Ieri è arrivata una bella notizia: #PatrickZaki, dopo quasi due anni di detenzione amministrativa, è stato liberato.
Per la Presidente del Consiglio Giorgia #Meloni è merito di Al-Sisi che andrebbe anche ringraziato per questo bel gesto. Peccato però che la scarcerazione di #zaki sia avvenuta nonostante il regime di Al-Sisi e grazie invece alla mobilitazione popolare di associazioni, movimenti, organizzazioni e cittadin*, un mondo di cui facciamo fieramente parte.
In questi due anni di detenzione di Zaki la classe politica italiana ha infatti dimostrato tutto il suo opportunismo. Il baratto di vite umane con una criminale politica migratoria e l’affermazione degli interessi produttivi e commerciali dei gruppi imprenditoriali nostrani è la regola dei rapporti che i governi italiani intrattengono con il Nord Africa (e non solo).
Ce lo dice il fatto che si continua a vendere armi all’Egitto. Ce lo dice l’indifferenza sul caso Regeni. Ce lo dice la brutalità con cui le persone vengono lasciate morire in mare o nei Lager libici e tunisini.
La liberazione di Zaki non deve farci dimenticare che in molti dei paesi con cui i nostri governi intrattengono cordiali rapporti politici, dall’Egitto alla Turchia, il mancato rispetto dei diritti umani, così come la persecuzione e l’incarcerazione di membri dell’opposizione politica, attivist e giornalist è la norma. Lo sa bene la famiglia #Regeni.
Allo stesso modo, non dobbiamo dimenticarci che questi comportamenti non sono propri solo delle lontane “utili dittature”.
Le persone che lottano sono perseguitate, processate e incarcerate anche nel nostro “democratico” paese. Ne sa qualcosa chi, come Nicoletta Dosio, lotta contro il Tav.
Lo sa bene chi si impegna quotidianamente per il diritto alla casa o per condizioni degne sui luoghi di lavoro.