“TUTTA LA RESISTENZA POSSIBILE, OVUNQUE”!
Appello per la partecipazione al corteo di Roma del 1 novembre al fianco del Rojava
FIRMA QUI LA PETIZIONE: L’ITALIA FERMI L’EXPORT DI ARMI ALLA TURCHIA!
“È proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve. E ricordate sempre che ‘ogni tempesta comincia con una singola goccia’. Cercate di essere voi quella goccia.”
Dal 9 ottobre, dopo il via libera di Trump, Erdogan muove guerra contro curdi e popolazioni della Siria del Nord. Le SDF (Forze Democratiche Siriane) resistono sul terreno, ma hanno contro tutto e tutti.
Sono 20 giorni che guardiamo immagini raccapriccianti, vediamo l’ISIS e i jihaidisti di nuovo in scena, sentirsi forti, tornare a minacciare, violentare, uccidere. Sono 20 giorni che soffriamo perché sotto attacco è un popolo intero che ha dato così tanto alla lotta per la nostra libertà, pagando un tributo di sangue enorme – più di 11.000 morti in battaglia, nell’indifferenza di una comunità internazionale che sa piangere solo lacrime di coccodrillo.
Sentiamo nel profondo la sofferenza di centinaia di migliaia di sfollati, il dolore di famiglie e comunità spezzate, distrutte dalla morte, colpite dalle armi chimiche cui stanno facendo ricorso i criminali al soldo di Erdogan. Sotto attacco è anche il “confederalismo democratico”, una sperimentazione che ha creato un sistema democratico, femminista, ecologista, capace di sconfiggere divisioni etniche e religiose, inventando un patto sociale che ha permesso di costruire la zona più sicura e pacifica dell’intera regione.
Dinanzi alla guerra di Erdogan, bisogna mettere in campo “tutta la resistenza possibile, ovunque”, come ci chiedono dal Rojava.
Dobbiamo bloccare l’export di armi. Il Ministro degli Esteri non può limitarsi al “compitino” di proclamare solo lo stop alle vendite future e non denunciare i contratti in essere: bisogna isolare la Turchia subito. Siamo stati insieme a esponenti delle comunità curde a far visita anche a consolati e ambasciate italiane di mezza Europa e oltre, negli Stati Uniti e nell’Africa occidentale. Ogni fronte di lotta va utilizzato.
Le istituzioni, anche quelle locali, non possono rimanere silenti e ferme. In tutti i consigli comunali dobbiamo presentare ordini del giorno e mozioni che condannino l’attacco di Erdogan e prevedano l’impegno a portare agli organi più alti di governo la rivendicazione della sospensione di qualsiasi tipo di cooperazione – militare (vogliamo davvero continuare a far parte della NATO insieme a questi assassini?), diplomatica, di intelligence – tra Italia e Turchia.
Non dobbiamo fermarci al governo. Esistono anche altri attori. In primis le “industrie di morte”. Siamo stati ai cancelli della RheinMetall di Roma e abbiamo occupato gli uffici della Leonardo di Napoli. Dobbiamo continuare a mettere i bastoni tra le ruote. Perché sistemi satellitari ed elicotteri con cui le Forze Armate turche attaccano i curdi vengono prodotti qui a casa nostra.
Dobbiamo continuare a bloccare i voli della Turkish Airlines, come fatto a Napoli, a Pisa, a Catania – beccandoci anche denunce di cui Erdogan potrà esser sicuramente soddisfatto. Perché lo Stato turco utilizza la compagnia di bandiera come arma commerciale e di propaganda, vantandosi della flotta o del nuovo mega-aeroporto di Istanbul.
E, soprattutto, dobbiamo continuare a stare nelle piazze e nelle strade, a creare solidarietà. Perché “solo il popolo salva il popolo” e allora dobbiamo costruire mobilitazione, coscienza, difendere l’esperienza del “confederalismo democratico”.
Noi ci proviamo ogni giorno a esser goccia. A maggior ragione a Roma il 1 novembre, giornata del corteo nazionale indetto da UIKI Onlus e Rete Kurdistan. Insieme possiamo divenire tempesta!