Abbiamo sentito alcuni lavoratori e lavoratrici della sanità in Piemonte per chiedere che ne pensano di quello che sta succedendo a proposito dei casi di corona-virus qui a Torino e in Lombardia.
Li abbiamo contattati per prima cosa per esprimere la nostra vicinanza nei confronti di chi sta affrontando concretamente la situazione (gestendo anche lo stress derivante da un bombardamento mediatico, tanto confusionario quanto incessante).
Per prima cosa c’è da registrare non solo una disponibilità a parlare ma una voglia di spiegare e raccontare. Anzi, ci siamo ritrovati di fronte alla necessità di confrontarsi, esporre dubbi, perplessità e ragionamenti da parte di quei lavoratori (medici, barellieri, infermieri, ecc…) che sono direttamente impegnati per la salute di tutti.
Lo abbiamo fatto perché Potere al Popolo! è prima di tutto una comunità che cammina insieme e la quale sempre – anche di fronte ad eventi come il corona-virus – si domanda “come posso essere utile al popolo?”
Per prima cosa vogliamo essere chiari: il problema c’è e non va sottovalutato, ma non siamo di fronte ad una situazione di emergenza diffusa. Invitiamo tutti a prendere precauzioni, ma anche a non farsi sopraffarre dal panico assaltando i supermercati come abbiamo visto accadere negli ultimi giorni.
Quali sono, dunque, le impressioni che abbiamo raccolto dai lavoratori della sanità?
Un medico che lavora in un importante ospedale cittadino ci ha spiegato come il progressivo scorporamento subito dagli ospedali torinesi avvenuto negli ultimi anni, non aiuti di certo il lavoro di tutti coloro che lavorano nella sanità. Attualmente la situazione è assolutamente gestibile, ma si rischia che questo processo di scorporamento porti alcuni nodi del sistema sanitario nazionale a non essere attrezzati al 100% di fronte alla eventualità che i casi di corona-virus dovessero insistere maggiormente sul nostro territorio.
Un altro medico ci ha raccontato come siano inadeguate le circolari ministeriali e le indicazioni sulle misure di protezione inviate “a pioggia”. Di come il razzismo stia attecchendo sempre più anche tra i pazienti che arrivano negli ospedali. Dall’altro lato c’è in tanti che arrivano all’ospedale anche per altri motivi, la voglia di capire come rendersi utili e di trovare qualcuno con cui discutere di quello che sta succedendo.
Soprattutto ci ha tenuto a sottolineare come la richiesta pressante (anche da parte dei media) di una gestione “muscolare” ed emergenziale della vicenda sia paradossale nel momento in cui da anni sotto-finanziamento e depotenziamento della prevenzione caratterizzano il sistema sanitario del nostro paese.
Un infermiere ci ha raccontato la difficoltà di accesso alle informazioni anche per chi lavora in ospedale come lui; poi ci ha tenuto a fare un ragionamento chiedendosi quale sia l’accesso alle informazioni dei tanti lavoratori che lavorano dentro gli ospedali ma in appalto e ha chiuso con una battuta: “chiudono le scuole ma non chiudono i centri commerciali?”
Un medico di base ha lamentato l’assenza di direttive e ci ha stupito sapere che il sindacato dei medici di famiglia (oggettivamente una categoria decisamente esposta in questa fase) non sia stato convocato dall’assessorato alla sanità in Regione a differenza di altre associazioni di categoria.
Proveremo a continuare ad agire anche in questo caso come comunità, cercando di ascoltare e renderci utili nel nostro piccolo.
In questi giorni tutti si stanno ricordando di quanto sia fondamentale il nostro sistema sanitario nazionale che, al di là delle difficoltà sopra riportate, sta facendo da argine alla diffusione del virus. Non vorremmo che, passata l’emergenza, gli stessi politici che oggi si dicono grati ai nostri medici ed infermieri, riprendano a fare quello che fanno da anni: smantellarlo, depotenziarlo, privatizzarlo. Perché se vogliamo davvero evitare future emergenze abbiamo bisogno di un sistema sanitario nazionale forte, capillare e in grado di portare avanti una fondamentale attività di prevenzione. Un settore che dovrebbe assumere più medici ed infermieri per evitare che si debbano fare 3 turni di fila come a Codogno, che dovrebbe stabilizzare i precari, dare fondi ai ricercatori ed alla fondamentale attività di prevenzione. Per questo noi continueremo a denunciare lo sgretolamento del sistema sanitario nazionale sotto i colpi della privatizzazione e del sotto-finanziamento, ma allo stesso tempo crediamo sia fondamentale aprire spazi di ragionamento collettivo tra lavoratori ed utenti, per evitare che lo strillare all’emergenza ci renda tutti più soli, isolati e impauriti.
We are family
I got all my sisters with me
We are family
Get up everybody and sing
[…]
Everyone can see we’re together
As we walk on by
and we fly just like birds of a feather
I won’t tell no lie
All of the people around us they say
Can they be that close
Noi siamo una famiglia
Ho tutte le mie sorelle con me
Noi siamo una famiglia
Svegliatevi tutti quanti e cantate!
[…]
Tutti possono vedere che siamo insieme
Dal fatto che camminiamo insieme
E voliamo quasi come uccelli di piuma
Non dirò nessuna bugia
Tutte le persone attorno a noi si dice che
possano essere così vicine