“Niente sarà più come prima” si diceva nei primi mesi della pandemia: ora in tutta Italia questo slogan sembra si stia concretizzando, ma ai danni delle classi popolari di questo paese, dei milioni di persone che ogni giorno lavorano e ne producono la ricchezza. A tutti i livelli, infatti, imprenditori e politici senza scrupoli stanno utilizzando la pandemia per attaccarci, e quello che sta succedendo a Venezia non fa eccezione.
Cominciamo però da Roma: qui mercoledì 14 luglio Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia ed in passato dirigente di Confindustria, ha lanciato ufficialmente il partito con cui proverà a proiettarsi a livello nazionale, “Coraggio Italia!”. Ha già imbarcato il presidente della Liguria Giovanni Toti, l’ex coordinatore di Forza Italia Marco Marin, e un totale di 24 deputati e 7 senatori fuoriusciti chi da Forza Italia, chi dai 5 Stelle. Brugnaro ha rilasciato interviste, ha fatto discorsi pieni di belle parole a una platea piena di gente bella e ben vestita, ha parlato delle periferie e delle classi popolari per cui lui vorrebbe ripristinare “l’ascensore sociale”. Ma sappiamo bene che con le parole si può fare di tutto, e spesso con le parole i lupi si fanno agnelli per poi papparseli.
Per fortuna oltre alle parole ci sono i fatti, fatti che hanno la testa dura, di cui Brugnaro si è ben guardato dal parlare mentre presentava “Coraggio Italia”, e che ci riportano a Venezia. Fatti come la vertenza che de sei mesi oppone il Sindaco di Venezia e i dirigenti dell’azienda del trasporto pubblico locale alle centinaia di lavoratori e lavoratrici (circa 1700 in totale) di quella stessa azienda. Comincia tutto a fine gennaio, quando l’ACTV – Azienda del Consorzio Trasporto Veneziano, che fa parte della holding AVM insieme ad altre due partecipate e gestisce il trasporto su gomma e su nave della città metropolitana di Venezia – comunica la disdetta unilaterale dei contratti integrativi di secondo livello, con effetto a partire dal 2023. Anche se il bilancio del 2020 è finito in attivo, si dice che, tra l’acqua alta che aveva colpito la città a fine 2019 e la pandemia, le vacche sono dimagrite e ora bisogna rinunciare ai privilegi accumulati in passato, grazie a una storia di lotte e mobilitazioni, ma ora divenuti insostenibili. Concretamente si parla di un taglio degli stipendi che arriva al 30-40%. Senza aspettare il 2023, già ora ai lavoratori e alle lavoratrici si chiedono sacrifici, come la rinuncia ad un riposo al mese: i dirigenti, però, continuano tranquillamente a dividersi gli utili. La reazione sindacale è stata immediata, per contrastare sia l’unilateralità della decisione sia il suo contenuto. Dopo una sequela di scioperi, incontri e riunioni, in cui il Sindaco è arrivato a definire “sabotatori” i lavoratori e le lavoratrici che scioperavano, in questi giorni è in corso una trattativa per definire da un punto di vista normativo l’accordo-ponte che dovrebbe portare fino al 2023 (mentre la parte economica verrà discussa a ottobre). E c’è un punto chiave su cui la distanza pare incolmabile: USB e CGIL chiedono che venga sbloccato il turnover che è stato congelato a inizio 2021, e che quindi i lavoratori che stanno andando in pensione vengano regolarmente sostituiti. I dirigenti AVM/ACTV e il Comune si oppongono, proponendo in cambio un vero e proprio ricatto – se volete che arriviamo a discutere della parte economica, dovete firmare questo accordo.
Può sembrare un dettaglio, ma in realtà è su questo passaggio che si gioca tutta la vertenza: se il turnover non viene sbloccato – e se ciò non viene fatto con numeri chiari, messi nero su bianco, che dicano quanti lavoratori e quante lavoratrici verranno assunti/e, perché le promesse generiche non bastano – non si avrà alcuna garanzia sul futuro dell’azienda.
Le strade sono due: o l’organico rimane quello che è ora, con gli stessi numeri di inizio 2021, e l’ACTV continua quindi a essere quella parte fondamentale della vita di Venezia che è sempre stata, garantendo ai cittadini e alle cittadine la possibilità di spostarsi su tutto il territorio della città metropolitana (un territorio in cui il trasporto pubblico è necessario, dato che per metà si estende sull’acqua!); oppure l’organico verrà ridotto, e di conseguenza l’ACTV verrà ridimensionata, alcune linee verranno privatizzate, solo quelle economicamente redditizie verranno mantenute, le condizioni di lavoro dei dipendenti peggioreranno come sempre accade in questi casi, e il trasporto pubblico marcerà spedito verso la privatizzazione. Diversi indizi lasciano pensare che questo sia il piano dell’azienda, ad esempio il fatto che quest’anno, contrariamente al solito, a inizio estate non siano state assunte quelle decine di lavoratori stagionali che ogni anno permettono di fare fronte all’aumento di lavoro del periodo estivo – si è preferito subappaltare alcune linee ad Alilaguna, l’azienda interamente privata che solitamente gestisce il trasporto da e per l’aeroporto di Venezia, con mezzi inadatti a trasportare i numeri di persone delle linee su cui viaggiano normalmente vaporetti e motoscafi. Solo la mobilitazione dei sindacati ha poi imposto di assumere, come al solito, gli stagionali che, come ogni anno, contavano su questo lavoro.
La vertenza in corso è quindi centrale per Venezia e per il suo futuro, ma la sua importanza arriva anche oltre i confini della laguna: se questa manovra riesce, quanto ci vorrà prima che nel resto d’Italia altre città seguano lo stesso percorso, e altre aziende del trasporto pubblico vengano orientate al profitto anziché all’utilità appunto pubblica del servizio che svolgono? E se questo ricatto riesce, cosa pensate che proporranno Brugnaro e la sua truppa nella loro agenda politica?
Se proviamo ad allargare ulteriormente il campo e a mettere in fila un po’ di fatti, la situazione non migliora. Dopo settimane di violente aggressioni contro lavoratori della logistica in tutto il Nord Italia, il 18 giugno Adil Belakdhim è stato ucciso perché stava scioperando. Il 30 giugno è stata sbloccata la possibilità di licenziare per le aziende, e la GKN a Firenze, la Whirlpool a Napoli, la ABB a Vicenza, la Gianetti a Monza, e chissà quante altre piccole aziende in tutta Italia hanno cominciato a farlo, lasciando a casa migliaia di lavoratori senza farsi troppi problemi. Il 9 luglio in Parlamento tutte le forze politiche hanno votato a favore di un emendamento che liberalizza di nuovo l’uso dei contratti a tempi determinato, cioè precari, cancellando le limitazioni al loro utilizzo che erano state fissate con il Decreto Dignità. Tutti hanno fretta, fretta di far ripartire l’economia, e tutti lo stanno facendo colpendo i lavoratori e le lavoratrici di questo Paese, colpendo i loro diritti, i loro salari, le loro vite.
Il ricatto di Brugnaro ai dipendenti dell’ACTV è parte di questo attacco generale: appena ha intravisto la possibilità di colpire i diritti e le buste paga di chi lavora in ACTV, e di aumentare il profitto dei privati, non ha esitato a farlo. Ma per fare ricatti del genere non serve coraggio, bastano violenza e arroganza. Il coraggio è quello dei lavoratori e delle lavoratrici dell’ACTV, e di chi come loro, dalla GKN alla logistica, dalla Whirlpool ai campi dei braccianti, difende a testa alta i diritti di tutti!
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