Lunedì 12 maggio al Cinema Massimo di Torino verrà proiettato Portuali, il film di Perla Sardella che racconta le lotte e la storia coraggiosa del CALP – Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova, che da anni si oppone al transito di navi cariche di armi dirette verso scenari di guerra. È la storia di lavoratori che, dal proprio posto di lavoro, scelgono da che parte stare: contro la guerra e la sua economia che macina profitti sulla pelle dei popoli.
Una storia che non riguarda solo Genova, ma che parla a tutte e tutti. In un mondo in cui la competizione globale si gioca apertamente sul piano militare, gli USA tentano di difendere il proprio dominio con la guerra, in cui l’UE e i suoi governi, dall’ultradestra ai democratici, sono pronti ad aumentare ancora le spese militari con un piano di riarmo da 800 miliardi, in un mondo in cui lo stato di Israele continua a portare avanti impunito il genocidio del popolo palestinese con la complicità dei governi occidentali, l’azione dei portuali è un gesto concreto e potente. Bloccare le navi cariche di armi non è solo un atto di coraggio, ma è una scelta politica chiara perché significa scegliere la pace come pratica quotidiana di opposizione alla guerra e al sistema che la genera.
Oggi più che mai, questa scelta diventa urgente perché il governo Meloni sta trascinando l’Italia sempre più dentro alla guerra. Sotto il suo governo si continuano ad aumentare le spese militari, il Paese viene trasformato, pezzo dopo pezzo, in una macchina da guerra, mettendo a tacere chi lotta dentro e fuori i posti di lavoro attraverso il nuovo decreto 1660, l’ennesimo tassello di norme repressive volte a silenziare ogni forma di dissenso. Si parla di “difesa” e “sicurezza”, ma nei fatti si tagliano risorse a scuola, università, sanità, casa e salari, mentre si investono miliardi in armi, eserciti e tecnologia bellica.
Questa è l’economia di guerra: un modello in cui tutto viene piegato alla logica del conflitto permanente. E non c’è più nemmeno l’ipocrisia di nasconderlo. Gli stessi che per anni ci hanno detto che non c’erano soldi per la sanità, per le case popolari, per i trasporti pubblici o per i rinnovi dei contratti, oggi trovano miliardi per le armi, tanto da eliminare i vincoli di bilancio. È la conferma che i soldi ci sono, ma che non vengono volontariamente destinati per i diritti e la dignità delle classi popolari.
In tutto questo le istituzioni di Torino non sono rimaste spettatrici ma hanno ritrovato una funzione alla città, riscoprendo una vocazione bellica. A Torino, infatti, ha sede Leonardo, uno dei principali produttori di armi a livello europeo, che stringe accordi con le università, riceve ingenti fondi pubblici ed è complice diretto del genocidio palestinese inviando armi a Israele. Qui sta nascendo la Cittadella dell’Aerospazio, un polo volto allo sviluppo di armamenti, droni e tecnologie dual use, all’interno del progetto DIANA della NATO. Qui si continua a spingere un’opera inutile e dannosa come la linea TAV, che dietro la retorica della mobilità nasconde il suo vero scopo di essere parte di un corridoio militare europeo, utile al trasporto di truppe e mezzi. E qui le università, a partire dal Politecnico, partecipano attivamente a progetti di ricerca bellica che collaborano con Frontex, con la NATO, con Leonardo, con il Ministero della Difesa, piegando la ricerca scientifica agli interessi della guerra.
In questo contesto, proiettare il film “Portuali” a Torino non è solo un momento culturale, ma un atto politico. Vuole dare voce a chi si oppone concretamente a questa logica di morte, è l’occasione per discutere insieme ed affermare che i lavoratori e le lavoratrici non sono complici della guerra, ma possono e devono opporsi, rifiutando di essere ingranaggi della macchina bellica.
Giù le armi, sù i salari!
Medici, non bombe!