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NIGER: TRAMONTO DI UN IMPERO

Mercoledì 26 luglio a Niamey, si è consumato nel Sahel il terzo colpo di stato dal 2020. Dopo il Mali ed il Burkina Faso, il Niger, sino ad oggi fedele alleato dei paesi occidentali, ha detto basta al regime del presidente Bazoum. Al di là delle ragioni contingenti che hanno costituito il pretesto da cui è scaturita l’attuale crisi politico-militare, il motivo evocato dal generale Abdourahamane Tchiani, nuovo uomo forte del paese, è stata la drammatica situazione securitaria.

Il Niger, che è il paese più povero al mondo, continua ad essere al centro di violenti scontri tra esercito e jihadisti che hanno provocato migliaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati. Questo è avvenuto nonostante l’imponente presenza militare francese ed internazionale (la seconda più grande base militare USA nel continente africano) nella regione, inefficace nel riportare la pace, ma evidentemente utile ad esternalizzare le frontiere e a tutelare interessi particolari: francesi, bien entendu, ma anche italiani. Se per i francesi l’interesse principale è quello economico di controllare l’uranio, per l’Italia è quello politico della lotta ai migranti, con la prospettiva di aumentare l’export d’armamenti e tutelare la posizione dell’Eni nella regione subsahariana.

Da qui è partita l’escalation italiana in Niger con la firma di un trattato militare segreto per la gestione dei flussi migratori e della sicurezza nel 2017, l’apertura dell’ambasciata a Niamey e l’approvazione della prima missione militare italiana (Misin) nel 2018 con un contingente di 300 militari e nel 2022 l’inaugurazione della seconda base militare italiana in Africa. Tutto gentilmente concesso dai nostri ex rivali d’oltralpe e temporanei amici che, in grave difficoltà, avevano bisogno di alleati in una regione in procinto di esplodere.

La Françafrique finiva, ma il governo francese, incapace di proporre alternative, concepiva con il nostro appoggio l’operazione Takuba in Mali. Caratterizzata da un forte contingente italiano di uomini e mezzi, operativa nell’aprile del 2021, Takuba a luglio del 2022 era già conclusa a causa delle nuove autorità militari del paese che la costringevano raccogliere armi e bagagli e partire. Pochi mesi dopo il contingente francese di stanza in Burkina subiva la stessa sorte.

Ora il Niger – paese con l’indice di sviluppo umano più basso al mondo, dove l’aspettativa di vita è pari a 62 anni, dove il 70% sopra i 14 anni è analfabeta e il 90% della popolazione vive quotidianamente in uno stato di povertà multidimensionale (economica, sanitaria, educativa) – ha licenziato il suo presidente.

Il tema all’ordine del giorno non è quindi se francesi e italiani saranno sostituiti da russi e cinesi. Ma se sarà possibile promuovere un nuovo modello di cooperazione tra i popoli. Se la sovranità del Niger sarà finalmente rispettata. Se i problemi di ordine sociale e economico troveranno risposte con un nuovo modello di sviluppo. E se i problemi di sicurezza nel paese africano saranno affrontati in primis dagli africani stessi.

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