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Fattori (Toscana a sinistra): “Il voto a luglio? Follia. Basta tagli alla sanità”

Ripubblichiamo l’intervista rilasciata da Tommaso Fattori al quotidiano La Nazione. Tommaso è consigliere regionale uscente nonché candidato presidente di Toscana a sinistra, la lista unitaria che Potere al popolo! ha deciso di costruire insieme ad altre forze locali per le prossime regionali in Toscana. L’intervista ci sembra importante perchè finalmente riporta al centro del dibattito la questione della sanità pubblica e del potenziamento delle strutture sanitarie sul territorio. Essa individua inoltre, come condizione necessaria alla ripartenza economica della regione, la centralità di una conversione ecologica dell’economia (cui Tommaso si riferisce nell’intervista chiamandola “green new deal”) pianificata dall’intervento pubblico e controllata dal basso da lavoratori e cittadini. Buona lettura.

Firenze, 10 maggio 2020 – Il tesoretto (6 % alle scorse elezioni toscane di cinque anni fa) lo ha conservato in cassaforte e punta a moltiplicarlo. Tommaso Fattori, consigliere regionale uscente di Toscana a sinistra, già candidato governatore nelle elezioni del 2015 è pronto per la nuova sfida elettorale. Lui e il suo partito (più altre formazioni di sinistra) contro tutti: centrosinistra, centrodestra, Movimento 5 Stelle.

Voto regionale: meglio luglio o la data prevista in autunno?

“Votare a luglio sarebbe folle per motivi di salute pubblica e di salute della democrazia. E’ irresponsabile pianificare assembramenti ai seggi elettorali in un periodo decisivo per innescare o viceversa per impedire una seconda ondata epidemica. Poi darebbe luogo alle elezioni meno partecipate della storia repubblicana”.

Come sta la Sinistra in Toscana?

“Sta molto meglio che nel resto d’Italia. Nel 2015, appena nati, prendemmo il 6,3%, con sorpresa di molti, facendo poi in Consiglio regionale un lavoro di opposizione forte ma sempre propositiva. In questi anni siamo cresciuti, occupandoci dei diversi territori della Toscana e dei tanti bisogni concreti delle persone, lavorando assieme a sindacati, comitati e associazioni. Insomma, dalle regionali del 2015 fino alle ultime elezioni comunali resta fortemente presente un’area politica di sinistra che pesa nelle competizioni elettorali, che è coordinata e lavora in rete a livello regionale. Se in Toscana abbiamo questo laboratorio comune, allo stesso tempo soffriamo la mancanza di un progetto analogo a livello nazionale”.

Sanità, basta tagli. I nuovi ospedali ci hanno salvato? Più servizi territoriali sono necessari inevitabilmente.

“Quello che ci ha salvati, o per meglio dire che non ci ha fatti precipitare nella situazione di altre regioni, è un insieme di elementi: dall’ implementazione delle terapie intensive alla separazione tra reparti covid e no-covid, dal sistema di pre-triage esterno al pronto soccorso fino alla creazione delle cosiddette bolle sanitarie. Ovvio che i nuovi ospedali siano più attrezzati dei vecchi ma molti ospedali chiusi sarebbero stati in grado, con minimi interventi, di gestire almeno la subintensiva. Nè dobbiamo dimenticare che i nuovi quattro ospedali hanno comportato una notevole riduzione di posti letto/abitanti, scendendo a 2,8 per mille abitanti, e sono stati costruiti con il project financing, un meccanismo che ha ulteriormente tolto risorse alla sanità pubblica a vantaggio dei profitti dei privati. Insomma, a salvarci è un’azione di sistema in cui il servizio sanitario pubblico ha messo insieme ospedale e territorio, pur con le evidenti difficoltà e debolezze del secondo lato, quello del territorio: le Usca territoriali sono arrivate in ritardo, il servizio di igiene pubblica ha pure avuto mille difficoltà, dopo il depauperamento di questi anni. Quindi certo, lo ribadiamo, basta tagli e dobbiamo tornare a investire sulla sanità pubblica, a partire da quella territoriale”.

Quali proposte?

“Le Case della Salute: con il mio collega Paolo Sarti abbiamo presentato una proposta di legge recentemente approvata dal Consiglio regionale. Le Case della salute dovranno diventare una vera rete di servizi e non semplici poliambulatori, mettendo insieme medici di famiglia con specialisti, riabilitatori, fisioterapisti, infermieri territoriali e migliorando la gestione delle cronicità, implementando la medicina di iniziativa, rafforzando consultori, servizi di salute mentale e dipendenze, igiene pubblica e prevenzione, assistenza domiciliare integrata e posti letto per le cure intermedie”.

E nell’immediato?

“Vorrei tuttavia chiarire un punto cruciale: non ci salveremo da una seconda ondata epidemica se non sarà sviluppato un piano di tamponi a tappeto, un piano che avrebbe dovuto essere operativo già da mesi e che avrebbe dovuto essere preventivo rispetto a qualsiasi riapertura delle attività produttive e commerciali. Non è possibile che la Toscana faccia ogni giorno solo 85 tamponi ogni centomila abitanti quando altre regioni ne fanno fra i 200 e i 250. Se non ci sono i reagenti si requisiscano temporaneamente gli impianti in grado di produrli!”.

Rsa: devono tornare pubbliche?

“Questa crisi epidemiologica ha già mostrato, e continuerà a farlo, che abbiamo avuto ragione a chiedere in tutti questi anni non solo il rafforzamento della sanità pubblica, ma anche la ripubblicizzazione di tanti servizi e settori essenziali dove l’obiettivo della gestione non deve essere il profitto di pochi ma il benessere individuale e collettivo. Non è un mistero che la terza età sia diventata un business e le persone anziane siano le nuove galline dalle uova d’oro. Perciò siamo tornati a proporre in Consiglio regionale la ripubblicizzazione della gestione di queste strutture. E’ necessario anche rafforzare la scuola pubblica e investire sulla ricerca, ma anche ripubblicizzare la gestione del trasporto pubblico locale. Serve insomma un complessivo cambio di paradigma e di rotta”.

Fase 2, ripartire dai territori. Come nella più profonda crisi post bellica?

“Il paragone con la fase post-bellica è azzeccato. Serve una programmazione che abbia respiro e visione, un ‘green new deal’ in grado di ricostruire una sana domanda interna e soprattutto di ricostruire settori strategici. Oggi ci troviamo in difficoltà persino a produrre beni essenziali come dispositivi di protezione di qualità, reagenti per tamponi o ventilatori polmonari, ossia a produrre quel che un tempo producevano senza problemi, e questo perché abbiamo delocalizzato la produzione di interi settori e beni fondamentali. Il post covid19 non può e non deve essere un ritorno al passato, occorre riterritorializzare produzioni strategiche individuando i settori produttivi da mettere in piedi, puntando ad un vera economia circolare e alla conversione ecologica delle produzioni. E’ qui che devono essere indirizzati i finanziamenti pubblici, avendo alle spalle una regia e una politica industriale verde degna di questo nome, con l’obiettivo di creare centinaia di migliaia di posti di lavoro stabili e non precari.”

Aeroporto di Firenze, che fare?

“Sul progetto di nuovo aeroporto di Firenze occorre mettere una pietra sopra, potenziando e velocizzando i collegamenti con l’aeroporto di Pisa. Nella piana, iper infrastrutturata, non entrerebbe neppure uno spillo, figuriamoci un nuovo aeroporto. E’ anche evidente la fragilità di un modello economico regionale eccessivamente sbilanciato sull’export e sul turismo. Lo stesso modello di turismo deve essere radicalmente ripensato, puntando sul turismo diffuso, lento, sostenibile e decentrato”.

Quale infrastruttura vorrebbe fosse portata a termine?

“Per uscire da ogni crisi, anche da questa crisi, servono investimenti pubblici, anche infrastrutturali. Ma gli investimenti vanno fatti in una direzione utile e innovativa, non riproponendo le vecchie ricette a base di colate di cemento e mega-opere. Servono tante piccole opere contro il dissesto idrogeologico, raddoppiare tutti i binari unici, dotarci di presidi sanitari diffusi. E serve far manutenzione a tutte le opere di prossimità che vengono utilizzate ogni giorno dalla gran parte dei cittadini, il crollo del ponte di Albiano mi pare un bel monito. Chi guarda al passato ci porterà a sbattere e vedo, anche su questo nodo, un’assoluta convergenza fra destra, Pd e Italia Viva, che ripropongono all’unisono le mega opere, a partire da aeroporto e autostrada Tirrenica. Ma se vogliamo salvare il pianeta le persone dovranno viaggiare sui treni, certamente a prezzi più popolari di quelli attuali, e le merci dovranno viaggiare via mare. Insomma, l’unica autostrada da realizzare è quella digitale, e troppe aree della regione sono ancora del tutto tagliate fuori.”

Lavoro, valanga di Cig e richieste da partite Iva. La Regione che può fare?

“La Regione deve accelerare il pagamento dei fondi comunitari alle imprese beneficiarie e mettere ogni energia possibile nella partita dei fondi strutturali del prossimo settennato. E deve controllare che siano rispettate nei luoghi di lavoro tutte le misure di sicurezza per evitare il peggio e cioè che riparta il contagio. Quanto alla valanga di richieste di Cigd, è necessario aumentare il numero di personale addetto alle pratiche da girare all’Inps, anche se ormai il lavoro è pressoché ultimato. Per precari, partite Iva, lavoratori autonomi e in generale per tutte le figure professionali che non hanno le medesime tutele dei lavoratori subordinati e che non sono coperti dalle misure governative o lo sono solo parzialmente, siamo stati fra i primi a chiedere in Italia l’istituzione di un reddito di emergenza e abbiamo da tempo proposto uno specifico fondo regionale di emergenza, accanto al fondo per il sostegno a chi non è in grado di pagare l’affitto”.

Che campagna elettorale toscana si attende?

“Agli occhi della maggior parte delle persone è importante solo il voto alle elezioni comunali e alle politiche, le elezioni regionali sono collocate in una sorta di cono d’ombra. Eppure la Regione decide su questioni fondamentali e alloca una gran quantità di risorse. Basti pensare alla programmazione infrastrutturale o alla gestione della sanità. Adesso l’epidemia rende oggettivamente impossibile una campagna tradizionale. Temo dunque una campagna poco partecipata, il che avvantaggerà, ancor più di sempre, chi ha soldi per pubblicizzare in varia forma i propri contenuti o chi ha accessi privilegiati al mondo dei media. Ma che il funzionamento della politica contemporanea dipenda dal denaro non è certo una novità. Per anni ci si è accaniti contro il finanziamento pubblico ai partiti senza comprendere che il cancro delle democrazie contemporanee è il finanziamento privato ai partiti. E senza capire che eliminare il finanziamento trasparente e pubblico alla politica avrebbe accresciuto il finanziamento privato e opaco”.

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