Piemonte

[Torino] Potere al Popolo! Torino aderisce alla Giornata di Mobilitazione Generale contro il Ddl Pillon

Il Ddl nr. 735/2018 “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”, porta in sé una forte ondata di oscurantismo, facendo fare un salto indietro di settant’anni.

L’idea medioevale dichiarata molteplici volte dal senatore Pillon del “matrimonio indissolubile”, viene sostenuta con forza da questo disegno di legge gialloverde, vietando in sostanza il divorzio, attraverso ostacoli di ogni tipo, rendendolo inaccessibile economicamente, il tutto perfettamente in linea con la visione patriarcale della famiglia e della società, più volte sottolineata dal senatore.

Il decreto fa uso di parole che all’apparenza possono sembrare neutre come: “garanzia di bigenitorialità” “affido condiviso”, ma nello specifico così come regolate dal Ddl Pillon, sono estremamente nefaste.

La dicitura “garanzia di bigenitorialità”, che può sembrare una proposta di avanzamento, di fatto annulla la battaglia che da anni le donne fanno contro un sistema sociale che vuole che la crescita e la cura dei figli, sia compito esclusivo delle madri, piuttosto impone una rigida spartizione del tempo da dedicare ai figli.

Mediante il Ddl Pillon ogni situazione familiare, ogni separazione e specificità di relazione si omogenizzano, attribuendo in modo meccanico una “quantità” di tempo alla cura dei figli, senza considerare se il genitore ha un altro partner, il livello di empatia che c’è, se esiste una famiglia allargata, se ci sono impegni lavorativi o eventuali trasferimenti.

Il “piano genitoriale”, ovvero il programma dettagliato della vita del minore, redatto sotto la guida “obbligatoria” di un “mediatore familiare”, viene anticipato da una fase in cui il mediatore si occuperà innanzitutto di “sanare” i conflitti nati all’interno della famiglia, con obbligo per tutte le coppie, anche per chi in modo consensuale decide di separarsi, rappresentando così un’ingerenza inaccettabile nella vita privata delle persone, poiché di fatto si va ad annullare la volontà di due persone adulte e consapevoli della propria scelta.

La riforma dell’affido condiviso eliminerà l’assegno di mantenimento, prevedendo che chi non ha la possibilità di ospitare il figlio e/o la figlia in spazi adeguati non ha il diritto di tenerlo con sé secondo tempi “paritetici”, quindi il genitore più povero rischia di perdere anche la possibilità di vedere il figlio e/o la figlia!

L’assegno di mantenimento non è un ”privilegio” che viene riconosciuto alle donne (il gender pay-gap, ossia il differenziale di reddito tra uomini e donne in Italia si attesta al 44%), ma una necessità, visto che di solito sono le donne a dover lasciare il lavoro quando nasce un figlio e/o una figlia o ad essere licenziate appena restano incinte, e di certo in Italia è inesistente un adeguato welfare che permetta alle donne di poter essere madri e lavoratrici allo stesso tempo. Gli asili nido pubblici e gratuiti sono pochissimi e spesso si deve ricorrere a strutture private a pagamento, molto costose e lontane dai luoghi di lavoro e ciò costringe molte donne, le proletarie soprattutto, a lasciare il lavoro. Bonus, contributi assistenziali, mancette governative si configurano come surrogati di un aiuto statale che vorremmo differente e strutturale.

Va altresì sottolineato che il ddl Pillon imporrebbe una serie di ostacoli pratici ed economici soprattutto alle donne che vogliono uscire da relazioni violente, nonché alle donne immigrate (i cui permessi di soggiorno sono legati a quello del marito), rendendo di fatto impossibile per loro avere una via di fuga, sia per l’intervento obbligatorio di un mediatore familiare, sottintendendo così che la violenza domestica è episodica e non strutturale, quindi risolvibile a tavolino alla stregua di un banale contraddittorio, sia perché, se per stabilire l’affidamento dei figli, entra in gioco la valutazione sulla capacità reddituale, qualsiasi madre disoccupata, precaria o semplicemente con meno potere economico del proprio marito, si rassegnerà a restare in una condizione di violenza pur di non essere separata dai propri figli.

Anche la vita dei minori sarebbe fortemente compromessa, perché vengono considerati come esseri inanimati da contendersi per “giocarci” metà per uno. Il progetto di legge, nello specifico, attribuisce dignità scientifica alla Sindrome da Alienazione Parentale (Pas), che non è riconosciuta né dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, né dal Ministero della Salute, stabilendo che qualora il figlio o la figlia, che ha subito maltrattamenti, rifiuti il rapporto con uno dei genitori o un altro parente, il giudice può, pur in assenza di evidenti condotte dell’altro genitore, limitarne o sospenderne la responsabilità genitoriale, o disporre il collocamento provvisorio del minore in una casa-famiglia. Non si fa alcun accenno alla possibilità che il giudice verifichi le motivazioni del rifiuto del figlio e/o della figlia verso il genitore e piuttosto si costringe a recuperare in modo forzato il rapporto parentale tramite mediazione.

Il Ddl Pillon riguarda tutt*, perché si configura come un impedimento alla separazione e al divorzio, allungandone i tempi e soprattutto aumentandone i costi. Come è facile intuire, saranno soprattutto le classi più povere a subirne le conseguenze, le donne e gli uomini con redditi bassi, con lavori precari e saltuari.

Il ddl si pone dunque come uno strumento di controllo serrato e poliziesco delle donne e degli uomini, in nome della sicurezza e del ripristino dei valori di patria ed italianità. Rappresenta inoltre, un attacco alle storiche battaglie del movimento femminista –divorzio e aborto- perché ha anche l’obiettivo di indebolire un soggetto politico potenzialmente “pericoloso” dal punto di vista del conflitto sociale. Un controllo ed un’ingerenza che arriva in modo capillare ad invadere le nostre libertà individuali, la nostra libertà su chi amare, quando smettere e in che modo farlo.

Pillon, e il ministro della famiglia Fontana, non sono i soli e non sono gli unici che attaccano il movimento delle donne: il Movimento per la Vita, il Family Day, le Sentinelle in piedi, l’Associazione Padri Separati confluiscono tutti nell’intergruppo parlamentare “Vita, Famiglia e Libertà” e sono portatori di una ondata reazionaria; sono gli stessi che cercano ogni giorno di impedire l’applicazione della legge 194 e attaccano la libertà delle donne.

Per questo noi scendiamo in piazza il 10 novembre per dire No al Decreto Pillon!

Potere al Popolo! Torino

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