Alcune considerazioni sulle mobilitazioni che oggi hanno riempito le piazze contro il cambiamento climatico e sui “Fridays For Future”.
- La mobilitazione di oggi è impressionante. Accade simultaneamente in 123 paesi diversi, in 2.052 città di tutto il pianeta. Per trovare mobilitazioni analoghe dobbiamo tornare ai tempi del movimento no war del 2003 contro l’attacco USA in Iraq, o del movimento no global. Per noi che siamo internazionalisti, non può che essere un dato positivo il fatto che i cittadini del mondo si mobilitino insieme contro chi ha il potere (governi, multinazionali, industriali, istituzioni sovranazionali) per chiedere un cambiamento.
- Il punto individuato dalle mobilitazioni è reale, fondamentale: il cambiamento climatico, il disastro ecologico, l’insostenibilità del nostro consumo del pianeta è un tema vero, che tocca in primis le fasce popolari, i paesi più poveri, africani e asiatici, chi non può permettersi di curarsi o di emigrare. Un tema che industriali e governi hanno negato per decenni (ma pensate al delirio che ha fatto Trump su questi temi da quando è stato eletto) per mantenere i loro tassi di crescita, i profitti, continuare il loro sfruttamento dell’ambiente. Quindi non possiamo che essere contenti del fatto che la politica sia portata dal basso a parlare dei temi veri che interessano i cittadini.
- L’altro aspetto interessante delle mobilitazioni è l’elemento di autorganizzazione e l’età dei partecipanti. Anche di questo non possiamo che essere contenti: che i giovani invece di essere completamente catturati dal consumismo o indifferenti o strumentalizzati dalla politica ufficiale, si facciano un’idea sulle questioni del mondo, prendano parola, si facciano sentire con creatività, inventando i loro linguaggi, anche accusando gli adulti invece di vivere come loro appendici… Queste sono cose che fanno bene.
- Infine, quanto è benefico tutto questo per l’Italia! Finalmente non si parla solo di stronzate o di caccia al migrante. Finalmente ci sprovincializziamo e assumiamo un dibattito ecologico che nel resto del mondo è ben più avanzato, anche fra le forze comuniste e socialiste (si pensi alla France Insoumise o al Partito del Lavoro Belga e a quanto è significativa la loro riflessione sul tema!). Finalmente i giovani italiani, assolutamente marginalizzati nelle decisioni e nella vita del paese, si fanno sentire!
- Chiaramente non siamo nati ieri, e quindi non possiamo nemmeno ignorare che queste mobilitazioni sono in parte pompate ad arte, per fare gli interessi di altri settori dell’economia che mirano a profittare della “transizione ecologica”, o che vengono strumentalizzate per fini politici di bassa lega (come Zingaretti che si fa fotografare con i cartelli di Friday for Future per fare l’amico dei giovani e poi va ai cantieri del TAV a spingere perché si faccia un’opera anti-ecologica!). Ogni volta che nella storia dell’umanità si è palesato un problema sentito, le forze costituite hanno provato o a negarlo o a portarlo dove gli conviene. Ed è evidente che i bassi livelli di politicizzazione nelle società attuali facciano sì che le persone possano essere strumentalizzate, andare in piazza per moda, “consumare” la mobilitazione stessa come se fosse un prodotto.
- Quindi non ci deve sorprendere che la borghesia abbia sviluppato anche una sua visione “ecologica” che può dare parole e soluzioni a un problema sentito e che punta a pompare e “spompare” la partecipazione a seconda di cosa le serve. Ma è veramente da imbecilli abbandonare per questo motivo il campo, dire che allora le mobilitazioni sono pilotate, inventarsi complotti, dire che sono cazzate e che “bisogna parlare di altro”. Così si fa esattamente il gioco di chi vuole pilotare e strumentalizzare. Bisogna invece avere un approccio egemonico: esiste un’ecologia popolare da contrapporre a quella borghese. Esiste un punto di vista alternativo sulla transizione ecologica che fa pagare i costi alla finanza e ai ricchi, come ha spiegato la deputata Ocasio Cortez negli USA. Noi dobbiamo essere dentro a queste mobilitazioni, costruirle, politicizzarle in senso buono, far valere la loro autonomia contro l’ideologia neoliberista e i poteri che cercano di catturarle. Localizzare queste mobilitazioni togliendole dall’astrattismo e facendo i nomi dei responsabili della devastazione sui nostri territori. Sviluppare la pratiche di incontro, la comunità che si crea nella mobilitazione, i punti più alti della lotta (dopo i cortei, perché non andare a bloccare con i nostri corpi qualche centro produttore di morte? perché non andare a manifestare sotto casa di qualcuno che ha inquinato le nostre acque o il nostro mare e farlo morire di vergogna, in modo che non lo faccia più?).
Da questo punto di vista, ho trovato bellissimi i cartelli degli Studenti Autorganizzati Campani che oggi erano in piazza a Napoli. “Distruggiamo il capitalismo, non il pianeta”, “Non facciamo pagare la transizione ecologico agli ultimi ma ai ricchi”, indicano esattamente il lavoro che dobbiamo fare su questo tema: far capire che lo sfruttamento dell’essere umano e del pianeta sono due facce della stessa medaglia, che finché al centro ci sarà il profitto sarà impossibile evitare la catastrofe, che bisogna cambiare le cose alla radice, nel modo di produrre e distribuire la ricchezza.
Giornate come queste ci permettono di far apparire questa bellissima visione di un altro mondo possibile!