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[Firenze] La giunta Nardella provveda ad attivare nuovi sussidi per le persone in difficoltà economica

I soldi ci sono, manca la volontà di spenderli.

Il sindaco di Firenze Dario Nardella ha annunciato – rigorosamente via social – un piano di “rinascita”, che dovrebbe essere finanziato raccogliendo su Firenze investimenti internazionali “come durante l’alluvione del 1966”. Il parallelo è con l’appello alla solidarietà internazionale lanciato allora da Carlo Ludovico Ragghianti – intellettuale laico che avrebbe mal sopportato la privatizzazione di scuole e asili nidi operata dall’attuale sindaco della città del giglio – allorché la città venne inondata dalle acque fangose dell’Arno. Peccato però che nel 1966 l’alluvione colpì solo Firenze, al contrario della pandemia globale che ha colpito tutto il mondo, comprese le altre città – d’arte e non – italiane.

Al di là dei confronti storici avventati, il piano avveniristico presentato dalla giunta – sul quale ci riserviamo di tornare con un approfondimento – stona, e di molto, con la totale assenza di politiche redistributive ivi previste. Se nel piano “Rinasce Firenze” si riconosce che “ai poveri di sempre si sono sommati i poveri dell’epidemia” e che “il 68% dei fiorentini crede che si tornerà alla situazione pre-covid19, ma solo dopo molto tempo”, non vengono poi previste misure concrete atte a fronteggiare l’insufficienza dei sussidi e degli aiuti devoluti per chi, nell’immediato, ha bisogno di sopravvivere alla crisi da Covid. Se insomma si riconosce che l’emergenza sociale non si placherà a breve, non si capisce come mai tanto poco sia stato fatto per fronteggiarla.

In questa città di quasi 400.000 abitanti, che ha subito il crollo dell’occupazione nel turismo, sono stati infatti spesi solo 3 milioni, di cui € 1.900.000,00 in buoni spesa, € 100.000,00 in pacchi alimentari e € 900.000,00 in contributi per l’affitto, tutti derivanti da fondi statali e regionali ordinari che sono stati anticipati. I buoni spesa sono terminati quasi immediatamente, lasciando una larga platea di famiglie escluse (almeno 6000, secondo le nostre stime). Lo stesso accade per il contributo affitto, il cui ammontare è sufficiente per soddisfare 1100 famiglie, un nulla in confronto alle 1700 famiglie che hanno fatto domanda nei soli primi due giorni di attivazione del bando. Negli ultimi 10 giorni inoltre stanno finendo i pacchi alimentari distribuiti dalle istituzioni di quartiere, facendo sì che il peso della sopravvivenza di migliaia di fiorentini/e gravi esclusivamente sulla solidarietà popolare, come quella messa in piedi dalla nostra Casa del popolo e dalle reti sociali fiorentine.

Di fronte a questa situazione è necessaria prima di tutto un’attivazione straordinaria di risorse per non lasciare senza beni di prima necessità la nostra gente. A tal fine, il Consiglio comunale ha approvato, nella giornata dell’11 maggio, una mozione ideata da Firenze città aperta e presentata da Antonella Bundu e Dmitrij Palagi – membri del nostro gruppo consiliare Sinistra progetto Comune – volta a sbloccare immediatamente 6 milioni di euro per fronteggiare l’emergenza sociale. Si tratta di fondi immediatamente disponibili per la riattivazione delle consegne di pacchi alimentari per tutto il 2020; per l’apertura di un nuovo bando volto a erogare i buoni spesa, prioritariamente a chi ne era stato precedentemente escluso, oltre che a tutti e tutte le altre; per dare la possibilità alle famiglie di pagare le bollette e non subire il distacco delle utenze, non avendo prorogato il Dpcm la sospensione dell’applicazione delle misure contro la morosità; per un nuovo contributo affitto.

È passato quasi un mese dall’approvazione in consiglio comunale di questo importante atto di indirizzo, eppure la giunta Nardella non ha dato nessun seguito a quanto è obbligata ad attuare. Forse il nostro sindaco condivide le dichiarazioni della Lista Nardella, che al momento dell’approvazione della mozione si è astenuta, dichiarando assurdamente che questa “forma di assistenzialismo è bene che venga fatta dalle cooperative e dalle associazioni”? Cari consiglieri “nardelliani”, qui non si tratta di “assistenzialismo”, ma di sorreggere una parte della popolazione in difficoltà, azione che rientra perfettamente nelle finalità degli enti locali.

I 6 milioni di cui parliamo sarebbero recuperabili molto rapidamente tra gli utili delle partecipate, tra i risparmi sulle utenze dovuti al lockdown e rinviando il pagamento degli interessi sui mutui.

L’anticipo di questi fondi si può ripianare con le giuste scelte. Piuttosto che accelerare la svendita della città alle multinazionali del turismo e alle banche, mettendo gli immobili pubblici a garanzia di un ulteriore debito sulla spesa corrente (reso peraltro incostituzionale dallo stesso partito di Nardella), come va dichiarando da più parti il nostro sindaco, occorre far fronte a questa spesa utilizzando i fondi esistenti, e pretendendo dallo Stato un trasferimento straordinario per gli enti locali. L’anticipo di questi fondi si potrebbe inoltre ripianare operando una ristrutturazione delle voci di bilancio, ossia andando a istituire un’addizionale Irpef progressiva sui redditi superiori ai 55.000 euro, in luogo della attuale flat tax ferma allo 0,2%, che permetterebbe di liberare ingenti risorse gravando di più, anche se in misura minima (lo 0,8% del reddito imponibile!!!), sulle circa 23.000 famiglie fiorentine ricche o benestanti. Il comune di Firenze incassa attualmente, da questa voce tributaria, solo 9,6 milioni, contro i 55,8 milioni del comune di Bologna, che applica la progressività fiscale e che ha una struttura demografica del tutto simile a quella della nostra città.

Che non ci vengano infine a dire che questi 6 milioni non servono perché il decreto Rilancio del 19 maggio ha risolto il problema della povertà stanziando il reddito di emergenza.

Quest’ultimo è una misura insufficiente e discriminatoria.

Insufficiente perché non tiene conto della crisi sociale in atto: secondo l’articolo 82 del decreto Rilancio sono stati stanziati 959 milioni di euro, cifra del tutto insufficiente se teniamo conto del fatto che già prima del coronavirus in Italia vivevano 5 milioni di persone in povertà assoluta e 9 milioni in povertà relativa. In seguito alla crisi da Coronavirus, che genererebbe un calo del Pil dell’8 o del 9% nel solo 2020, la somma dei poveri assoluti e relativi potrebbe salire a 16 o 17 milioni di persone. Due mesi di sussidio, consistente in un trasferimento tra i 400 e 800 euro, andrebbe ad aiutare poco più di 2 milioni di persone, e non sarà di certo sufficiente a fronteggiare la crisi. Serve una misura che coinvolga una platea più vasta e di più lunga durata che consenta ai milioni di persone in difficoltà di non dover fare la fame.

 

Discriminatoria perché è incompatibile con la percezione del reddito di cittadinanza e dei sussidi precedentemente messi in campo dal governo. Anche chi ha ricevuto meno di 100 euro di reddito di cittadinanza, a integrazione di altri redditi, venuti meno questi ultimi con la pandemia, si ritrova ora senza la possibilità di accedere al Rem. Inoltre non potranno accedervi tutta una serie di categorie di lavoratori parasubordinati, autonomi, intermittenti  o stagionali [1]. Lo spezzettamento cui sono sottoposti gli aiuti, oltre a creare enormi problemi di gestione, crea sacche di esclusione e di povertà, essendo i sussidi erogati a macchia di leopardo e spesso in misura insufficiente per un mercato del lavoro pieno di irregolari e precari come quello italiano. Serve un reddito unico da erogare a tutti/e coloro che si ritrovino al di sotto di una fascia di reddito prefissata. Anche il requisito della residenza, necessario per il calcolo dell’Isee, rischia di escludere tutti coloro che sono stati cancellati dalle liste dell’anagrafe. A Firenze parliamo di migliaia di persone che, trovandosi senza fissa dimora, sono state cancellate dal comune in base a un provvedimento illegittimo e non potranno accedere al Rem. In questo caso il comune di Firenze dovrebbe attivare presso le anagrafi un servizio apposito per la concessione della residenza a coloro, italiani e immigrati, che non risultano nelle liste anagrafiche ed hanno assoluto bisogno di accedere al Rem.

[1] Nello specifico: lavoratori autonomi iscritti alle gestioni INPS; liberi professionisti titolari di partita IVA iscritti alla gestione separata; lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti alla Gestione separata; lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali; lavoratori dello spettacolo; lavoratori agricoli; lavoratori dipendenti stagionali appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali; lavoratori intermittenti; lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie; incaricati alle vendite a domicilio; lavoratori domestici.

Secondo il sito di ricerca lavoro Indeed, lo stipendio medio netto di un operaio in Italia, basato sugli annunci pubblicati negli ultimi 36 mesi, è di 968 euro al mese: parliamo di una cifra bassissima, inferiore di qualche centinaio di euro a quelle previste dai grandi contratti collettivi nazionali che però spesso non vengono applicati. L’80% di questa cifra è 778 euro, arrotondati a 780 diventano pari al massimo erogabile secondo l’attuale legge sul Reddito di Cittadinanza. È evidente che ci attestiamo su cifre modestissime, proprio per dare il senso della fattibilità della nostra ipotesi.

Sommando gli autonomi e le partite IVA già destinatari delle misure del Cura Italia, più gli esclusi dal reddito di cittadinanza, più gli attuali percettori di Rdc si arriva a circa 10 milioni di persone.

Noi proponiamo di erogare a costoro 780 euro mensili, pro capite, per 12 mesi rinnovabili. Il costo sarebbe di circa 93 miliardi. Sembra una cifra enorme, ma non lo è. In Italia i patrimoni privati delle famiglie arrivano alla cifra monstre di 9743 miliardi. Il 10% più ricco possiede il 57% del totale, cioè 5500 miliardi. Un’imposta straordinaria del 10% su quei 5500 miliardi significherebbe 550 miliardi immediatamente disponibili per reddito, spese sanitarie, servizi di welfare e un piano di conversione ecologica dell’economia che generi nuovi posti di lavoro, ossia tutto ciò che serve a ripartire.

780 euro al mese, per 12 mesi, per 10 milioni di persone = 93 miliardi

Imposta straordinaria del 10% sui patrimoni del 10% più ricco della popolazione = 550 miliardi

E a regime?

Fermo restando che un’imposta patrimoniale anche più modesta è sacrosanta, e va finalmente introdotta e mantenuta, non stiamo tenendo conto dei capitali sottratti al fisco da evasione ed elusione fiscale. Se soltanto si riportasse il livello di evasione italiano a quelli dei principali Stati europei si potrebbero recuperare 60 miliardi l’anno.

Le risorse per fronteggiare la crisi senza lasciare indietro nessuno, a Firenze come in tutta Italia, ci sono. Basta volerle vedere.

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