Abitiamo in una città bellissima e maledetta. Per spostarci impieghiamo ore di traffico in auto o sui mezzi pubblici. Chi di noi ha un lavoro lascia gran parte del suo stipendio in un affitto o in un mutuo, chi di noi non ce l’ha riesce a sopravvivere arrangiandosi, rinunciando a tanto. Tanti hanno dovuto lasciare questa città, o spostarsi in quartieri sempre più periferici, senza servizi, senza spazi per fare sport, teatro o coltivare le proprie passioni. Ci sono decine di cliniche e ospedali ma liste d’attesa di settimane. Per vedere la nostra città arrivano visitatori da tutto il mondo, ma noi in centro non riusciamo ad andarci quasi mai. È una cittàdove progettare una vita dignitosa e immaginare un futuro sembrano diventati un’impresa impossibile, dove la disoccupazione e il lavoro sottopagato sono una piaga dilagante.
Ma se noi – la maggioranza di questa città – viviamo così, sappiamo che questa non è l’unica Roma che esiste. Esiste una Roma ricca, una Roma che non ha bisogno di lavorare, chi vive nel lusso grazie a speculazioni sugli affitti ed altre rendite sicure, una Roma proprietaria di grandi locali o catene di negozi dove si lavora in nero o si evadono le tasse, una Roma che in combutta con una mala politica ha ottenuto appalti pubblici e privilegi. Una Roma che non è mai stata toccata da chi ha governato la città negli ultimi decenni. Una Roma che ci detesta e che ci vuole sempre più lontano dal centro e dai luoghi che frequenta.
Infatti anche l’amministrazione Raggi, eletta annunciando un radicale cambio di passo, ha dimostrato il proprio fallimento nel realizzare quel “cambiamento” promesso soprattutto rispetto agli abitanti dei quartieri popolari, non andando a scalfire gli interessi dei veri padroni di Roma, proprio come avevano fatto le giunte precedenti di destra e di centro-sinistra. Proprio quelle forze che, facendo finta di non essere complici del disastro in cui versa oggi la nostra città, aspettano al varco la fine del mandato dell’attuale giunta per rimetterci le mani sopra.
Responsabilità che vengono da lontano
In questi decenni, la perdita di centralità di Roma rispetto al contesto nazionale ed europeo, è diventata occasioneper mettere la nostra città a disposizione degli avvoltoi e agli affaristi di ogni risma invece cheper progettare un futuro adeguato allo sviluppo sostenibile dei suoi abitanti. La città ha subito sulla propria pelle lo smantellamento avviato dagli anni ’90 dell’apparato pubblico, su cui si basavano sia i servizi che l’occupazione, registrando una diminuzione complessiva del PIL con una crescita della quota dei servizi a basso valore aggiunto e del lavoro povero.
A questo si è sommato l’aggressiva privatizzazione dei beni pubblici e dei servizi essenziali con le conseguenti esternalizzazioni di migliaia di lavoratori e la riduzione/degrado dei servizi.
Una tendenza che sul piano sociale ha significato, soprattutto dalla crisi del 2008 in poi, un aumento delle disuguaglianze interne, della disoccupazione, dell’emigrazione di massa di giovani diplomati e laureati, un’esplosione del numero di lavori sottopagati, a nero e sempre meno qualificati, l’impoverimento di vasti strati della popolazione e il crollo delle condizioni di vita nelle periferie.
Una parabola che ha diretti responsabili politici. Un declino figlio di quel “Modello Roma” del centrosinistra formalizzato da Veltroni ma già attuato da Rutelli. Una proposta che ha visto come unico rilancio della città la rendita immobiliare, la finanziarizzazione, il turismo di massa, il terziario specializzato e il terzo settore delle cooperative. Un modello che ha comportato investimenti solo negli ambiti che potevano essere messi a profitto e nelle aree centrali, con la conseguente esclusione di chi non entrava in questa valorizzazione.
Le giunte successive di destra (Alemanno) o del M5S (Raggi) hanno continuato in questo solco, intrecciandosi al sistema clientelare da sempre presente, e nella connivenza con imprenditori, palazzinari e finte cooperative, come in parte portato alla luce da numerose inchieste giudiziarie (basti citare Mondo di Mezzo e quella sullo stadio della Roma).
Per anni sono state imposte alla nostra città scelte politiche giustificate da un’acritica accettazione dei vincoli di bilancio e dai Patti di Stabilità (locale, nazionale, europeo) che hanno impedito di investire in spesa pubblica e soprattutto nel sociale.
Negli ultimi dieci anni sono stati tagliate oltre l’80 per cento delle risorse per le politiche abitative, per le scuole, per la manutenzione di strade, del verde pubblico, del trasporto locale e delle attività culturali. Per il rientro del debito di Roma si continuano a sottrarre centinaia di milioni all’anno in interessi altissimi a banche e a enti pubblici, e la ricontrattazione del debito comunale promessa in campagna elettorale dai Cinquestelle non è ma mai avvenuta.
Eppure Roma è Bellezza, è Cultura, è Storia, è Tradizione deve ricevere finanziamenti adeguati, e tali risorse, finanziarie e umanistiche devono essere fruibili da parte di tutti i cittadini, nessuno escluso!
Che città vogliamo?
Crediamo allora sia arrivato il momento di prendere parola per dare voce ai nostri interessi, perché ad oggi non ci rappresenta nessuno. Siamo stanchi della solita politica che negli anni ha abbandonato ogni ipotesi di reale cambiamento della società, stanchi di una politica che nonostante l’alternarsi di forze di diversi colori fa le stesse scelte e privilegia gli stessi interessi, procedendo nell’interesse delle grandi imprese, dei palazzinari e del capitale finanziario, una politica che giustifica ogni immobilismo e taglio alla spesa pubblica con la logica dell’inevitabilità.
Qual è il cambiamento per noi? Vogliamo una politica che faccia gli interessi di chi a Roma ci vive e a Roma la vive. Più del 90% degli abitanti di Roma risiede fuori ormai dai quartieri centrali e il 50% oltre il Raccordo Anulare. Anche questa è Roma. Se un cambiamento in meglio deve esserci per tutti, deve parlare di equità e giustizia sociale, di redistribuzione delle ricchezze e delle risorse disponibili, di inclusione vera, deve farsi carico di investimenti e risorse, nessuno deve essere escluso ghettizzato e marginalizzato.
Come prima cosa crediamo che sia fondamentale una gestione pubblica, trasparente e efficiente dei servizi essenziali, tramite un piano di investimenti concreto in tutti i quartieri, rifiutando i vincoli di austerità e il ricatto del debito comunale. Contro le privatizzazioni volute e sostenute da centrosinistra e centrodestra, pretendiamo un piano di assunzioni straordinario e la immediata re-internalizzazione e ripubblicizzazione dei servizi ceduti ai privati, tra cui anche il servizio idrico. Roma ha bisogno di un vero e proprio piano per il lavoro, ha bisogno di giardinieri, assistenti sociali, educatori, operatori ecologici, lavoratori della cultura… Altri posti di lavoro devono essere creati con un piano di riconversione energetica della città, per ridurre drasticamente le emissioni di CO2.
Esigiamo una redistribuzione della ricchezza da chi in questi anni di crisi si è arricchito sulle spalle degli altri: a partire dalla rendita immobiliare, da chi ha vissuto all’ombra degli appalti dei servizi pubblici, da chi ha approfittato dei mancati controlli sui contratti di lavoro pubblico e privato per aumentare lo sfruttamento. Un’alternativa che realizzi una delle tante promesse disattese del M5S: audit sul debito di Roma, per definire quale quota è stata contratta ingiustamente e non va pagata.
Rivendichiamo un’immediata soluzione all’emergenza abitativa, che passa per un nuovo piano di edilizia residenziale pubblica e non per forme private di favori a palazzinari. Ci opponiamo ad ogni sgombero e sfratto sostenendo la sanatoria per gli aventi diritto, contro la svendita della Regione Lazio del patrimonio pubblico nelle zone centrali. Siamo a fianco dei cittadini truffati dai Piani di Zona.
L’ambientalismo è una nostra parola d’ordine, contro l’ulteriore cementificazione e speculazione sul nostro territorio. Recuperiamo edifici sia pubblici che privati abbandonati al degrado da mettere a disposizione della comunità per uso abitativo o sociale.
Essere ambientalisti significa anche pretendere un piano serio di rifiuti, che metta in discussione la produzione e lo smaltimento, senza facili scorciatoie elettorali di discariche improvvisate e inceneritori, significa studio e ricerca delle soluzioni migliori per la città e i suoi abitanti. Serve inoltre una rete di trasporto efficiente e a basso tasso di inquinamento, che permetta alle periferie di non essere ulteriormente emarginate dal centro della città.
Crediamo che l’attuale turismo di massa senza regole non possa essere la soluzione per Roma. I servizi stanno collassando perché già insufficienti per gli abitanti, inoltre sappiamo che gli immensi profitti di questo settore finiscono quasi interamente in mano privata, sia agenzie multinazionali che imprenditori italiani, lasciando solo le briciole alla città, a chi ci vive e a chi ci lavora. Pretendiamo un’immediata redistribuzione della tassa di soggiorno verso i quartieri della periferia. Insomma il turismo va gestito, amministrato, controllato e indirizzato per il bene comune, non può essere un fenomeno che va contro il benessere degli abitanti.
Rifiutiamo l’ondata repressiva nei quartieri, che ci sembra essere purtroppo oramai l’unica forma di intervento delle amministrazioni, criminalizzando chi vive nelle zone popolari. Siamo contro il piano di sgombero delle occupazioni e delle realtà sociali e il loro effettivo riconoscimento come luoghi di aggregazione e di costruzione di comunità sganciate dalla logica del profitto.
Rifiutiamo la guerra tra poveri che proviene dalla narrazione fascista e reazionaria di Salvini e della destra, che tenta di inserirsi – grazie anche all’incredibile pubblicità concessa dai media – si proprio là dove esplode una rabbia sociale figlia di condizioni di vita sempre. È paradossale che gli stessi personaggi che sono stati al governo di Roma con Alemanno per 5 anni, pensando solo a far assumere i loro parenti dalle municipalizzate, facendo affari con Buzzi e Carminati, e continuando il processo di riduzione dei servizi pubblici, oggi si ergano a paladini di quelle stesse periferie che hanno abbandonato.
Pretendiamo una Sanità Pubblica gratuita ed efficiente, in opposizione all’amministrazione Regionale che negli ultimi mandati ha continuato nello smantellamento e nella privatizzazione del sistema, chiudendo ospedali pubblici e regalando risorse e possibilità di espansione a privati, soprattutto religiosi. Se è pur vero che il Comune non ha responsabilità dirette (tranne in un caso: l’ex Ospedale San Giacomo) non abbiamo però sentito in questi anni né dalla sindaca Raggi, né dalle giunte precedenti, un grido di protesta nei confronti delle politiche sanitarie regionali. Bisogna invece considerare che il Sindaco è il garante della Tutela della Salute dei suoi cittadini e come tale ha il diritto-dovere di farsi portavoce presso le Istituzioni Regionali e Ministeriali, per far rispettare l’articolo 32 della Costituzione sulla Tutela della Salute Pubblica.
Siamo contro ogni forma di discriminazione e violenza di genere. Negli ultimi anni a Roma si è inasprito il feroce attacco verso i consultori che nel tempo hanno subito una drastica diminuzione. Crediamo che la lotta per i diritti di tutti e tutte passi anche attraverso la tutela e la difesa di questo servizio essenziale per la salute di ogni donna o famiglia in difficoltà.
Una sfida politica che passa per le elezioni comunali ma va oltre.
Per concludere, nel percorso verso le elezioni comunali di Roma, in molti annunciano di rappresentare un’alternativa, ma noi abbiamo imparato che ci propongono solo una “variazione sul tema”, senza alcun elemento di discontinuità negli interessi che si intende privilegiare nelle scelte sulla città.
Come siamo presenti nella battaglia politica di tanti territori sul piano nazionale, così vogliamo contribuire a rappresentare una vera opposizione ed una alternativa in questa città. Partendo dalla consapevolezza che riprodurre vecchi schemi e vecchie logiche non può essere la soluzione, siamo convinte e convinti della necessità di un progetto a lungo termine che abbia come obiettivo principale ridare voce alle periferie, ai lavoratori e alle lavoratrici di questa città. Non è una sfida elettorale, è una sfida politica.
Dare una risposta di cambiamento reale oggi deve assolutamente rompere con malcapitate alleanze in nome di un antifascismo troppo labile per essere vero, perché i fascisti strumentalizzano il disagio sociale raccogliendo i danni seminati da chi ha governato finora a Roma, dimenticandosi che la destra ha malgovernato esattamente come il Pd e il M5S, lasciando immutati i rapporti di forza in favore dei soliti noti.
Sappiamo che in questa città ci sono tanti come noi che non si rassegnano alla precarietà, al traffico, al degrado dei luoghi pubblici, allo smantellamento dei servizi. Tanti che come noi resistono all’avanzare delle disuguaglianze lottando sul proprio posto di lavoro, nel proprio quartiere, contro le speculazioni ambientali e contro gli sfratti. Tanti che come noi provano a valorizzare i loro quartieri con attività e momenti collettivi di sport, di festa, di solidarietà, di cultura, di cura e recupero degli spazi comuni.
Per chi come noi non ha intenzione di sedere alla tavola della spartizione del declino della nostra città è il momento di avere uno scatto d’orgoglio e puntare al riscatto popolare nella nostra città.
Accettando questa sfida, proporremo a breve un momento di discussione aperto alla città.