Il caso del cantiere navale di Marghera.
Sappiamo già che la Fincantieri è un’azienda pubblica intorno alla quale gravita un sistema di appalti che ha generato un dumping sociale, un mancato rispetto delle leggi in materia di sicurezza e diritti del lavoratore mediante il meccanismo criminale della cosiddetta “paga globale” che consente di ridurre i costi di produzione e di vendere le proprie merci a costi più bassi rispetto a quelli del mercato. Le illegalità contrattuali sono state più volte denunciate e dimostrate nelle aule di tribunale ma ad oggi non si è fatto alcun passo avanti. Tant’è che nel cantiere di Porto Marghera le ditte e i lavoratori in regime di appalto o di subappalto sono molti di più (da 2500 a 3500 a seconda dell’avanzamento dello stato della nave) rispetto ai lavoratori dipendenti della Fincantieri che sono circa 1022.
A tutto ciò si è aggiunta l’emergenza sanitaria di fine febbraio. Con il Dpcm dell’11 marzo si deduce che la produzione non viene sospesa, infatti, restano aperte le fabbriche, luoghi di maggior rischio di diffusione del virus. In tale decreto non si specifica nemmeno come tali posti di lavoro possano garantire le distanze, dispositivi di sicurezza e le conseguenti forme di controllo affinché i lavoratori possano esser tutelati sostanzialmente. Così, a fronte di una grave epidemia, la Fincantieri, come tutte le aziende, continua a lavorare a pieno ritmo senza adottare nessun provvedimento per garantire la salute dei suoi lavoratori.
A seguito dei due giorni (12 e 13 marzo) di sciopero, indetti dalla Fiom del cantiere, con cui si rivendica la mancata informazione e relativi provvedimenti di tutela sanitaria degli operai, si arriva alla decisione unilaterale da parte dell’azienda di sospendere le attività produttive in tutti gli stabilimenti italiani dal 16 al 29 marzo compresi, disponendo la chiusura di tutti i siti con ricorso A FERIE COLLETTIVE anticipandole rispetto alla prevista chiusura estiva.
La Fincantieri ha scelto di affrontare una crisi sanitaria scaricandola completamente sulle spalle dei lavoratori. Questo non ci dovrebbe affatto stupire perché è in linea con le scelte politiche del Consiglio dei Ministri: lo stesso Presidente del Consiglio Conte invitava i lavoratori a mettersi in ferie! Fatto sta che la Fincantieri ha proprio preso alla lettera esclusivamente la prima parte di ciò che raccomanda il Dpcm dell’11 marzo all’art.1 7)- b) “siano incentivate le ferie ” e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva”.
Quando mai in uno stato sociale a fronte di un’emergenza sanitaria i lavoratori devono mettersi in ferie forzate? Come possono i lavoratori usare ferie che nemmeno hanno maturato per il 2020?
Perché Fincantieri in quanto azienda pubblica non ha usato gli ammortizzatori sociali, cioè aprendo la cassa integrazione retroattiva visto che rientrava nel parere di indirizzo del governo?
E perché non estendere tale cassa integrazione anche alle categorie di dipendenti in appalto che non hanno ferie e che sono rimasti a casa senza percepire stipendio per 14 giorni?
E quale forma di reddito è stata garantita per i lavoratori, fino ad allora e ad ora, tenuti “a nero”?
L’apparente “serrata” in tutta Italia attuata dall’esecutivo arriva nel giorno che ha segnato il maggior incremento di decessi. Il Dpcm del 22 marzo stabilisce la lista dei codici ATECO relativi alle attività che potranno restare aperte in quanto svolgono e producono servizi di pubblica utilità e servizi essenziali come individuati dalla L.146/1990. Tutte le altre attività produttive, industriali e commerciali restano chiuse fino al 3 aprile, salvo per le imprese che esercitano attività nelle filiere dell’industria aerospaziale, della difesa o di impianti e servizi strategici per l’economia nazionale, le quali hanno potuto richiedere l’autorizzazione al Prefetto della provincia dove sono ubicati gli impianti per poter continuare la produzione. Ed è con questa eccezione all’art.1.1 lett. h di tale Dpcm che tra le attività che sarebbero state vietate compare il codice ATECO 30.11.02 “Cantieri navali per costruzioni metalliche e non metalliche (esclusi i sedili per navi)” che ha consentito alla Fincantieri, affiliata alla Confindustria, a riaprire i battenti quattro giorni dopo.
A seguito dell’intervista ad un delegato RSU Fincantieri – Porto Marghera emerge che:
- Le mascherine chirurgiche (20 pezzi settimanali) e FFp2 (5 pezzi settimanali) sono consentite solo ai lavoratori dipendenti della Fincantieri, ma per le imprese appaltatrici la fornitura può non essere garantita. Come è possibile che delle aziende appaltatrici possono sottrarsi alla responsabilità nella distribuzione di tali D.p.i? Oltretutto facendo ricadere la responsabilità in caso di infrazione data dal mancato uso della mascherina chirurgica allo stesso lavoratore con una sanzione disciplinare fino a € 500, cifra corrispondente al 50% di uno stipendio medio mensile di un operaio? Perché non vengono usate le FFp2 per tutti i lavoratori? Come si può compiere una tale iniquità tra l’azienda stessa e le imprese appaltatrici e subappaltatrici, quest’ultime tenute a distribuire solo mascherine chirurgiche creando, di fatto, lavoratori di serie A e di serie B, senza adeguate tutele?
- Le varie modalità di turnazione di ingresso al lavoro sono state soppresse e ridotte in modo unilaterale dall’azienda come se la pandemia non ci fosse più;
- La misurazione della temperatura viene effettuata da parte di cooperative, convenzionate con la Asl, ma pagate dalla stessa azienda; tutto ciò in violazione all’art.5 dello Statuto dei lavoratori in relazione agli accertamenti sanitari che dovrebbero esser eseguiti dagli enti ispettivi e organi competenti. Ci si chiede quale sorveglianza sanitaria concreta si è attuata fino ad ora? Da quello che riportano gli articoli di giornale di pochi giorni fa, sarebbe stato siglato un Protocollo di intesa tra Ulss 3-Venezia, Spisal e Fincantieri in ordine a tamponi rapidi anti Covid-19 ma senza coinvolgimento degli RLS, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Inoltre, a chi è demandata la competenza del controllo della qualità della sanificazione degli spazi comuni (mense, spogliatoi etc), oltre a tutto solo periodica quindicinale, se questa viene effettuata da cooperative di parte pagate dall’azienda?
- Perché a inizio settembre non sono più stati adottati gli orari e le corse dei mezzi di trasporto Actv corrispondenti ai turni di lavoro al fine di facilitare gli spostamenti casa e lavoro degli operai? Perché solo da lunedì 19 ottobre verranno ripristinate le corse aggiuntive per i lavoratori, dopo che tutte le testate giornaliste hanno evidenziato l’aumento dei contagi in costante crescita (circa 200 operai)?
- Si richiede di rispettare la distanza di 1 metro, ma in alcuni reparti di lavoro è difficile, anzi impossibile da mantenere, lasciando alla dea bendata le sorti salutari e sanitarie dei lavoratori;
- Qualora Fincantieri non rispettasse il piano anti-contagio Covid-19 non sono previste sanzioni a meno che non ci siano denunce da parte degli operai. Per evitare ripercussioni, inclusa la perdita del lavoro, è improbabile che i lavoratori facciano delle denunce;
- I lavoratori, al rientro delle ferie forzate in data 29 marzo, venivano coinvolti da un periodo di cassa integrazione: chi poteva usufruire della cassa integrazione ordinaria veniva retribuito con l’anticipo da parte dell’azienda nel mese corrente, mentre chi usufruiva di altre forme di sostegno al reddito si è visto retribuire il mese di marzo a fine luglio!
Queste gravi violazioni relative alla tutela dei lavoratori non sono altro che il risultato di ambiguità e contraddizioni consentite dal Protocollo per il contenimento del Covid-19 siglato tra il Governo e le Parti Sociali (sindacati e imprese) in data 14 marzo, poi integrato il 24 aprile che cavalca l’onda di una totale mancanza di misure adeguate di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori da un possibile contagio e di garanzia relativa alla salubrità dell’ambiente di lavoro. Si conferma la linea d’azione lassista adottata dal Governo a favore delle istanze imprenditoriali in nome del profitto.
A fronte di tutto ciò, Fincantieri Marghera ha il coraggio di rilasciare la dichiarazione che «i casi di positività riscontrati sono riconducibili esclusivamente a fattispecie che non hanno nulla a che vedere con l’organizzazione del lavoro nello stabilimento». È evidente che il rischio che sta calcolando è solo quello economico, dettato da un capitalismo senza reali freni legislativi e di una contrattazione collettiva inascoltata, ricattando i suoi lavoratori in relazione alla garanzia di un lavoro dignitoso e al loro conseguente reddito in cambio della salute e della vita stessa.
Non possiamo accettare questo ricatto e la priorità del profitto sulla salute. Potere al Popolo Venezia non ci sta.