAC rivela il tentativo degli Stati Uniti di esercitare l’egemonia attraverso il consenso economico (l’APEC, che coordina i circuiti economici del capitalismo) e la coercizione militare (il RIMPAC, che garantisce le condizioni militari per quell’ordine economico). Sebbene l’APEC sembri riguardare solo gli investimenti, le catene di approvvigionamento e l’economia digitale, in realtà è un meccanismo per garantire che gli Stati Uniti – con almeno 260 basi militari e siti di rotazione, dalla base RAAF di Darwin in Australia alla base aerea di Kadena in Giappone, e con le manovre militari del RIMPAC – rimangano la potenza dominante nella regione. La strategia statunitense per contenere la Cina è ora saldamente ancorata alla dinamica APEC-RIMPAC. Incapace di contrastare la vivacità economica della Cina e dei suoi vicini, gli Stati Uniti ricorrono a campagne di pressione militare e diplomatica.

Il vertice in Corea del Sud sarà accompagnato da manifestazioni di massa guidate dai sindacati delle lavoratrici e dei lavoratori industriali e agricoli, dai gruppi per i diritti umani e dalle organizzazioni studentesche. Ci saranno anche sacche di sostenitori ultranazionalisti dell’ex presidente Yoon Suk Yeol (2022-2025) del partito di destra People Power Party, che ha dichiarato la legge marziale nel 2024. Ma questi gruppi non influenzeranno la maggior parte delle manifestazioni, che sono a favore della creazione di un’economia sudcoreana incentrata sulle persone e contro il tentativo di utilizzare il vertice APEC per consolidare l’élite politica del Paese, ancora scossa dalla caduta di Yoon.

Con lo spostamento del baricentro dell’economia mondiale verso l’Asia, gli Stati Uniti useranno ogni mezzo possibile per affermare la propria posizione. Ma semplicemente non hanno più gli strumenti per imporre il loro dominio. Un uso produttivo dell’APEC è quello di fornire una piattaforma per l’incontro tra i leader statunitensi e cinesi in un momento in cui gli spazi per il dialogo bilaterale si stanno riducendo. Questo è il motivo per cui l’attenzione dei media si è concentrata sull’incontro tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping.

Nel 2013, il presidente cinese Xi ha utilizzato l’espressione “comunità con un futuro condiviso per l’umanità” (人类命运共同体), che è stata inserita nella Costituzione del Partito Comunista Cinese del 2017. Al vertice APEC del 2014 a Pechino, Xi ha affermato che l’Asia-Pacifico non dovrebbe diventare “un’arena di competizione”, ma dovrebbe essere il luogo di “una comunità di destino comune”. I funzionari cinesi hanno iniziato a parlare di una “comunità dell’Asia-Pacifico con un futuro condiviso” (亚太命运共同体), che riprendeva la frase del 2013. L’essenza di queste espressioni è che i paesi asiatici non dovrebbero perseguire politiche di blocco o alleanze militari, ma essere aperti al dialogo con tutti e costruire piattaforme che sostengano la dignità di tutti i popoli. Sebbene si tratti di espressioni interessanti, i loro nobili sentimenti possono essere realizzati solo nel processo storico reale, quando le persone di tutta la regione vedranno migliorare le loro vite grazie alla pace e allo sviluppo.

Con affetto,
Vijay

*Traduzione della quarantaquattresima newsletter (2025) di Tricontinental: Institute for Social Research.

Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.

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