Negli ultimi giorni Mazzoleni, l’Assessore all’urbanistica della nostra città, è emerso tra le carte giudiziarie della Procura di Milano per dei casi di presunti abusi edilizi che lo vedono coinvolto come progettista. Non è la prima volta che il suo nome si fa strada tra questo tipo di indagini, ma addirittura la terza, mettendo in evidenza una certa continuità con pratiche che eufemisticamente potremmo definire a dir poco spregiudicate.
Parliamo di lottizzazione abusiva e di un sistema che è stato descritto “di illegalità manipolatoria”. All’Assessore viene contestata la trasformazione di un immobile adibito ad uffici in residenza per 122 studenti universitari, l’abbattimento di due edifici e la successiva realizzazione di due torri di 8 e 13 piani per 65 appartamenti di lusso.
Ancora una volta assistiamo all’utilizzo di tutti i mezzi possibili, anche al di fuori della legalità, per aumentare la messa al valore delle città, rendendole sempre più esclusive e oggetto del profitto di pochi.
La città di Torino in questi mesi sta scrivendo un nuovo piano regolatore e da diversi decenni sta vivendo una trasformazione che rivela le profonde contraddizioni delle diverse amministrazioni che si sono susseguite. Non è un mistero che nell’attuale amministrazione Lo Russo vi siano alcune sue componenti che si dichiarano di “sinistra” ed “ecologista”. Eppure, nei fatti questa amministrazione continua a promuovere una visione del tutto opposta, speculativa, predatoria e al servizio degli interessi privati, riducendo gli spazi verdi e pubblici, piegandoli agli interessi dei grandi eventi e così degli speculatori di turno.
In questo contesto, l’Assessore all’urbanistica di Torino mantiene la propria posizione all’interno dell’amministrazione comunale di Lo Russo, dimostrando quanto distanti siano i proclami dall’effettiva politica praticata.
Così assistiamo alla riconversione di aree industriali dismesse in complessi di lusso, in cui i principi di pianificazione urbana e le norme basilari sono piegate e ignorate a favore della rendita. Anche a Torino si sfrutta il termine “ristrutturazione” per agevolare di fatto la costruzione di edifici di lusso, con aumenti volumetrici ingiustificati e nuove cementificazioni che vanno a sottrarre ulteriori spazi alla collettività. Ci troviamo di fronte a una vera e propria “svendita” della città, dove il valore della terra e degli edifici viene elevato soltanto per generare profitti, senza alcuna attenzione alle reali esigenze dei cittadini, ma riempiendo il dibattito pubblico di concetti come quello di “attrattività”. Gli sfratti che ne risultano sono per loro una scia di ombre cancellate, vite da rimuovere senza rumore, come se bastasse spegnere una luce per far scomparire le persone. Vorrebbero che tutto avvenisse nel silenzio, affinché il disagio resti invisibile e l’attrattività sembri una vittoria per la città — quando è solo un trionfo per i più ricchi e una condanna per chi rimane ai margini.
Questa situazione rappresenta il simbolo di un processo in cui le città diventano territori riservati a pochi, inaccessibili per la maggioranza dei cittadini. La scelta di mettere a valore ogni metro quadrato di spazio urbano, di privilegiare le grandi operazioni immobiliari e di consentire deroghe alle leggi urbanistiche per facilitare lo sviluppo di strutture di lusso, è una scelta politica ben precisa, che esclude e marginalizza.
Tutto questo avviene mentre a livello nazionale il governo di estrema destra Meloni approva un Decreto Casa con cui si riducono i mq che definiscono uno spazio come abitabile. Così se da un lato si favorisce l’aumento degli spazi di vita dei più ricchi superando la legge, nella piena illegalità e costruendo edifici sempre più grandi, dall’altro si peggiorano le condizioni abitative della maggioranza, costringendo un paese sempre più povero a doversi accontentare di sottoscala e mansarde affittate a prezzi esorbitanti.
In una città come Torino, riteniamo sia inaccettabile che a guidare il piano regolatore, che definirà il futuro della città nei prossimi anni e la gestione dei suoi spazi, sia un assessore indagato e fortemente compromesso con la speculazione edilizia. Torino merita di più, merita meno mani sulla città che la strangolino, meno grigio cemento che soffochi e più radici condivise che germoglino in spazi verdi dove respirare. La nostra città ha bisogno di mani collettive che liberino un futuro nuovo, non già scritto da qualcuno, intrecciato nella lotta per una città giusta, in cui i bisogni di tutti trovino finalmente riconoscimento.
Per questo motivo, chiediamo le sue dimissioni immediate dell’assessore Mazzoleni e denunciamo l’ipocrisia di chi si presenta come promotore di politiche ecologiste e sociali ma non ha alcuna intenzione di ostacolare i processi di gentrificazione e privatizzazione degli spazi urbani. A queste componenti che anche in questo caso restano in silenzio, evidentemente imbarazzate, ma complici, chiediamo: quando farete pesare la vostra presenza all’interno di questa amministrazione comunale? Quante altre linee rosse dovrà sorpassare questo governo cittadino per ritenerlo non in linea con una visione “di sinistra” ed “ecologista”?
Torino non ha bisogno di proclami né di false promesse, ma di una resistenza radicata e condivisa. Non possiamo affidarci a chi, complice nei fatti, maschera sotto retoriche vuote la svendita della città. Serve una lotta vera, organizzata collettivamente, che sappia opporsi con forza a questi processi di esclusione e gentrificazione, reclamando una città vivibile, giusta e libera da speculazioni.
Il futuro di Torino dovrà emergere dalle mani di chi lotta, non da chi la riduce a merce. Con determinazione, è tempo di costruire una resistenza che riprenda ogni spazio, unendo le voci in una sola rivendicazione di giustizia.