*Il 17 ottobre, il capo del Comando Africano degli Stati Uniti (AFRICOM), il generale del Corpo dei Marines degli Stati Uniti Michael Langley, ha visitato il Marocco. Langley ha incontrato alti dirigenti militari marocchini, tra cui l’ispettore generale delle forze armate marocchine Belkhir El Farouk. Dal 2004, l’AFRICOM ha tenuto la sua “più grande e importante esercitazione annuale”, African Lion, in parte sul suolo marocchino. Lo scorso giugno, dieci Paesi hanno partecipato all’African Lion 2022, con osservatori di Israele (per la prima volta) e dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO).
Per comprendere l’evolversi della situazione, gli amici di No Cold War hanno preparato il briefing n. 5, NATO Claims Africa as Its ‘Southern Neighbourhood’ che analizza come la NATO ha iniziato a sviluppare una visione proprietaria dell’Africa e come il governo statunitense consideri l’Africa un fronte prioritario nella sua Dottrina Monroe globale. Il documento può essere letto integralmente in questa traduzione italiana e scaricato, in lingua inglese, qui.
Una Nuova Dottrina Monroe?
Questa visione paternalistica dell’Africa sembra essere ampiamente diffusa a Washington. Ad aprile, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato a stragrande maggioranza, con un voto di 415-9, il Countering Malign Russian Influence Activities in Africa Act. La legge, che mira a punire i governi africani che non si allineano alla politica estera statunitense in riguardo alla Russia, è stata ampiamente condannata in tutto il continente per il mancato rispetto della sovranità dei Paesi africani, con il ministro degli Esteri sudafricano Naledi Pandor che l’ha definita “assolutamente vergognosa”.
Gli sforzi degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali per coinvolgere l’Africa nei loro conflitti geopolitici sollevano serie preoccupazioni. In particolare viene da chiedere se gli Stati Uniti e la NATO utilizzeranno la loro vasta presenza militare nel continente per raggiungere i loro obiettivi.
AFRICOM: proteggere l’egemonia di Stati Uniti e NATO
Nonostante la retorica di Washington di promuovere la democrazia e i diritti umani in Africa, in realtà l’AFRICOM mira a garantire l’egemonia statunitense sul continente. Gli obiettivi dichiarati dell’AFRICOM includono la “protezione degli interessi statunitensi” e il “mantenimento della superiorità sui competitor” in Africa. In realtà, la creazione dell’AFRICOM è stata motivata dalle preoccupazioni di “coloro che sono allarmati dalla crescente presenza e influenza della Cina nella regione”.
Fin dall’inizio, la NATO è stata coinvolta nella missione, con la proposta originale avanzata dall’allora Comandante Supremo delle Forze Alleate della NATO James L Jones, Jr. Su base annuale, l’AFRICOM conduce esercitazioni di addestramento mirate per migliorare l’“interoperabilità tra i militari africani e le forze per operazioni speciali degli Stati Uniti e della NATO”.
La natura distruttiva della presenza militare degli Stati Uniti e della NATO in Africa è stata esemplificata nel 2011 quando – ignorando l’opposizione dell’Unione Africana – gli Stati Uniti e la NATO hanno lanciato il loro catastrofico intervento militare in Libia per rimuovere il governo di Muammar Gheddafi. Questa guerra di cambio di regime ha distrutto il Paese; un Paese che fino alllora era il più avanzato tra le nazioni africane per quel che riguarda l’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. A distanza di oltre un decennio, i principali risultati dell’intervento in Libia sono stati il ritorno dei mercati degli schiavi nel Paese, l’arrivo di migliaia di combattenti stranieri e una violenza senza fine.
In futuro, gli Stati Uniti e la NATO invocheranno l’”influenza maligna” di Cina e Russia come giustificazione per interventi militari e cambi di regime in Africa?
L’Africa rifiuta una Nuova Guerra Fredda
Il 13 ottobre, all’inaugurazione dell’Accademia diplomatica europea, il capo diplomatico dell’Unione europea, Josep Borrell, ha dichiarato: “L’Europa è un giardino… Il resto del mondo… è una giungla, e la giungla potrebbe invadere il giardino”. Come se la metafora non fosse abbastanza chiara, ha aggiunto: “Gli europei devono impegnarsi di più con il resto del mondo, altrimenti, il resto del mondo ci invaderà”. I commenti razzisti di Borrell sono stati messi alla gogna sui social media e sviscerati al Parlamento europeo da Marc Botenga del Partito dei Lavoratori belga (PTB), mentre una petizione del Movimento per la Democrazia in Europa (DiEM25) che chiede le dimissioni di Borrell ha raccolto oltre 10.000 firme.
La mancanza di conoscenza storica di Borrell è significativa: sono l’Europa e il Nord America che continuano ad invadere il continente africano, e sono queste invasioni militari ed economiche che causano le migrazioni delle popolazioni africane. Come ha detto il presidente Sall, l’Africa non vuole essere un “terreno di coltura di una Nuova Guerra Fredda”, ma un luogo sovrano di dignità.
Con affetto,
Vijay
*Traduzione della quarantaquattresima newsletter (2022) di Tricontinental: Institute for Social Research.