Le attese dimissioni di Bonaccini portano necessariamente a dover ragionare quale passaggio politico si troverà ad affrontare l’Emilia-Romagna, a partire da quanto successo negli ultimi dieci anni.
Siamo all’inizio di un nuovo tornante molto delicato nello scenario politico italiano, in cui tutto il sistema di potere ha piegato la propria agenda politica alle necessità strategiche imposte dall’avvitamento bellico nella competizione internazionale, secondo le volontà della NATO e di tutta la classe dirigente occidentale. Ma nel teatrino della politica nazionale, i diversi attori in campo alimentano reciprocamente il gioco delle parti in cui l’esistenza dell’uno giustifica quella dell’altro, garantendo che nulla cambi. Dopo decenni in cui il centrosinistra è stato l’alfiere delle politiche neoliberali che si sono abbattute sui salari e sui diritti di lavoratrici e lavoratori, tagliando la spesa sociale e il welfare, dopo aver favorito i processi di regionalizzazione che hanno accompagnato l’attuale promozione dell’autonomia differenziata, dopo essere stati gli azionisti di maggioranza dei +cosiddetti governi tecnici imposti dall’establishment europeo, dopo essere stati i garanti del “partito unico degli affari e del cemento”, dopo aver privato le nuove generazioni di qualsiasi prospettiva che non sia quella della precarietà perenne e della competizione tra pari, dopo aver spianato la strada alla destra fascista rincorrendola sul suo stesso terreno con politiche repressive, securitarie e razziste… Ora quella stessa classe politica si ripropone come “campo largo” sulla base del quale costruire un impossibile fronte popolare che dovrebbe costituire un argine alle destre. La Schlein ha impostato la campagna elettorale della scorsa primavera sulla difesa della sanità, come se i tagli e le privatizzazioni non fossero stati promossi dal suo stesso partito nei lunghi anni al governo nazionale e di tante regioni, così come Bonaccini si nasconde dietro un dito affermando senza pudore che l’attuale autonomia differenziata sarebbe diversa da quella a cui lui stesso ha contribuito a spalancare le porte.
Per questo occorre costruire un argine politico e sociale alle due facce di questa stessa medaglia, alle destre fasciste e a quelle liberali che ci stanno portando sull’orlo del baratro: serve costruire una proposta alternativa alle due destre che si contendono il potere.
Siamo convinti che la permanenza al governo regionale del PD non rappresenti nessuna garanzia per gli esclusi da questo sistema, sempre più numerosi, anzi crediamo che senza una rottura profonda del governo neoliberista che da oltre 20 anni governa la Regione non potrà che prodursi un clima di apatia e rassegnazione, di cui il crescente astensionismo è un indizio indiscutibile, che prima o poi porterà la Destra a sostituire il PD.
Come Potere al Popolo intendiamo avviare una riflessione collettiva rivolta a coloro con cui da anni lottiamo nei nostri territori e con cui condividiamo tante battaglie consapevoli del vero volto dei nostri comuni avversari.
SARANNO FAMOSI
Le nostre osservazioni partono obbligatoriamente da un giudizio negativo rispetto alle dimissioni del presidente, atto dovuto dopo l’elezione all’Europarlamento, che ci mostra ancora una volta come la nostra classe politica utilizzi le istituzioni democratiche per le proprie carriere personali. Invece che arrivare a fine mandato, di fronte al rischio di non avere una poltrona per 2-3 anni, Bonaccini preferisce andare a elezioni anticipate, cosciente anche del fatto che le regole del gioco rimangono così in mano al PD, a partire dalla data del voto.
Una considerazione della politica evidente anche nell’impostazione della precedente campagna elettorale regionale, che ha rischiato di perdere nonostante fosse giocata contro un’avversaria evidentemente non all’altezza del compito, che ha infarcito la campagna di strafalcioni notati dai suoi stessi sostenitori. Per farlo si è ricorsi a Sardine e Coraggiosi, in nome del mito dell’Emilia Rossa da difendere, un mito purtroppo e niente più. Questo fronte ha infatti prodotto la lista “Emilia-Romagna Coraggiosa” (al tempo sostenuta da pezzi di SI, ma ora riassorbita dentro il PD), che pur prendendo meno del 4% ha lanciato la folgorante carriera di Elly Schlein e il movimento delle Sardine, anche questo ben presto riaccolto nel PD, ma anche il sostegno “ecologista” di Europa Verde che si garantì così una consigliera pur prendendo meno del 2%.
LA FLOOD VALLEY
L’assenza di coerenza tra dichiarazioni e realtà è una caratteristica peculiare del centro-sinistra emiliano che ama definirsi green e di spingersi all’avanguardia della tutela ambientale, ma nei fatti la realtà è molto, molto diversa.
L’abbiamo potuto constatare con mano durante l’alluvione romagnola dello scorso anno quando abbiamo costruito una piattaforma “di solidarietà e lotta”, portando aiuti e andando a spalare il fango, ma anche contestando il prefetto e il sindaco di Ravenna De Pascale e denunciando direttamente le responsabilità politiche di Bonaccini con diverse manifestazioni fin sotto la Regione. Disastri come quello non sono tragiche fatalità, ma hanno cause precise soprattutto nel governo urbanistico: la legge regionale sedicente “a consumo di suolo zero” è una delle peggiori leggi urbanistiche nazionali, che ha regalato all’Emilia-Romagna l’accesso al podio della triste classifica della cementificazione. I cambiamenti climatici sempre più gravi e rapidi impongono una politica alternativa alla cementificazione. Nonostante i proclami e il marketing, infatti, l’Emilia-Romagna è una delle regioni più inquinate d’Europa con una qualità dell’aria pessima, le cui prospettive, senza un cambiamento di rotta radicale, sono molto preoccupanti.
La congestione stradale viene affrontata con una serie di grandi opere infrastrutturali che non mettono in discussione il trasporto su gomma anzi lo incentivano: la bretella Sassuolo-Campogalliano, la Pedemontana, il Passante di Mezzo a Bologna, la Ti-Bre, l’A14 Bologna-Ravenna, ma anche altre grandi opere come l’aerocargo di Parma e il porto di Ravenna, che nel frattempo ha iniziato a ospitare anche il “rigassificatore”, contestatissimo per il suo impatto ambientale e per la sua funzione all’interno dell’”economia di guerra”, iniziata con il conflitto in Ucraina.
Dietro l’etichetta green la scelta di fondo è quella di una regione che sta investendo fiumi di denaro nella logistica con l’aumento previsto dei magazzini nei prossimi tre anni per oltre 500.000 metri quadri, pari all’11% dell’esistente, e la creazione di ben tre Zone Logistiche Semplificate.
E nonostante tutto questo cemento la casa è un problema sempre più grave nelle nostre città, non solo in quelle universitarie. Le città lasciate in mano alla speculazione privata e l’assenza di politiche abitative adeguate al dramma sociale che migliaia di persone stanno vivendo, hanno trasformato il diritto all’abitare in un lusso sempre più costoso. Le nostre città sono sempre più a misura di turista ricco ed espellono gli abitanti più poveri, quelli che lavorano nel retrobottega della scintillante vetrina emiliano-romagnola come lavapiatti, riders, baristi….lavori spesso mal retribuiti, in nero, una ricchezza a spesa della collettività che finisce nelle mani di palazzinari e padroncini.
Logistica e turismo seguono lo stesso schema: soldi pubblici che generano uno sviluppo che arricchisce pochi privilegiati, lascia le briciole a chi ci lavora e i danni da pagare alla collettività.
Nonostante la narrazione paciosa e rassicurante le sacche di lavoro povero sono in crescita attorno a questi nuovi settori trainanti dell’economia regionale. Un lavoro duro, malpagato e sempre più pericoloso: ricordiamo proprio nell’ambito della logistica l’uccisione di Abd Elsalam durante un picchetto a Piacenza nel 2016, o quella di Yaya Yafa all’Interporto di Bologna nel 2021. Nel 2023 sono stati 91 gli operai uccisi sul lavoro, mentre quest’anno abbiamo assistito alla strage di Suviana, morti che si vorrebbero dimenticare nell’Emilia “democratica e accogliente” ma che sa perfettamente che non occorre disturbare il conducente del treno del “progresso”.
BONACCINI: COERENZA “DIFFERENZIATA”
E infatti il “Patto per il lavoro e per il clima”, non è solo uno strumento di green-washing utile a mettere la sordina alle associazioni ambientaliste non compiacenti, ma anche uno strumento di left-washing, che vuole cancellare dalla cartolina emiliano-romagnola proprio i sindacati conflittuali, protagonisti delle più grandi vertenze di lavoro povero in regione.
Altra incoerenza stucchevole è stato il balletto dell’autonomia differenziata che ha visto Bonaccini protagonista assoluto: in piena crisi Covid il presidente era impegnato insieme a Fontana e Zaia a firmare gli accordi per l’autonomia differenziata, mentre oggi, di fronte alla riforma che presenta il Governo Meloni, Bonaccini con una spettacolare piroetta prova a dire che la sua idea di autonomia era “diversa”… Eppure anche Schlein, da vicepresidente, non pensò minimamente di opporsi al progetto che richiedeva competenza regionale in 16 materie su 23 possibili, fra cui i musei, il governo del sistema dei trasporti, dell’ambiente e del territorio, dove le richieste regionali puntano ad agire in deroga alla normativa statale per allentare gli attuali vincoli di tutela, e degli enti locali e dell’istruzione, materie ancora più problematiche, poiché la regione mira a creare un sistema scolastico parallelo a quello statale.
Vero, nell’”idea diversa” di autonomia bonacciniana non c’era la sanità, che peraltro ha contribuito a far viaggiare lungo i binari dei tagli e della privatizzazione, con 4mila posti letto persi in vent’anni per fare spazio al privato convenzionato, con la chiusura dei pronto soccorso e l’apertura sottocosto degli inefficaci CAU.
UNA PROPOSTA DI ROTTURA
Per tutte queste ragioni riteniamo che sia indispensabile una proposta di rottura rispetto al governo neoliberista della Regione e che questa rottura non possa avvenire all’ombra del centro-sinistra. La strategia di fare da stampella sinistra al PD, negli ultimi anni ha prodotto soltanto lo svilimento dei temi di carattere ambientale, politico e sociale. Usati come solenni promesse per vincere le elezioni diventano la foglia di fico di un governo che ci ha lasciato una regione più disuguale, più inquinata e sempre più rassegnata. Solo al di fuori del perimetro del centro-sinistra la lotta reale contro ogni autonomia differenziata, la difesa di territori mangiati dal cemento, la rappresentanza politica del lavoro povero, la difesa della sanità pubblica e la tutela di città che si vorrebbero sfondi per turisti ricchi può cercare di diventare realtà; al contrario, dentro quel perimetro, sono solo chiacchiere che peggiorano la situazione.
Non vogliamo ritagliarci un posto in un sistema di potere, vogliamo mettere i bastoni tra le ruote a quel sistema di potere. Potere al Popolo è pronta ad affrontare l’impegno politico e organizzativo delle elezioni regionali, conscia dell’importanza di essere in questa partita. Siamo disponibili a incontrare e accogliere chi condivide questa prospettiva, confrontandosi con noi per capire la possibilità di formare un argine contro le due destre alle prossime elezioni regionali. Abbiamo poco tempo, abbiamo un lungo cammino da fare, ma non abbiamo né padroni né padrini e crediamo sia necessario dare forma a un’opposizione seria al disastro cui stiamo andando incontro.