Nei mesi scorsi, rispetto alla lotta contro le emissioni di gas serra nell’atmosfera e contro i cambiamenti climatici, la nostra analisi si è concentrata principalmente sulla questione del phase out del carbone con particolare attenzione alla gestione della grande centrale TVN di Civitavecchia. Infatti, nonostante il Piano Strategico 2019-2021 presentato da Enel nel novembre 2018, ponesse al centro della sua policy ingenti investimenti per lo sviluppo delle rinnovabili, in questi mesi le mosse dell’azienda lasciavano intendere che l’obiettivo dell’uscita dal carbone entro il 2025 non era né percorribile, né in linea con il calendario pianificato dal ministero. In particolare, lo scorso febbraio, Enel si era addirittura opposta con un ricorso al Tar del Lazio, alla richiesta del Ministero dell’Ambiente di comunicare il piano per la cessazione entro il 31 dicembre 2025 dell’utilizzo del carbone nella produzione elettrica come previsto dalla Strategia Energetica Nazionale del 2017. Ufficialmente la motivazione dell’opposizione da parte della compagnia era il mancato passaggio formale dell’atto al ministero dello Sviluppo Economico, in realtà, con questa iniziativa, si tentava di posticipare di molto i processi aziendali ed autorizzativi necessari all’uscita del carbone dalle 6 centrali Enel che ancora oggi usano questo combustibile sul territorio nazionale. A questi atti va aggiunto poi il piano di riorganizzazione della stessa TVN con la quale l’Enel ha predisposto una riduzione dell’organico di 97 unità entro il 2021 da attuarsi attraverso ricollocazioni del personale e blocco del turn over. Un piano che probabilmente è in linea con il vero progetto che Enel ha intenzione di attuare negli impianti a carbone e che cercheremo di descrivere successivamente.Dopo la presentazione del ricorso al TAR del Lazio, lo scorso maggio, dichiarazioni e atti formali da parte di ENEL cambiano completamente lo scenario. In primo luogo l’azienda procede al ritiro del ricorso al TAR. Subito dopo, il 15 maggio scorso, la Commissione Attività produttive della Camera ha svolto l’audizione dei rappresentanti di Enel, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia Energetica Nazionale al Piano Nazionale Energia e Clima per il 2030. Durante i lavori di questa seduta il Presidente e AD di ”Enel Italia”, Carlo Tamburi, ha confermato la volontà dell’azienda di procedere nei prossimi 3 anni ad una transizione energetica capace di aumentare l’energia prodotta da fonti rinnovabili dall’attuale 49% al 55%. Lo stesso Tamburi conferma nello specifico che ENEL intende raggiungere l’obiettivo di tale transizione con nuovi livelli di produzione di energia elettrica attraverso il forte sviluppo delle rinnovabili con una penetrazione fino al 55% ed al phase out accelerato degli impianti a carbone al 2025. Per raggiungere questi obiettivi la compagnia ha annunciato un ingente incremento della capacità installata degli impianti rinnovabili con un particolare incremento di circa 40.000 megawatt (30.000 da solare e circa 9 da eolico) rispetto all’attuale produzione. Enel ha incentrato i suoi prossimi investimenti puntando molto sulle reti e sulle rinnovabili. In particolare, per quanto riguarda le fonti rinnovabili, l’azienda ha annunciato investimenti di circa un miliardo di euro su tutto il triennio 2019-2021. Tali piani, ufficializzati in un contesto internazionale che vede molti paesi europei (Germania e Polonia in primis) osteggiare il phase out del carbone, potrebbero rappresentare una vera e propria svolta per l’Italia. Tuttavia, mentre si annunciano ingenti investimenti per lo sviluppo delle rinnovabili, Enel ribadisce che solo la combinazione di queste ultime con il gas, potrà nell’immediato futuro garantire l’adeguatezza del sistema energetico nazionale ed aumentare le riserve necessarie a limitare l’import di energia dai paesi confinanti. In tale situazione Enel si è detta dunque disponibile ad una sostituzione progressiva degli impianti a carbone al 2025 con una nuova capacità da fonti rinnovabili ed impianti a gas. Tale combinazione, sempre secondo Enel, è l’unica che possa garantire continuità nella sicurezza del sistema elettrico utilizzando le infrastrutture esistenti in modo da assicurare adeguata continuità occupazionale.
Sempre lo scorso maggio Enel ha presentato presso il Ministero dell’Ambiente le istanze per la costruzione di nuova capacità a gas su quattro delle sei centrali a carbone italiane di sua proprietà ed in particolare per gli impianti di Civitavecchia-TVN, La Spezia, Fusina e Brindisi.
Con tale iniziativa, a dispetto di quanto auspicato da comitati e movimenti, Enel continua a condannare interi territori ad un supplizio che, attraverso l’utilizzo del gas, comporterà un duplice svantaggio: da un lato l’utilizzo di questo combustibile fossile continuerà ad inquinare l’ambiente con ripercussioni dirette sulla salute pubblica, dall’altro, dopo un’iniziale richiesta di manodopera locale legata ai lavori di riconversione, a gestire l’impianto resteranno solo poche decine di lavoratori. In questo modo, per l’ennesima volta, il ricatto occupazionale, determinerà scelte politiche a totale svantaggio dei territori e di intere comunità. E’ del tutto evidente infatti che l’annunciato miliardo da investire in fonti rinnovabili non riguarderà o riguarderà solo in minima parte i quattro siti da riconvertire a gas. Così, l’affidabilità del sistema elettrico nazionale, da garantire attraverso la combinazione di rinnovabili e gas, condannerà Civitavecchia, La Spezia, Venezia-Fusina e Brindisi al perdurare del loro pessimo e nocivo rapporto coi combustibili fossili. Inoltre, così come già accaduto a TVS – altra centrale civitavecchiese gestita da Tirreno Power -, tale opzione comporterà una drastica riduzione dei livelli occupazionali che riguarderà sia i lavoratori delle centrali che quelli dell’indotto.
Auspichiamo pertanto che, di fronte a tale situazione, già dai prossimi incontri tra Enel ed istituzioni locali, escano progetti chiari e soprattutto vantaggiosi per il nostro territorio. In particolare chiediamo che:
– i progetti di Enel (vedi piano triennale 2019 – 2021) non siano semplici documenti da ratificare, ma proposte da discutere e mediare con tutti i soggetti interessati a partire dai sindacati e dai comitati cittadini;
– gli ingenti investimenti previsti dal piano triennale di Enel ed in particolare i capitali da destinare alle rinovabili, vanno concentrati principalmente su quei territori che, più di altri, hanno subito il peso dell’inquinamento;
– l’utilizzo del gas a medio termine non fornisce alcuna garanzia, né dal punto di vista ambientale né rispetto a quello occupazionale. Il gas, come le altri combustibili fossili, è una fonte d’energia superata dalla storia e come tale non dovrebbe ottenere né autorizzazioni, né investimenti pubblici;
– a parziale risarcimento dei danni ambientali e alla salute subiti in questi decenni, i siti italiani che attualmente utilizzano il carbone come combustibile, vanno dunque riconvertiti in poli di ricerca e produzione energetica legati esclusivamente alle fonti rinnovabili;
Procrastinare all’infinito certe scelte significa continuare a fa fare esclusivamente gli interessi di Enel ignorando sistematicamente quelli della cittadinanza. Lottare per un nuovo Piano Energetico Nazionale non può perciò prescindere, a nostro avviso, dal tentare tutte le strade per non costruire nuovi impianti che producano energia da combustibili fossili. Ovviamente per fare ciò bisogna investire immediatamente in ricerca pubblica e prevedere un utilizzo delle risorse che non vada solamente alla ricerca del massimo profitto, ma del minore impatto possibile per la salute dei cittadini. Nei prossimi mesi saremo chiamati a dare risposte ad attacchi nuovi e sempre più forti. Facciamoci trovare preparati a questi appuntamenti. Il tempo, purtroppo, è scaduto.