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Sommario
1. Introduzione 3
2. Il Servizio Sanitario Nazionale, dal principio universalistico della L. 833 al welfare dei miserabili 3
3. Le mani sulla sanità in Emilia-Romagna 4
3.1. Aziendalizzazione e metamorfosi della sanità 4
3.2. La Spending Review, tagli di classe 6
3.3. Il “nuovo” sistema sanitario regionale tra riconversione e privatizzazione 6
3.4. Mappatura regionale di un fallimento 9
4. Conclusioni 13
5. Fonti 15
Introduzione
Risulta oggi ancora più urgente rispetto a pochi mesi fa parlare dello stato della Sanità dell’Emilia-Romagna. Nella triste classifica delle regioni più colpite, l’Emilia Romagna si situa al secondo posto per numero di decessi e al terzo per numero di contagi, nonostante il sistema non sia crollato del tutto grazie a conquiste ottenute in anni ormai lontani. Lo stato della Sanità nella Regione Emilia-Romagna, che pure grazie alle conquiste ormai lontane è riuscita a non soccombere del tutto all’epidemia pur risultando comunque la seconda regione italiana per contagi, oggi risulta molto più evidente rispetto a soli pochi mesi fa. Di fronte al terribile impatto dell’epidemia del Coronavirus, abbiamo uno scenario estremamente chiaro: lo stress enorme al quale è stato sottoposto il sistema ospedaliero, l’inadeguatezza dei posti letto, la carenza di controlli tempestivi e la strage silenziosa di anziani nelle case di riposo, testimoniate anche dalla nascita di comitati delle vittime, hanno messo definitivamente in luce tutte le criticità di un sistema che continua a definirsi all’avanguardia ma che, alla prova dei fatti, si dimostra sempre più indebolito, inefficace e appannaggio di pochi.
L’Emilia-Romagna non è la sola Regione ad essere vittima di questo processo e non è nemmeno quella a più avanzato stadio di trasformazione nel panorama italiano ormai spezzettato in venti sistemi regionali diversi. Un primato comunque poco consolante, perché se le tempistiche si stanno dimostrando differenti, il punto di arrivo invece è chiaramente lo stesso: da un sistema basato sui principi di universalità, di uguaglianza e globalità a uno votato esclusivamente al profitto.
Lo dimostra la gestione della crisi del Coronavirus e lo dimostrano gli ultimi venticinque anni abbondanti di politiche sanitarie regionali all’insegna dei tagli e della cessione delle strutture e dei servizi al privato che analizziamo in questo documento. Il nostro non può certo dirsi un lavoro esaustivo e nemmeno ha la presunzione di esserlo, ma siamo sicuri che sfogliando le pagine di questo dossier, tra la cronaca di un ospedale chiuso dopo decenni di attività e di posti letto regalati ai privati, ogni cittadino di questa Regione troverà un esempio a lui vicino che gli permetterà di inquadrare meglio il processo in corso.
Parliamo della “rossa” Emilia-Romagna, quella in cui il governatore regionale ha basato la sua campagna elettorale sul carattere pubblico della sanità mentre siglava accordi coi privati, la terra delle cooperative rosse che allungano la propria mano sul business della diagnostica e delle cure, la regione di quei sindacati complici che vedono nel welfare aziendale la nuova frontiera dell’assistenza alla persona, nonché quel territorio in cui tutti i soggetti appena citati prosperano in un intreccio di interessi ed affari che sembra non avere fine.
Il virus ha messo a nudo un’altra verità, che esprimiamo sotto forma di metafora: impegnativo ma nella maggior parte dei casi non letale in un organismo sano, se contratto da un corpo già sofferente il Covid-19 mette a serio rischio la sopravvivenza del paziente. In medicina come in politica, non ci si può dunque sottrarre alla domanda che logicamente ne consegue: la morte è imputabile al virus o alle gravi condizioni pregresse che esso ha incontrato sulla sua strada?