È di ieri sera alle 23 ora italiana la notizia del via libera di Trump a Erdogan per l’invasione del Nord della Siria. Una mossa sconsiderata, di cui faranno le spese i curdi, che hanno già lasciato sul campo un enorme tributo alla guerra contro l’ISIS. Non solo: l’invasione rischia di innescare una spirale di violenza che, tra gioco di potenze e un rilancio del terrorismo islamista, può arrivare a toccare il mondo intero.
Per questo abbiamo scritto il testo che segue indirizzandolo al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. È impensabile che il nostro Paese rimanga silente, mentre il governo degli USA, che Di Maio ha incontrato proprio l’altro giorno nella persona di Pompeo, apre le porte al massacro e al caos. Il governo deve prendere parola, schierarsi dalla parte della pace, della giustizia e dei diritti dei popoli del mondo. Non solo a parole, ma coi fatti: per questo rivendichiamo l’immediata sospensione sia dell’esportazione di armi alla Turchia che del fondo che l’UE dal 2016 regala a Erdogan affinché tenga i migranti lontani dalle città europee.
Non basta una lettera a smuovere un governo il cui indirizzo è chiaramente tutt’altro, in piena continuità con la storica subalternità del nostro Paese a Washington. Serve l’azione concreta, serve costruire mobilitazione. Non basta dire che “i curdi non hanno amici se non le montagne”, denunciare i tradimenti delle potenze e, magari, colpevolizzare i curdi per le alleanze tattiche stipulate nel corso degli ultimi anni. Serve la solidarietà dei popoli del mondo. Noi siamo pronti a scendere in piazza sin da subito e a fare la nostra parte: per salvaguardare l’esperienza del confederalismo democratico, difendere la vita dei popoli della regione, batterci perché sia garantito ad ogni comunità il diritto all’autodeterminazione e ad un futuro di pace e giustizia.
—
Lettera al Ministro degli Esteri Luigi di Maio sulla decisione USA di ritirare il sostegno militare dal Nord della Siria
Lettera al Ministro degli Esteri Luigi di Maio sull’offensiva della Turchia nel nord della Siria
Nella serata di ieri, domenica 6 ottobre, il Governo statunitense ha comunicato che avrebbe iniziato il ritiro del sostegno militare dal Nord della Siria, aprendo così la strada alla Turchia per iniziare la tanto agognata invasione della regione. In precedenza, gli USA avevano forzato le forze kurde a smantellare le posizioni difensive che avevano allestito lungo il confine, minacciandole di far venir meno la loro protezione in caso contrario; una volta ottenuto l’obiettivo ora gli stessi Stati Uniti lasciano tali forze a fronteggiare il probabile brutale massacro cui procederà il governo turco (svelando che anche quando si ammantano dietro la “guerra al terrorismo islamista”, in realtà le potenze NATO hanno più a cuore il dominio che non la pace). È questo il modo di ripagare le popolazioni kurde per la loro eroica lotta contro l’ISIS, nella quale in tantissimi hanno perso la vita?
Ma c’è di più. Infatti, non solo questa decisione offre al regime turco carta bianca per lanciare una guerra contro forze democratiche e contro un paese sovrano, la Siria, ma comporta un pericolo grave e immediato al confine siriano: se un’invasione delle forze armate turche fosse coronata da successo, Erdogan si ritroverebbe tra le mani 70.000 prigionieri dell’ISIS e di altre formazioni islamiste al momento detenuti dalle Forze Democratiche Siriane (SDF l’acronimo inglese). Peccato che la Turchia sia lo Stato che ha aiutato e favorito l’ISIS nel suo sogno di costruire un Califfato islamico. Il Dipartimento di Stato USA ha apertamente dichiarato che vuol passare la responsabilità dei prigionieri ISIS alla Turchia, malgrado siano al momento detenuti dalle SDF e non dagli Stati Uniti. La conseguenza di una tale decisione sarà quella di sguinzagliare decine di migliaia di jihaidisti in Siria e in tutto il mondo. Pensiamo sia evidente la pericolosità di questa mossa. Trump sta dunque gettando le basi per la rinascita di uno dei regimi più crudeli che l’umanità abbia mai conosciuto.
La minacciata offensiva della Turchia deve essere immediatamente condannata dal Governo italiano. È immorale, perché significa il tradimento dei kurdi che hanno fatto così tanti sacrifici per sconfiggere una forza – l’ISIS – che minacciava i popoli di tutto il mondo; la sua immediata conseguenza, al di là del massacro che si prepara, sarà, liberando nuovamente le forze dell’ISIS, di prolungare la sanguinosa guerra in Siria, mettendo a rischio milioni di vite. In Siria, in Europa e in tutto il mondo. Chi oggi saprebbe dire quanti terroristi dell’ISIS potranno rientrare in Europa e che ripercussioni subiremo anche noi qui in Italia? Il Governo italiano, come i governi di ogni paese del mondo, ha la responsabilità di intervenire con la sua diplomazia, di fare qualunque cosa in suo potere per evitare il disastro che la decisione USA potrebbe provocare di qui a brevissimo. L’Italia è il quarto esportatore di armi alla Turchia: il nostro Paese gioca dunque un ruolo diretto nel dare sostegno concreto alle violente ambizioni dello Stato turco.
Rivendichiamo che lei, in quanto Ministro degli Esteri, prenda posizione subito, senza lasciar passare ore che potrebbero rivelarsi decisive. L’aggressione al popolo kurdo e alla Siria coinvolgerebbe inevitabilmente le responsabilità di tutti i paesi aderenti alla NATO, compreso il nostro, che o si dissociano apertamente e materialmente dall’invasione turca, o ne sarebbero corresponsabili e complici. Chiediamo quindi l’immediata e pubblica dissociazione del nostro Paese dall’invasione turca in Siria; in caso contrario considereremo anche il Governo italiano complice e corresponsabile.
Chiediamo come azione concreta, che superi le parole, che si proceda all’immediata sospensione della vendita di armi alla Turchia e all’intervento in sede di Unione Europea per l’immediato congelamento dei fondi che in maniera colpevole l’UE regala dal 2016 alla Turchia per bloccare i migranti.
Il tempo di agire è ora, in nome della pace, della giustizia e del rispetto dei diritti fondamentali dei popoli, in primis quello alla vita.
P.S.: Caro Ministro Di Maio, considerato che solo poche ore fa era a colloquio con Mike Pompeo, segretario di Stato USA, oltre che a confermare l’acquisto degli F35 dagli Stati Uniti, ci chiediamo se sia stato messo a conoscenza dei piani statunitensi di ritiro dal Nord della Siria. In caso positivo, sarebbero gravissimi il suo silenzio e la sua inerzia; in caso contrario, sarebbe l’ennesimo schiaffo che subiamo a capo chino e senza colpo ferire. E pensiamo che la dignità di un Paese si difenda barattando F35 con parmigiano e prosciutto?