In realtà la storia è già diventata una farsa[1] nel suo luogo d’origine, la vertenza Embraco-Ventures; per reagire alla replica prevedibile sulla scena di Napoli bisogna quindi agire su due fronti: rifiutarsi di percorrere le stesse tappe a Napoli ed evitare la deriva della vertenza a Riva di Chieri (TO).
Con questo duplice scopo, “Potere al Popolo!” di Torino ha intervistato tre lavoratori ex Embraco (gruppo Whirlpool), ora Ventures, dello stabilimento di Riva di Chieri (TO), in cui si progettavano e fabbricavano compressori per frigoriferi, diventato famoso in Italia per la vertenza che impegnò nel 2018 gli oltre 500 dipendenti contro la chiusura dello stabilimento.
L’azienda, come al solito, voleva “delocalizzare”, sfruttando la forza lavoro di altri paesi in cui il costo del lavoro è più basso (un caso tipico nel generale processo di deindustrializzazione italiano); la vertenza generò poi l’accordo per la “reindustrializzazione”, secondo un copione sempre più diffuso, con la cessione dello stabilimento ad una società mista italiana-cinese-israeliana, la Ventures appunto.
Dopo oltre un anno dall’accordo (che prevedeva due anni di cassa integrazione, di cui uno è abbondantemente trascorso) le scadenze in esso previste sono state disattese, col rientro in fabbrica di un numero di lavoratori e lavoratrici inferiore a quanto concordato, ed il continuo allarme di sindacati e lavoratori sul ritardo nell’avvio delle nuove produzioni[2].
L’intervista è rigorosamente anonima, senza alcun cenno a genere e identità degli intervistati, perché l’accordo offriva incentivi alle dimissioni da Embraco (utilizzate da alcune decine di lavoratori) o il passaggio alle dipendenze di Ventures, e chi ha fatto questa scelta (413 lavoratori) oggi è fortemente ricattabile. Infatti da un lato vi è una rotazione parziale, cioè di fatto selettiva, nei rientri; dall’altro la nuova società usufruirà, per i nuovi contratti, della legge Fornero, con la possibilità, quindi, di ricorrere in qualunque momento al licenziamento individuale per “giustificato motivo economico”; e dall’altro ancora si caratterizza per una gestione dei rapporti col personale fortemente “paternalistica”, rispetto alla quale sia chi è in già fabbrica sia chi è ancora fuori si sente “sotto controllo”. Disagio che traspare anche nei rapporti col sindacato, come la stessa intervista dimostra.
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D.1: Partiamo dallo stato dell’arte attuale: dopo l’incontro Chiorino[3]-Ventures, c’è l’ennesimo rinvio per l’avvio delle nuove produzioni a settembre, per erogatori d’acqua e biciclette elettriche – con meno manodopera – e poi in autunno per mattoncini Lego e robot per la pulizia di pannelli solari – con più manodopera. Alla luce di ciò che avviene ora in fabbrica[4], ci credete?
R.1: Non è esattamente come riportato dai giornali, perché in fabbrica in una plenaria ci è stato comunicato per bocca di Ronen (il manager israeliano di Ventures) che fra settembre e ottobre si inizierà a fare i corsi per poi produrre anche i mattoncini. Nei giorni scorsi sono partiti i corsi per insegnare a smontare e rimontare le bici. È stato fatto un investimento di un milione di euro per due stampanti 3D, per produrre internamente delle parti dei nostri prodotti, così non avremo bisogno di presse. A ottobre parteciperemo alla fiera di Rho, e presenteremo i nostri prodotti. I mattoncini verranno a breve testati dai tecnici del Politecnico, dato che la presentazione fatta qualche settimana fa li ha interessati. E come annunciato sempre in quella plenaria, proprio oggi (cioè il 18 luglio scorso) è stata messa la nuova insegna, perciò non ci resterebbe che aspettare settembre per capire se questa volta le sue parole sono attendibili. Detto questo, la nostra risposta è no, non crediamo a tutto questo: per esempio, è evidente che una stampante 3D non può sostituire una pressa per produrre, perché al massimo realizza un campione, ma non con tempistiche produttive. E in generale, manca completamente tutto ciò che occorre “a monte” per far ripartire la produzione, probabilmente manca addirittura il contratto per la fornitura di energia elettrica col voltaggio necessario: in fabbrica al momento non c’è nulla, manca tutto il lavoro preparatorio per il riavvio produttivo, che non si improvvisa in un mese. Anche se adesso abbiamo le prime scadenze concrete.
D.2: Ne parliamo subito dopo, perché nell’esito dell’incontro vi è un altro aspetto inquietante, cioè la richiesta di finanziamenti pubblici e privati per la “riqualificazione”: se la riqualificazione è quella che state facendo ora[5], che senso ha?
R.2: Intanto su questo c’è un problema enorme, che è il ruolo del sindacato: perché su questo doppio incontro con la Regione, prima col sindacato e poi con l’azienda, noi non siamo stati coinvolti? Nessuna assemblea in fabbrica, e in occasione dell’incontro in Regione nessun presidio e nessuna comunicazione diretta sugli esiti di questi incontri. Altrimenti, il “cofinanziamento” pubblico e privato per la riqualificazione sarebbe apparso per quello che è, cioè appunto una cosa ridicola. Per il “corso” su montaggio e smontaggio di V-BKE, l’impresa fornitrice ci ha fatto pure firmare un modulo per mettere nero su bianco che siamo stati formati, ma gli sguardi tra noi valevano più di mille parole: ci han detto come mettere due staffe ed avvitare le brugole. Con una brugola da 5 e una chiave da 17 fai tutto: un mobile Ikea è più difficile. Il bello è che “l’insegnante” ha paragonato le “rulliere” proprio ai mobili svedesi, per indicare la facilità di montaggio. Qualcuno ha chiesto se questo corso si poteva inserirlo nel curriculum e fare domanda all’Ikea. E intanto perdiamo tutta la nostra professionalità, con competenze che venivano considerate uniche al mondo. Questo è lo stato dell’arte, altro che riqualificazione: di robot continua ad esserci un solo prototipo, che compie traballando la sua performance di prova. Infatti, la stessa tecnologia, appena brevettata, relativa alla produzione di robot per la pulizia di pannelli fotovoltaici (V-SOLAR), che era all’origine dell’accordo con Ventures, ormai è già obsoleta e non più competitiva, mentre altre imprese si sono affermate sul mercato in questo settore.
D.3: Sembra il replay della Blutec di Termini Imerese, “prendi i soldi e scappa”.
R.3: Sì, e pensare che abbiamo anche rischiato, prima dell’arrivo di Ventures, di finire nelle mani di altri avventurieri, mentre questi ci erano stati presentati come quelli “seri”. Inoltre, non bisogna dimenticare il “tesoretto” di Whirlpool: perché nell’accordo c’era anche il fondo stanziato da Whirlpool per la riqualificazione. Quindi “dimostrando” di riqualificarci, Ventures punta anche ad accedere a quei soldi: del resto, l’altra ditta che inizialmente aveva sottoscritto la nostra reindustrializzazione, la Astelav di Vinovo (TO),[6] si è ritirata ufficialmente perché denunciata di voler selezionare il personale da riassumere, mentre probabilmente è stata fatta fuori per escluderla dalla spartizione di questi soldi.
D.4: Ma torniamo alle novità. Proprio oggi in fabbrica è apparso questo comunicato. L’impressione, visto in rete cos’è Algobrix, è che sia il “coniglio dal cilindro”, e che rimarrà la vera “produzione” di Ventures. Un “coniglio dal cilindro” con una sua apparente prospettiva di mercato. La prima domanda quindi è: a quant* di voi darà lavoro? E in definitiva: questi “nuovi sviluppi del vostro futuro” vi rassicurano, cambiano la vostra percezione della reindustrializzazione come di una finzione?
R.4: Per quanto riguarda gli erogatori, sembra davvero “fumo negli occhi”: basta guardarne la presentazione sulle loro pagine “social”. E comunque no, tutto questo non cambia di una virgola il nostro pensiero. I mattoncini arrivano già fatti, cioè con la componente elettronica già montata: altro che “kit di montaggio”, si tratterà solo di confezionare. Un conto è produrre, un conto è confezionare. A quant* di noi darà lavoro lo vedremo[7]; sicuramente, è scontato che in un capannone con quella metratura che ha dei costi non indifferenti…o si lavora tutti con i tre turni (ma almeno fino a novembre non sarà così) o non regge.
D.5: Quindi Algobrix servirà a tenere in piedi il teatrino, ma soprattutto a far dimenticare i robot per la pulizia dei pannelli solari . A quel punto, pensate di riprendere la lotta? Con quali obbiettivi?
R.5: A quel punto, bisogna puntare a ricoinvolgere Whirlpool, che rimane regista di tutta l’operazione. Per noi infatti tutto è stato pianificato dalla multinazionale americana utilizzando la trattativa con governo e sindacati per gestire la perdita di posti di lavoro in Italia (prima dell’accordo, vi fu un “pranzo di lavoro” – con tanto di foto sul quotidiano “la Repubblica” -, con la presenza sia di dirigenti Embraco e Whirlpool che di funzionari e segretari di UILM e FIOM).
D.6: Tenendo conto che la stessa gestione sindacale della vertenza è stata come sempre “a perdere”, cioè con grande impatto mediatico ma senza sfruttare il rapporto di forza che esiste finché non vengono smobilitati impianti, macchinari e magazzini, arriviamo al motivo di questa intervista, che serve a socializzare la vostra esperienza in particolare nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici di Whirlpool Napoli, che proprio in questi giorni (cioè il 24 luglio) si è nuovamente incontrata con sindacati e governo al Mise: all’ordine del giorno c’è ancora la possibilità che lo stabilimento venga venduto, con formule ed acquirenti ambigui, come nel vostro caso. La vostra esperienza può insegnare qualcosa?
R.6: Sì, appunto, che bisogna impedire a Whirlpool di uscire di scena, con l’alibi della crisi di mercato e la “foglia di fico” della reindustrializzazione.
D.7: “Whirlpool fabbrica disoccupati”, recita la scritta sulla maglietta degli operai francesi dello stabilimento di Amiens, una storia che anticipava la vostra. Leggendo la cronaca di quella vertenza, si resta colpiti dalla fortissima analogia: “non lasciatevi prendere in giro dalla Whirlpool”, dicono ora come consiglio per la vertenza di Napoli (e anche loro si battono affinché Whirlpool si “impegni nuovamente”).
R.7: Esatto, non bisogna farsi prendere in giro da una multinazionale che spadroneggia nel suo settore produttivo, dopo averne acquisito pezzi importanti in Italia, decidendo ora di chiudere qua e là per spostarsi altrove, avendo come unico fine l’aumento dei margini di profitto sulla pelle di centinaia di lavoratrici e lavoratori in tutt’Europa. Non bisogna farsi prendere in giro dai Calenda di turno, che sulla nostra vicenda ha cinicamente costruito la sua carriera politica, mentre il “suo” fondo anti-delocalizzazioni (il “paracadute” gestito da Invitalia previsto nell’accordo) scompare completamente dal nostro orizzonte. Proprio come l’incontro al Mise richiesto in questi giorni con Di Maio.
D.8: E bisogna riunificare le vertenze, ma il sindacato da questo orecchio non ci sente. In conclusione: secondo voi possiamo prefiggerci l’obbiettivo per settembre/ottobre di riaccendere i riflettori sulla vostra vicenda?
R.8: Certo, si può provare a rimettere in pista i sindaci del territorio, riattivare i nostri canali informativi (giornali, TV); c’è anche un profilo giuridico che si può valutare contro la truffa della reindustrializzazione. Comunque, senza le nostre incursioni televisive o la stessa nostra capacità di smuovere la politica, e quindi le istituzioni locali, nel ruolo di “sponsor” dei nostri viaggi a Roma o a Bruxelles, probabilmente oggi tutto sarebbe ancora più fermo. Infatti, la sensazione è che abbiamo “dato fastidio”: anche per questo, oggi per noi è più difficile esporci.
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Fin qui l’intervista. Intanto il 24 luglio, nell’incontro al Mise tra azienda, governo e sindacati su Whirlpool Napoli, ha preso corpo esattamente lo scenario appena descritto: formalmente, non si parla più di “reindustrializzazione”, ma la sostanza non cambia. E tutto rinviato a settembre, anche per Napoli: ma se “Napoli non molla”, anche a Chieri rialziamo la testa.
[1] Vedi volantino distribuito a inizio turno il 29/05/19.
[2] Si possono visionare su Ventures. Ex Lavoratori Embraco Gruppo Whirlpool: scorrendo la pagina, si arriva alle foto della nuova facciata dello stabilimento, e subito sotto vi sono i link aziendali.
[3] Elena Chiorino (Fratelli d’Italia), nuova assessora al Lavoro della Regione Piemonte.
[4] Il riferimento è al fatto che, come viene denunciato da mesi, il personale rientrato viene impiegato a “dare il bianco” ai muri.
[5] Idem.
[6] Azienda che opera nel riciclo di elettrodomestici usati.
[7] Un dato dell’ultima ora: la linea V-BLOCK “assemblata per il fine settimana” (posticipato a questo, è stata appena montata) è per 15 adetti. Quindi, ammesso che, in queste condizioni, si cominci davvero, comincia invece di fatto il tentativo di convincere anche i “superstiti” a lasciare l’azienda, utilizzando la cassa integrazione restante per cercare un altro lavoro.