“Porta Palazzo aperta la sera diventerà la nuova piazza della movida”.
Con queste parole l’assessore al commercio Paolo Chiavarino, sul quotidiano La Stampa, pochi giorni fa ha annunciato il prossimo avvio dei lavori per il restyling di Porta Palazzo: un progetto da 2,5 milioni finanziato coi fondi del Pnrr, che consisterà nel rifacimento delle tettoie in vetro e della pavimentazione.
Interventi manutentivi, questi, che sarebbero senz’altro necessari ai fini di migliorare l’accessibilità e la fruibilità del mercato, se non fosse che tali interventi sono inseriti nella cornice di un progetto di valorizzazione che si rivela tutt’altro che accessibile alla collettività.
Infatti, nei piani di Chiavarino e del Comune la piazza dovrà diventare <<un luogo dove si possano organizzare eventi, spettacoli di ballo e musica, fare degustazioni di piatti dalla tradizione piemontese alle culture di tutto il mondo>>, questo attraverso <<l’utilizzo non soltanto durante il giorno, ma anche la sera consentendo di allestire i dehors dei locali sulla piazza>>.
Il progetto, dunque, si inserisce perfettamente nella dinamica di turistificazione e gentrificazione di Porta Palazzo e del quartiere Aurora portato avanti da diversi anni e da diverse giunte comunali. Se i 5 stelle hanno fatto da capofila “riqualificando” il Balon -ovvero sgomberando una parte degli ambulanti, la più “impresentabile”, con la scusa della sicurezza e del decoro- e aprendo la strada a investimenti rivolti al turismo (vedi Mercato Centrale e Combo), adesso tocca alla giunta Lo Russo rincarare la dose, utilizzando i fondi del PNRR per accelerare la trasformazione di Porta Palazzo in una zona esclusiva e alla moda, attrazione per studenti e turisti.
Una trasformazione che fa gola agli speculatori edilizi, ai palazzinari e alle fondazioni bancarie che investono nel mercato immobiliare, il quale vedrà gonfiare i prezzi. Contemporaneamente, tali dinamiche porteranno all’innalzamento del costo della vita e alla conseguente espulsione dal quartiere delle fasce meno abbienti.
Anche in questo caso, la “Città delle opportunità” propagandata da Comune, si rivela nient’altro che un modello di città ad uso e consumo dei più ricchi e alla mercé del capitale speculativo, altro che “inclusione”…
È peraltro particolarmente vergognoso il fatto che il progetto di riqualificazione di Porta Palazzo venga realizzato coi soldi del PNRR provenienti dal progetto Pinqua, acronimo del Piano nazionale per la qualità dell’abitare. Evidentemente per il Comune il miglioramento della qualità dell’abitare è rivolto ai turisti (al massimo a studenti più ricchi) non alla maggior parte dei residenti del quartiere, che si vedranno impossibilitati a sostenere il prezzo di affitti gonfiati. E no, abbiamo già sufficienti prove a livello nazionale e locale del fatto che un aumento degli introiti nel turismo non corrisponda ad un miglioramento delle condizioni di vita o contrattuali dei lavoratori, anzi…
In realtà, l’inserimento del restyling del mercato nel progetto Pinqua è giustificato dalla contestuale ristrutturazione, con gli stessi fondi, di un vecchio stabile di edilizia residenziale pubblica per adibirlo a social housing. Non possiamo dire che questo ci sorprenda, dato che il social housing oltre ad essere uno strumento indatto a risolvere l’emergenza abitativa, storicamente nella nostra città ha permesso ai palazzinari (vedi Molino) e alle fondazioni bancarie di fare profitto sulle persone in difficoltà abitativa, rifacendosi un volto più umano attraverso questi investimenti nel “sociale”. Investimenti che, neanche a dirlo, fanno lievitare il prezzo generale degli affitti in città dato che, banalmente, il social housing ha un canone più elevato di una casa popolare, ed è per questo rivolto ad una diversa fascia di reddito.
Il piano di riqualificazione di porta palazzo risulta particolarmente significativo in quanto emblematico del modello di sviluppo cittadino tracciato dalla giunta Lo Russo. Un modello di città vetrina strutturato sui grandi eventi, che vedrà un’implementazione attraverso gli investimenti derivanti dai fondi del PNRR e la contestuale stesura del nuovo Piano Regolatore.
Gli investimenti di riqualificazione sui mercati cittadini, infatti, non riguarderanno solo Porta Palazzo: corso Racconigi, Brunelleschi, Porpora, Guala, Madama Cristina, Pavese, Nitti, Baltimora, Don Grioli e Sebastopoli, per un investimento complessivo di 10 milioni.
Al fine di pubblicizzare il piano di investimento complessivo derivante dai fondi europei, il Comune ha messo in piedi una vera e propria campagna propagandista attraverso il sito Torinocambia.it, nel quale viene presentata con toni trionfalistici una trasformazione urbana basa su “coesione sociale, rigenerazione urbana e sicurezza”.
Ma se la logica sottostante a questi interventi è la medesima del caso di Porta Palazzo, non è difficile prevedere come i destinatari di questa riqualificazione per il Comune siano i turisti e gli studenti ricchi.
Del resto, nel sito Torinocambia si afferma come “Il nuovo P.R.G. dovrà quindi consentire alla città di rafforzare la propria posizione nel contesto europeo quale città capace di attrarre persone di diversa provenienza, coltivare i talenti, proteggere i diritti e facilitare l’integrazione di “nuovi” cittadini in una comunità diversificata e inclusiva.”. Chiaramente, il bacino a cui si fa riferimento sono studenti con una maggiore capacità di spesa, e ciò è confermato dai diversi progetti per la costruzione di studentati di lusso nella periferia nord.
Nel mirabolante progetto di investimento del Comune, invece, non c’è nessuno spazio per strumenti a sostegno dell’emergenza abitativa che nel tempo verrà amplificata proprio a causa delle politiche prima descritte.
Per concludere, appare sempre più chiaro come dietro le belle parole e la maschera delle “politiche sociali”, si celi un modello di città che amplifica le disuguaglianze sociali, svenduta ai privati e agli appetiti degli speculatori, contro la quale è necessario mettere in campo un’alternativa complessiva, che possa rimettere al centro delle politiche cittadine il benessere della collettività.