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NONOSTANTE IL DOLORE NEL MONDO, IL SOCIALISMO NON È UNA LONTANA UTOPIA

Ogni mattina apro i giornali (ora su app piuttosto che su carta stampata) e leggo delle atrocità che avvengono in tutto il mondo. C’è un’inflazione di dolore, dal genocidio a Gaza alla guerra in Sudan e alla violenza caotica non riportata dai media in Myanmar e dintorni. Questi conflitti sembrano interminabili e potrebbero persino confondere l’osservatore occasionale che non li segue da vicino.

L’attuale fase della guerra in Sudan è iniziata nell’aprile 2023, con le Forze Armate Sudanesi (guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan) schierate contro le Rapid Support Forces (guidate dal comandante Mohamed “Hemedti” Hamdan Dagalo). In Myanmar, il conflitto si è inasprito nell’ottobre 2023, quando l’esercito (noto come Tatmadaw) ha dovuto affrontare una nuova insurrezione da parte della Chinland Defence Force, della People’s Defence Force e della Three Brotherhood Alliance, che, a maggio 2024, hanno conquistato complessivamente poco più di un terzo del territorio del Paese. Nel frattempo, a Gaza, l’alleanza tripartita tra Israele, Stati Uniti ed Europa continua il genocidio contro il popolo palestinese. Persino i giornali hanno smesso di riportare i dettagli di queste atrocità, chi legge i giornali si allontana dalle storie di morte e distruzione. Le dispute tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il suo ex braccio destro Elon Musk sono molto più facili da digerire.

Mentre la guerra devasta il pianeta, sempre più persone soffrono la fame rispetto all’anno scorso, nonostante l’aumento della produzione alimentare globale. Eppure non c’è molta differenza tra l’omicidio strutturale causato dalla fame e l’omicidio congiunturale causato dalla guerra. La sofferenza urla nelle viscere del Sud globale, dove si concentra la maggior parte del dolore. Ma questa sofferenza non è astratta né priva di logica. Palestina, Sudan, Myanmar: ognuno di questi luoghi ha una storia da raccontare. È la debolezza dello spirito che può portare le persone ad alzare le mani in segno di disperazione e ad attribuire questa violenza al destino o all’inspiegabile comportamento umano. Un simile atteggiamento permette ai filosofi morali di sfuggire al mondo e di tracciare schemi morali con tale precisione matematica da non dover più pronunciare alcun giudizio su di esso.

Hanno forse paura di condannare apertamente gli assassini, con parole chiare? Tra questi assassini ci sono trafficanti d’armi che sostengono di vendere semplicemente delle armi, negando così la propria colpevolezza. Chi vende proiettili non è più considerato pericoloso di chi vende sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio.

Uno degli obiettivi del nostro istituto di ricerca è quello di indicare, il più frequentemente possibile, l’attualità dell’ingiustizia nel mondo e di evidenziare le linee tracciate dai movimenti che agiscono per invertire la bruttezza inflitta all’umanità. Ci auguriamo che le nostre newsletter siano utili, che le condividiate con altre persone e che invitiate anche loro a iscriversi. Non capita spesso che ci rivolgiamo a voi per chiedervi di fare questo, o anche solo di aiutarci con risorse per mantenere in vita il nostro istituto.

Ci sono due modi per aiutarci: in primo luogo, con risorse materiali (come donazioni, che sarebbero molto, molto gradite) e, in secondo luogo, con il volontariato attraverso le vostre competenze di ricerca, traduzione e editing. Se desiderate fare una donazione regolare, potete farlo qui o scrivendo a Tariro Takuva, responsabile del nostro dipartimento operativo, all’indirizzo tariro@thetricontinental.org. Siamo grati ai numerosi collettivi, volontari e pubblicazioni che traducono regolarmente il nostro lavoro in diverse lingue, dall’arabo all’hindi, dallo spagnolo al portoghese, dal mandarino all’italiano, dal francese al coreano, dal tedesco al rumeno. Il loro lavoro ci incoraggia a continuare. Se siete interessati a tradurre volontariamente le nostre pubblicazioni in queste o altre lingue, o a collaborare come redattori, scrivete a celina@thetricontinental.org. Se siete interessati a offrire le vostre competenze di ricerca, scrivete all’indirizzo vijay@thetricontinental.org. Se siete interessati a fare volontariato come interprete, scrivete a pilar@thetricontinental.org.

Oltre alla nostra newsletter settimanale, il nostro istituto ne produce altre quattro – tre radicate nei tre continenti in cui operiamo (Asia, Africa e America Latina) e una prodotta dai nostri partner europei del Zetkin Forum for Social Research – e un bollettino artistico:

1. Tricontinental Pan Africa. La newsletter mensile di Tricontinental Pan Africa presenta voci provenienti da tutto il continente su una serie di temi, dal saggio di Marion Ouma sui tagli all’assistenza sociale alle riflessioni di Blaise D. K. Tulo sulle elezioni in Ghana. Nell’ultima newsletter, il musicista Seun Kuti ha scritto della realizzazione del suo nuovo album con Egypt 80, Heavier Yet (Lays the Crownless Head), e della necessità che l’arte si impegni con gli ideali socialisti:

Negli ultimi dieci anni della mia carriera, ho cercato di scrivere album che parlassero dal punto di vista dei poveri e della classe operaia. Sebbene la musica possa parlare delle gioie della vita e permettere agli ascoltatori di liberarsi dallo stress, questo tipo di musica non racconta tutta la storia di chi siamo e di ciò che viviamo. Troppa musica, nella forma e nei contenuti, si crogiola nelle comodità del mondo e può funzionare come un anestetico. Dico spesso ai miei amici che se un alieno venisse sulla Terra e guardasse l’arte africana mainstream, penserebbe che tutto va bene. Probabilmente sarebbe una cosa positiva che l’alieno ci percepisse in modo positivo, dato che anche le/gli africane/i sono stanchi di essere visti come un popolo perennemente in difficoltà, ma la sua valutazione delle nostre vite sarebbe incompleta e falsa. L’arte deve essere radicata nell’onestà. Questo bisogno di onestà mi ha incoraggiato a parlare nella mia musica di cose nascoste dalla narrativa mainstream.

2. Tricontinental Asia. Le newsletter bimensile della squadra asiatica spaziano dalla lettera di Elizabeth Alexander sulla lotta contro il patriarcato e il capitalismo nell’Asia meridionale alle riflessioni di Atul Chandra sulla pace. Una recente newsletter scritta dal segretario generale della Federazione dei contadini del Nepal Pramesh Pokharel analizza le ragioni alla base della crisi costituzionale del paese, caratterizzata da una crescente opposizione monarchica e da un indebolimento della sinistra. “Il mondo guarda”, scrive Pramesh, “mentre una delle repubbliche più giovani lotta per superare questo momento precario”. Egli spera che la crisi stimoli ulteriori riflessioni intellettuali sul Nepal, intensifichi la battaglia delle idee e rafforzi la lotta di classe.

3. Tricontinental Nuestra América. Quando il nostro istituto è stato fondato dieci anni fa, in occasione della Seconda Conferenza Internazionale sui Dilemmi dell’Umanità, abbiamo deciso di aprire uffici di ricerca a Buenos Aires e São Paulo, soprattutto perché volevamo radicarci sia nell’America Latina di lingua spagnola e portoghese, sia nel Paese più grande del continente, il Brasile, sede del Movimento dei Lavoratori Senza Terra (MST): il più grande movimento di massa della regione. Negli ultimi anni abbiamo ampliato le nostre attività e la nostra rete di collaboratrici/collaboratori, costruendo un programma per tutta la Nuestra América. La prima newsletter, scritta da Miguel Enrique Stédile (Tricontinental) e Stephanie Weatherbee Brito (Assemblea Internazionale dei Popoli) riporta i risultati della Quarta Conferenza Internazionale sui Dilemmi dell’Umanità, tenutasi a São Paulo nell’aprile 2025. L’obiettivo della conferenza era quello di contribuire a costruire una nuova teoria dello sviluppo per il Sud del mondo che, scrivono gli autori, “deve essere radicata nelle lotte popolari, adattata a ogni contesto e, soprattutto, costruire il potere necessario per renderla realtà. Di fronte alla crisi di civiltà che stiamo vivendo, il socialismo non è una lontana utopia: è l’unica bussola per navigare verso un futuro in cui l’economia venga messa al servizio delle persone e non del capitale”.

4. Zetkin Forum for Social Research. Il nostro avamposto europeo, lo Zetkin Forum, ha sede a Berlino e produce una newsletter mensile in tedesco e inglese. L’ultima condivide un estratto dalla nuova rivista, Fascism Rising, del Zetkin Forum; entrambe ci danno il benvenuto a Berlino per la conferenza Fascism Back in Europe? dal 20 al 22 giugno. Ci vediamo lì.

5. Tricontinental Art Bulletin. Negli ultimi dieci anni, il nostro istituto ha lavorato duramente per garantire che la battaglia delle idee fosse integrata con quella delle emozioni, che l’arte non fosse solo decorazione. Da marzo 2024, il nostro dipartimento artistico pubblica un bollettino mensile per fornire un contesto più ricco all’arte prodotta nella tradizione della liberazione nazionale. Questi bollettini, scritti dal direttore artistico del nostro istituto, Tings Chak, si basano su interviste ad artiste/i contemporanei e su approfondimenti negli archivi dell’arte rivoluzionaria di tutto il mondo. L’ultimo bollettino Poesia contro il fascismo, si apre con una discussione su Olga Bergholz dell’Unione Sovietica e si chiude con Sarojini Naidu dell’India. “Noi, che non siamo ancora liberi”, ha scritto Naidu, “rendiamo omaggio a voi che avete sconfitto il tiranno”.

Queste quattro newsletter – e questa newsletter che vi arriva ogni settimana – sono pensate per contribuire a tracciare una roadmap e fornire gli strumenti per cogliere i rapidi cambiamenti che ci attendono. Le nostre ricercatrici e i nostri ricercatori non si concentrano solo sulla totalità – tutti gli elementi della vita umana, dall’economia alla cultura – ma anche sui modi in cui questi elementi interagiscono per costituire quella totalità. Nessun elemento deve essere considerato in modo isolato o non integralmente correlato agli altri.

Durante i dieci anni trascorsi dalla seconda Conferenza internazionale Dilemmas of Humanity, abbiamo prodotto un corpus considerevole di ricerche radicate nelle lotte del nostro tempo, seguendo la congiuntura, analizzando i cambiamenti nella struttura neocoloniale e impegnandoci nella battaglia delle idee che plasma il nostro momento storico. Abbiamo ancora molto lavoro da fare: continuare a costruire il nostro inventario di informazioni sul presente, sistematizzarlo in una teoria del presente che illumini i futuri possibili, e farlo sempre in dialogo con le forze della trasformazione sociale. Speriamo che continuerete ad accompagnarci in questo viaggio.

Con affetto,
Vijay

*Traduzione della venticinquesima newsletter (2025) di Tricontinental: Institute for Social Research.

Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.

Chi è Vijay Prashad?

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