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IL TEMPO DEL CORONAVIRUS DEVE ESSERE IL TEMPO DELLA FINE DELLE SANZIONI UE E USA CONTRO IL VENEZUELA

Il 3 aprile l’Unione Europea ha perso un’altra occasione per distanziarsi dalla criminale politica estera dell’amministrazione Trump. Per bocca di Virginie Battu-Henriksson, portavoce di Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, l’UE ha dichiarato il suo sostegno al “Piano di Transizione” partorito a Washington per il Venezuela.

Si tratta di un altro tentativo statunitense – stavolta nel bel mezzo di una pandemia che dovrebbe condurre a concentrarsi su ben altre priorità – di destabilizzare il Governo del Presidente Maduro, cercando di promuovere un’ennesima operazione di “regime change”. E la diplomazia europea va a ruota, incapace di far valere una posizione propria, preferendo la strada della complicità.

Cercare di avvantaggiarsi del coronavirus per destabilizzare il Venezuela è da miserabili. Ciò di cui c’è bisogno, a maggior ragione se si dice di avere a cuore il “bene del popolo venezuelano”, non sono fantomatici “piani per la transizione”, né tanto meno taglie sulla testa di Maduro (Trump ha promesso 15 milioni di dollari, aprendo dunque le porte al golpe e/o all’eliminazione fisica del Presidente) o un ingente dispiegamento di forze militari nel Mar dei Caraibi, come quello anticipato da Trump il 1 aprile.

Ciò di cui c’è bisogno è la solidarietà internazionale, che nel caso del Venezuela dovrebbe tradursi innanzitutto nell’eliminazione delle criminali sanzioni che colpiscono il suo popolo.

L’UE per parte sua dovrebbe consegnare alla storia le sanzioni che lo scorso 11 novembre sono state invece prorogate fino al 14 novembre 2020 e che inasprivano quelle già previste nel novembre 2017 col regolamento (UE) n. 2017/2063.

A queste sanzioni si devono poi aggiungere gli effetti degli Ordini Esecutivi (OE) emanati da Obama prima e Trump poi. In particolare, gli OE13850 e OE13884 prevedono il rischio di incorrere in sanzioni USA anche per quei soggetti non statunitensi che effettuino transazioni con entità/individui inseriti nella black-list di Washington, nonché il sostanziale divieto di transazioni con entità partecipate o possedute, anche indirettamente, dal Governo del Venezuela. Imprese e istituzioni europee già da tempo preferiscono non avere rapporti con Caracas piuttosto che incappare nella rabbia di Washington. Sono spesso parte attiva del blocco contro il Venezuela, come nel caso di carichi di farmaci, regolarmente acquistati dal Governo Maduro e bloccati in qualche aeroporto europeo; o in quello dell’oro e delle riserve di denaro venezuelano sequestrate dal Novo Banco portoghese o dalla Banca Centrale inglese.

Le sanzioni incidono pesantemente sulla possibilità di Caracas di dotarsi degli strumenti necessari ad affrontare l’emergenza COVID19. Chi rischia di pagarne le conseguenze è il popolo venezuelano. Le sanzioni sono un vero e proprio crimine contro l’umanità. Se si avesse davvero a cuore l’interesse di 30 milioni di venezuelani bisognerebbe eliminarle subito.

I governi europei, l’UE, gli USA si stanno mostrando invece sordi alla solidarietà, anche in tempi di pandemia. Noi, invece, siamo impegnati nella costruzione di legami solidali, convinti che la strada giusta sia quella dell’amicizia e del mutuo aiuto tra i popoli del mondo, come un altro paese latinoamericano, Cuba, ci mostra in maniera cristallina proprio in queste settimane.

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