Questa storia è la storia di un crimine. È la storia della Miteni, sorta nel 1965 a Trissino (VI), in questo Nord-Est del cui tessuto industriale sentiamo sempre cantare le lodi. È un’industria chimica la Miteni. Sviluppa materiali impermeabilizzanti, che servono tanto per indumenti quanto per pentole antiaderenti. Molecole che permettono di fare soldi. Tanti soldi. Che entrano nelle tasche di Mitsubishi e Eni (MIT+ENI) prima, della I.C.I.G poi.
E i residui chimici da qualche parte devono andare a finire. Dove? Nelle falde acquifere. È così che si produce quello che Luca Cecchi, nostro candidato alle ultime politiche, aveva definito “il più grande disastro ambientale che ha colpito il Veneto”. 400 siti della rete idrica contaminati, tra le provincie di Verona e di Vicenza e parte di quella di Padova; una popolazione interessata che sfiora le 800.000 (sì, ottocentomila!) persone. Eccole, le vittime. Noi. Perché i PFAS, così si chiamano questi acidi chimici, possono fare male. Molto male. Rimangono nell’ambiente per secoli e mettono a rischio le gravidanze, possono causare tumori e perfino l’Alzheimer.
Ma un’impresa criminale deve potersi avvalere di complici. Qualcuno che magari chiude un occhio, o anche tutti e due, al momento opportuno. È questo quello su cui sta indagando la magistratura, perché lo Stato non ha visto e non ha agito, abdicando al ruolo di tutela della propria comunità.
Finita qui? No, perchè c’è un terzo attore: le Mamme NoPfas – genitori attivi – area contaminata, che lottano affinché si faccia giustizia e venga garantita la salute propria e dei propri figli. Sono loro ad aver studiato le carte, organizzato presidi, promosso manifestazioni. Sono un pezzo di quel controllo popolare essenziale per riprenderci in mano il paese. Altrimenti la storia continuerà ad apparirci come “un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?”