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VOGLIAMO COSTRUIRE COMUNITÀ DI LETTRICI E LETTORI, NON TRASFORMARE IN MERCE CHI LEGGE

Ci sono giorni in cui l’oscurità degli eventi si posa pesantemente su di me, e cerco di trovare un modo per ritirarmi in un angolo tranquillo e buttarmi nel mondo di un libro. Che sia un romanzo o un libro di storia, purché chi lo ha scritto sia in grado di evocare un mondo che mi trasporta dal diluvio di brutalità a un’isola di immaginazione. Negli ultimi mesi ho letto sempre più romanzi – tra cui dei gialli giapponesi, uno dei miei generi preferiti – e ho trovato in essi personaggi con cui a volte posso ridere e a volte aggrottare le sopracciglia per lo smarrimento. La follia non è una novità per il nostro mondo. C’è già stata.

Ho davanti a me Ten to Sen (Tokyo Express, 1958) e Suna no Utsuwa (Come sabbia tra le dita 1960-1961) di Seichō Matsumoto, così come Kuroi Hakucho (Il mistero del cigno nero, 1961) di Tetsuya Ayukawa, tutti romanzi polizieschi scritti all’indomani dell’orrendo uso delle bombe atomiche da parte degli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Questi libri, e i film dello stesso periodo – in particolare Gojira (Godzilla), diretto e co-sceneggiato da Ishirō Honda nel 1954 – irradiano le complessità di una società post-atomica. Posso immaginare questi scrittori nelle loro città devastate dalla guerra, con le loro penne e la poca carta a disposizione, che cercano di mettere uno specchio davanti alla loro società, i loro detective, seri uomini della classe operaia che devono confrontarsi con l’audacia di antiche famiglie che un tempo erano profondamente radicate nel vecchio ordine sociale fascista e che ora si sono reinventate come capitalisti dinamici. Questi scrittori, tuttavia, arrivarono molto dopo che le prime parole erano state pronunciate dall’interno di Hiroshima da poeti e poetesse come Sankichi Tōge (1917-1953) e Sadako Kurihara (1913-2005), l’uno e l’altra ugualmente vittime della bomba atomica, che scrissero mentre le radiazioni aleggiavano ancora sulle loro case. Nel dicembre del 1945, Kurihara scrisse una poesia delicata e calma intitolata “Le voci dei bambini”:

In un caldo pomeriggio d’inverno
Mi occupavo dell’orto.
Assorta in pensieri sciocchi, l’avevo trascurato
          per un po’ di tempo,
e con tutto il sole che abbiamo avuto quest’anno,
prima che me ne rendessi conto, c’erano le erbacce.
Normalmente mi occupavo del giardino in modo religioso, all’alba e al tramonto,
ma ero stata troppo irrequieta e mi sono fermata.
Perché? Ho strappato le erbacce mentre riflettevo.
“Mamma!” I bambini chiamavano, senza fiato.
Erano di ritorno da scuola.
Ah, come erano innocenti e pure le loro voci!
D’ora in poi, la mamma non sarà più così sciocca
da lasciare che le erbacce crescano nel nostro giardino.
Il nostro giardino non avrà una sola erbaccia.

Nel 1949, il marxista tedesco Theodor Adorno scrisse in un saggio di critica culturale: “Scrivere poesie dopo Auschwitz è una barbarie”. Ovviamente, Adorno non intendeva dire che qualsiasi poesia scritta dopo l’Olocausto sia barbara, dal momento che il suo caro amico Bertolt Brecht scrisse alcuni dei suoi più bei versi negli anni del dopoguerra. Ciò che Adorno sembrava voler dire era che l’industria culturale assorbiva tutto ciò che c’era di buono nel mondo e lo trasformava in merci. L’arte era in crisi rispetto alla sua intrinseca capacità di essere illuminante e veniva trascinata a diventare un mero oggetto commerciale. Ma il pessimismo di Adorno era ingiustificato. Le poesie di Kurihara, ad esempio, nonostante siano state censurate dall’occupazione statunitense, sono comunque diventate una presenza costante nelle commemorazioni di Hiroshima e Nagasaki, e alla fine sono entrate nei programmi scolastici per i bambini e bambine delle scuole in Giappone e in altre parti del mondo. La sensibilità artistica, desiderosa di rendere il mondo un posto migliore, continua a cercare di costruire comunità in tutto il mondo piuttosto che solo merci da vendere.

Nel nostro ultimo dossier, The Joy of Reading, celebriamo questa sensibilità: vogliamo che la lettura ci aiuti a costruire comunità di gioia. Il testo sostiene l’importanza dell’alfabetizzazione per una cultura democratica, ma questa alfabetizzazione non consiste semplicemente nell’insegnare alle persone a scrivere il proprio nome nella propria lingua; si tratta piuttosto di offrire a tutti e tutte il diritto di accedere a una biblioteca pubblica e di continuare ad espandere la propria immaginazione per tutta la vita. Nel dossier mettiamo in evidenza esempi di campagne popolari di alfabetizzazione in Messico, Cina e nello stato indiano del Kerala. In ognuno di questi casi, l’imperativo della lettura è venuto dai movimenti anticoloniali, che hanno messo all’ordine del giorno non solo la libertà dal colonialismo ma anche la chiarezza di costruire una società con alti livelli di educazione politica e culturale in modo che le persone potessero partecipare ai dibattiti sociali e non essere semplici spettatori e spettatrici delle azioni di un’élite.

Quando abbiamo chiesto alla scrittrice messicana Paloma Saiz Tejero della Brigata per Leggere in Libertà (Brigada para Leer en Libertad) un commento sull’importanza della lettura, ci ha risposto:

Un popolo che legge è un popolo che costruisce il pensiero critico; persone promotrici di utopie. Un popolo che conosce la propria storia e se ne appropria si sentirà orgoglioso delle proprie radici. La lettura socializza e fa condividere esperienze e informazioni. I libri ci permettono di capire la ragione che costituisce noi e la nostra storia, fanno crescere la nostra coscienza oltre lo spazio e il tempo che fonda il nostro passato e il nostro presente. La lettura genera cittadini e cittadine migliori. Grazie ai libri impariamo a credere nell’impossibile, a diffidare dell’ovvio, a rivendicare i nostri diritti di cittadini e cittadine e adempiere ai nostri doveri. La lettura influenza lo sviluppo personale e sociale degli individui. Senza di essa, nessuna società può progredire.

Ciò che la Brigada para Leer en Libertad fa in Messico non è così diverso dai movimenti delle biblioteche pubbliche in Cina e in India. Il Congresso delle Biblioteche Indiane, un’iniziativa del movimento comunista indiano, si è tenuto per la prima volta nel gennaio 2023 ed è ormai diventato un evento annuale. Parte del suo lavoro consiste nel garantire, come promesso dal congresso, che “le biblioteche diventino uno spazio pubblico importante e attivo per la comunità, nonché incubatori per lo sviluppo culturale e centri per l’organizzazione e/o luoghi per attività come proiezioni cinematografiche, sport, fiere d’arte, festival e corsi di formazione professionale. Accanto a queste biblioteche devono essere istituiti centri sanitari e lezioni di scienza”. Allo stesso modo, sia nelle zone rurali sia in quelle urbane della Cina, le biblioteche pubbliche sono il fulcro della vita culturale e forniscono uno spazio per l’educazione popolare.

In questi paesi, l’istituzione di queste biblioteche pubbliche non è stata un’iniziativa dall’alto verso il basso. È venuto dal lavoro della gente comune. I casi presentati nella sezione sul Kerala sono esemplari, come la sessantenne Radha V. P., un’operaia beedi (un tipo di sigaretta arrotolata a mano) che ha scoperto la sua passione per l’istruzione leggendo il settimanale del Partito Comunista dell’India (marxista) nel suo limitato tempo libero e poi è entrata a far parte dell’unità mobile di una biblioteca locale. Portava i libri nella sua borsa a casa dei membri della comunità, in particolare delle donne e degli anziani, in modo che potessero prenderli in prestito e poi restituirglieli. “Non ho mai avuto l’impressione che la borsa fosse pesante”, ha detto, “perché il profumo dei libri mi ha sempre dato un’immensa felicità”.

Il dossier si chiude con una sezione dedicata alla Red Books Day, (la giornata dei libri rossi) celebrata ogni anno il 21 febbraio per commemorare l’anniversario della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista e la Giornata Internazionale della Lingua Madre. Iniziativa della Società Indiana degli Editori di Sinistra e poi dell’Unione Internazionale degli Editori di Sinistra (IULP), la Red Books Day è iniziata nel 2020 per incoraggiare le persone a organizzare festival e letture pubbliche dei loro libri rossi preferiti. La giornata si è allargata al punto che l’anno scorso hanno partecipato oltre un milione di persone in tutto il mondo, dall’Indonesia a Cuba. L’arte del dossier proviene dal Calendario Red Books Day 2025, scaricabile qui in inglese e acquistabile in tutto il mondo nelle librerie aderenti alla IULP, da Marjin Kiri (Indonesia) a Inkani Books (Sudafrica) a La Trocha (Cile).

La Red Books Day è un’iniziativa per aumentare la gioia pubblica della lettura e per salvare la vita collettiva. Prevediamo che, nel giro di pochi anni, milioni di persone in tutto il mondo si riuniranno in luoghi pubblici per celebrarla, dai carri allegorici del Carnevale brasiliano con un gigantesco libro rosso su un camion a pianale piatto ai membri di una biblioteca pubblica del Kerala che portano sempre più sedie per le strade e leggono l’un l’altro mentre un musicista suona un idakka (un tipo di tamburo di legno).

Come parte di questo tentativo di promuovere la gioia della lettura e salvare la vita collettiva, il nostro istituto incoraggia le persone che ci leggono a creare circoli di lettura Tricontinental. Riunite persone amiche e colleghə per formare un gruppo di lettura nella vostra zona e incontrarvi una volta al mese per discutere i nostri dossier o altre pubblicazioni. Non c’è niente di più arricchente del processo di lettura e discussione collettiva. Se istituite un circolo di lettura Tricontinental, fatecelo sapere scrivendo a circle@thetricontinental.org.

Con affetto,
Vijay

*Traduzione dell’ottava newsletter (2025) di Tricontinental: Institute for Social Research.

Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.

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