Oggi ASIA USB ha sollevato, con un presidio e una conferenza stampa di fronte al Comune, il problema della decisione della giunta dello sgombero della Torre della Cigna.
Quell’occupazione ha offerto per alcuni anni alle famiglie un alloggio provvisorio, togliendole dalla strada, in attesa di partecipare ai bandi e di vedersi assegnare quanto spettava loro: una soluzione abitativa definitiva.
Da cinquanta nuclei familiari la situazione si è ridotta ad una trentina.
Non possiamo dimenticare quanto nella nostra città, la crisi dal 2008 ad oggi, abbia colpito duramente.
Moltissime fabbriche hanno chiuso, molte attività di singole famiglie e lavoratori sono state costrette ad abbassare la saracinesca, con la conseguente difficoltà, a seguito della perdita del lavoro, di poter pagare un affitto.
Riteniamo irricevibile per tutta la città e i suoi concittadini in emergenza, la proposta vergognosa che il Comune ha intenzione di mettere in atto a seguito delle trattative private con i proprietari dell’immobile lasciato all’incuria e all’abbandono per decenni.
La proposta infatti, parla dello sgombero fissato in data 30 marzo 2021: verrebbe messa in atto una sistemazione provvisoria, e poco dignitosa, per soli due mesi. Il tutto in alloggi condivisi di proprietà Caritas per tutte le famiglie coinvolte.
L’amministrazione comunale non vuole dare continuità al percorso virtuoso che ASIA porta avanti da anni, ma creare un disagio sociale di grande portata. Ma il vero problema è la carenza di alloggi popolari dovuta alla svendita compiuta in tutti questi anni dalle amministrazioni che si sono susseguite. C’è assoluto bisogno che anche a livello regionale si torni a costruire edilizia pubblica.
Abbiamo sempre cercato di stare al fianco di tutte le persone che si sono trovate in una situazione di difficoltà. Abbiamo cercato di essere uno strumento utile e concreto per arginare le mancanze strutturali della politica, dell’amministrazione comunale, dell’ente Comune e della sua burocrazia e dei requisiti regionali irraggiungibili per la carenza di soluzioni.
Siamo disponibili a una interlocuzione al fine di trovare una soluzione permanente e dignitosa nei confronti di chi ha diritto ad una casa, con l’accordo delle famiglie e del sindacato che le segue.
Il Comune deve farsi carico di questa situazione. Non può delegare i problemi agli enti caritatevoli che, in quanto tali non partono dal principio dei diritti acquisiti, ma sono una compensazione momentanea. Per una soluzione sul lungo periodo non vediamo atti concreti. Le famiglie in emergenza abitativa non vogliono la carità ma chiedono soltanto ciò che gli spetta di diritto. Soltanto un ente pubblico, e quindi rivolto a tutti i cittadini indistintamente, può rispondere e lavorare per soddisfare questa richiesta primaria.
Non possiamo inoltre non tenere conto della situazione di grave emergenza sanitaria in corso. Crediamo che sia sinceramente inutile e controproducente attuare prove di forza nel mezzo di una pandemia. I problemi si potrebbero risolvere con la lenta sistemazione di ogni nucleo in alloggi popolari in base allo scorrere delle graduatorie.
Anche perché ricordiamo che molte delle famiglie hanno tutti i requisiti per avere una casa popolare che purtroppo non c’è, e sono soltanto in attesa che vengano loro assegnate.
Anche nella Costituzione, all’articolo 47, si sancisce il diritto all’abitazione. Sono numerose le sentenze della Consulta che specificano che “è doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione” (n. 49/1987).