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Proseguire la resistenza, costruire il conflitto: la spesa solidale a Casal Bruciato

Squilla il telefono e M., un* nostr* compagn*, risponde. All’altro capo una donna con la voce bassa, tre-mante: “Mi vergogno anche a dirlo… chiamo per i pacchi”. La donna scoppia in lacrime, M. la rassicura. “Ho il frigo vuoto”, continua lei, “e non so come arrivare a fine settimana”. M. ha ricevuto decine di telefonate uguali a questa. Oggi sente solo rabbia, ma le prime volte gli si stringeva lo stomaco. Perché la realtà sappiamo bene come è fatta ma, affondarci le mani dentro è tutta un’altra cosa; pure se da anni lo fai quotidianamente.

Quando è scoppiata l’epidemia avremmo dovuto festeggiare il primo anno di attività della Casa del Popolo. Era l’inizio di Marzo eppure sembra passato un secolo. In quei primi giorni la sensazione prevalente era di smarrimento. Cosa fare, sospendere le attività o continuarle? Quanto sarebbe durata la quarantena? Abbiamo chiuso, ma siamo rimasti con gli occhi e le orecchie ben aperti.

All’inizio pensavamo che il bisogno principale fosse la consegna a domicilio della spesa alle persone anziane, costrette in casa dall’epidemia. Ci siamo organizzati di conseguenza, abbiamo fatto girare la voce nel quartiere e abbiamo atteso. Invano. Come al solito, è stata la realtà a bussare alla nostra porta.

La prima persona a chiedercelo è stata una signora che frequenta assiduamente la Casa del Popolo. R. fa le pulizie al nero e con l’epidemia non può lavorare. “Non riesco ad arrivare a fine mese,” ci ha detto, “aiutatemi”. Contemporaneamente, su una delle nostre chat, un’utente del corso di lingua ci scriveva: “Non posso uscire a consegnare la spesa, ma vorrei fare una donazione”. Così è partita la spesa solidale.

All’inizio acquistavamo in un alimentari, ci affidavamo al passaparola, e impegnavamo 5/6 compagn*. In breve tempo però le richieste si sono moltiplicate. Ci siamo organizzati con il resto di Potere al Popolo Roma: abbiamo aperto un crowdfunding (che è ancora attivo), e a Casal Bruciato abbiamo stretto accordi con un supermercato, prodotto e distribuito un volantino, sistematizzato il metodo di richiesta e di consegna, impegnato altr* volontar* e risposto rapidamente all’esigenza delle persone.

Dallo smarrimento iniziale, in poco tempo, siamo passati a costruire un intervento concreto e immediato con risultati che van-no ben oltre le nostre aspettative: 6000 euro raccolti, 200 pacchi consegnati, 420 persone raggiunte, 25 militant* coinvolti in poco più di un mese. Sono numeri importanti, ma non restituiscono a pieno il senso di ciò che è successo. Sin dal primo momento infatti, ci siamo resi conto di due cose.

  1. A Casal Bruciato (uno dei quartieri più popolari di Roma, nel municipio più affollato e col penultimo reddito pro capite della città) la popolazione, che era in sofferenza già prima dell’epidemia, stava subendo un colpo gravissimo; ma noi potevamo intervenire in maniera concreta.
    Abbiamo ricevuto centinaia di chiamate tutte diverse tra loro, ma tutte simili. Per ogni chiamata, per ogni richiesta, abbiamo da un lato costruito un legame con la nostra comunità e dall’altro raccolto dati e informazioni che ci hanno permesso di fotografare lo stato del quartiere pre e post Covid. Molti dati sono ancora in fase di elaborazione, ma una parte è già pronta.

    Composizione dei nuclei familiari.

    Le richieste vengono da nuclei familiari piccoli. Parliamo di singol*, coppie o famiglie di 3/4 persone (circa il 50% delle richieste viene da famiglie di 3/4 persone) mentre l’incidenza di nuclei familiari numerosi è molto bassa.

    Età/genere dei richiedenti.

    L’età per il 45% è inferiore ai 50 anni, il 32% oltre i 65, il 23% è compresa tra 50/65. Mentre l’80% è donna (molto spesso si tratta di madri sole o separate) e il 20% di uomini (costituito quasi totalmente da persone sole).

    Condizioni lavorative dei richiedenti.

    Partiamo dal presupposto che la maggioranza era pensionata o disoccupata prima dell’emergenza. Con la pandemia, nel nostro campione di contatti (solo a livello di richiedenti) su 53 lavoratrici e lavoratori, 35 hanno perso il lavoro; di questi 28 erano al nero o comunque “informali”, mentre solo 7 aveva un contratto formale. Delle 18 persone che hanno mantenuto il lavoro invece il 100% aveva un contratto formale. La pandemia sta colpendo lavoratrici e lavoratori, soprattutto quando non hanno contratti stabili.

    Frequenza delle consegne.

    Nelle prime settimane le richieste erano prevalentemente mensili (un pacco al mese); col passare del tempo la tendenza si è invertita e le persone (sia i nuovi contatti che quelli precedenti) oggi richiedono quasi sempre consegne bisettimanali. Con il prolungarsi dell’emergenza, quindi, sono peggiorate le condizioni economiche.

    Sussidi statali.

    Abbiamo chiesto alle persone che ci contattavano se avessero fatto richiesta e ricevuto Cassa Integrazione o Bonus Spesa. Tutti i lavoratori con con-tratto formale hanno risposto di essere in Cassa Integrazione, ma nessuno l’ha ricevuta. Per il Bonus Spesa il discorso è simile: chi ha fatto richiesta (fatta eccezione per pochissimi richiedenti, che comunque non hanno ancora incassato il bonus) non ha ricevuto alcuna risposta. Il Governo e le Amministrazioni locali sono assenti.

    Quadro istituzionale.

    L’inchiesta, infine, si inserisce in un contesto politico territoriale in forte agitazione. La giunta municipale, da tempo in bilico, è caduta qualche giorno fa. Ufficialmente per una questione di investimenti (la presidente ha approvato, durante l’emergenza sanitaria, il finanziamento di una festa per il prossimo Capodanno). In realtà pesa il malcontento dei territori per la gestione opaca degli aiuti alimentari durante l’epidemia e l’incapacità di affrontare i problemi reali della gente.

  2. Le persone che ci hanno contattato e continuano a contattarci molto spesso non si limitano ad una semplice richiesta di aiuto. Da un lato chiedono spiegazioni: perché siamo lasciati indietro? Dall’altro vogliono risposte politiche: cosa possiamo fare? Non solo. Anche se in numero ridotto e limitato, alcune delle persone che hanno ricevuto il nostro aiuto si sono offerte a loro volta di partecipare alla distribuzione e stanno dando una mano con le consegne. Questo secondo noi è l’aspetto più importante. Perché dimostra che sul territorio, attraverso le nostre pratiche, non solo riusciamo a costruire legami e comunità, contribuendo materialmente al miglioramento delle condizioni esistenziali delle persone, ma creiamo partecipazione attiva, facendo emergere le contraddizioni.Nonostante qui (come nel resto di Roma e del Paese) la fine della “fase uno”, quella della resistenza all’emergenza, sia ancora molto lontana, la “fase due” è già iniziata. Ora si tratta di portare quanto abbiamo imparato e costruito in questi mesi di resistenza sul piano della lotta per far si che siano lo Stato e le istituzioni a dare risposta alla crisi nei quartieri popolari. Ci attendono mesi complicati, peggiori di quelli trascorsi. Lo schifo in cui affonderemo le mani aumenterà, ne siamo più che certi. E oggi, quando squillerà il telefono, F (come tutt* noi) proverà ancora tanta rabbia. Ma con una consapevolezza enorme, quella di avere tutti gli strumenti e le energie per guardare al futuro con grande ottimismo e incidere concretamente sulla realtà. E questo, compagn*, non è affatto poco.

Un servizio ANSA sul nostro lavoro nel quartiere

LA #SPESASOLIDALE IN UN SERVIZIO DELL'ANSA.it✅ Ieri mattina, insieme alle persone che abitano il quartiere e animano la comunità della Casa del Popolo – Casal Bruciato, abbiamo parlato con la giornalista Roberta Benvenuto di come le classi popolari hanno vissuto e affrontato l’epidemia. Sì è parlato di spesa solidale, di sussidi statali che non sono mai arrivati, di abbandono, di sofferenza, di rabbia. ⤵

Gepostet von Casa del Popolo – Casal Bruciato am Samstag, 23. Mai 2020

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