Da inizio dicembre 2022 il Perù è sprofondato in una profonda crisi politica e istituzionale. Dopo il colpo di Stato (lawfare) contro il governo democraticamente eletto di Pedro Castillo (vedi dettagli qui), durante tutto il mese di dicembre il popolo peruviano si é preso le strade del paese per chiedere nuove elezioni parlamentari e l’avvio di un processo costituente con lo scopo di cestinare la vecchia costituzione fujimorista. La reazione delle forze armate e della neo presidente Dina Boluarte però è stata violentissima: repressione, arresti, centinaia di feriti e 28 morti in pochi giorni di proteste che si sono estese rapidamente in tutto il Paese.
I giorni di feste natalizie e di fine anno avrebbero potuto convincere i manifestanti a tornare a casa e accettare i tempi politici e istituzionali imposti dalla presidente e dal Congresso. Le forze conservatrici – sostenute dalla Policía Nacional – il 3 gennaio hanno perfino chiamato una “marcha por la paz” nella capitale Lima accusando i manifestanti di essere colpevoli i delle violenze e dei numerosi morti dei giorni precedenti.
Le diverse forze sociali e politiche progressiste, a loro volta, hanno approfittato delle festività per preparare il rilancio delle mobilitazioni. Il 4 gennaio 2023 è stato dunque indetto uno sciopero nazionale ad oltranza che riafferma le stesse rivendicazioni dei primi giorni di protesta: dimissioni di Dina Boluarte, chiusura del Congresso, elezioni anticipate e l’avvio di un processo costituente.
Le proteste non si sono più fermate, quotidianamente centinaia di migliaia di manifestanti occupano le strade del Paese. A Juliaca, città di circa 300.000 abitanti che si trova a oltre 3.800 metri di altitudine e a poco più di 100 km dalla frontiera con la Bolivia, durante la giornata del 9 gennaio 2023 le forze armate hanno alzato il livello dello scontro, arrestando giornalisti e sparando ai manifestanti, uccidendone ben 17 tra cui, ancora, diversi minorenni.
Invece di intervenire in difesa del diritto al dissenso, i parlamentari conservatori gettano benzina sul fuoco chiedendo maggiore repressione contro i manifestanti e imponendo un coprifuoci di tre giorni.
RIBADIAMO LA NOSTRA TOTALE SOLIDARIETÀ AL POPOLO PERUVIANO E ALLE FORZE SOCIALI, SINDACALI E POLITICHE E ALLE LORO LEGITTIME RIVENDICAZIONI PER UN CAMBIAMENTO POLITICO RADICALE. IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI ITALIANE ED EUROPEE È INACCETTABILE: CHI NON CONDANNA IL MASSACRO DI UN INTERO POPOLO SE NE FA COMPLICE!