Di recente abbiamo pubblicato una ricostruzione del mondo del precariato a scuola e di come questo sia alimentato da una serie di soggetti – Governo, sindacati, atenei pubblici e privati – che risparmiano o sopravvivono grazie alle sempre nuove esigenze di formazione imposte a chi aspira ad insegnare, al numero sempre ridotto di posti a tempo indeterminato messi a bando e a percorsi per l’accesso all’insegnamento talmente lunghi e tortuosi da ricordare la ruota del criceto.
A fare le spese di questo sistema rodato da oltre vent’anni e che vede le firme di pressocché tutti i partiti che hanno governato l’Italia sono, ovviamente, i più fragili tra le alunne e gli alunni, quelle e quelli, cioè, con certificazione di disabilità.
Ormai da anni gli stessi sindacati invitano tutte e tutti i docenti precari ad iscriversi al cosiddetto Tirocinio Formativo Attivo (TFA), una sorta di erede delle vecchie scuole di specializzazione ma limitato alla formazione specifica per diventare insegnante di sostegno. Sulla carta si tratta di un’ottima cosa, che infatti ha portato all’ingresso a scuola di giovani insegnanti molto preparate e preparati. Il problema è che, all’interno di un sistema generale delle assunzioni di fatto bloccato, è stato presentato come il percorso per andare ad insegnare una disciplina – quella in cui ci si è laureate/i – dopo qualche anno di “gavetta” sul sostegno. I corsi TFA si sono quindi riempiti tanto di persone realmente intenzionate a lavorare con alunne ed alunni con bisogni speciali, tanto di altre pronte a “fare il sacrificio” per poi arrivare ad insegnare ciò che avevano studiato per anni (e che comprensibilmente era il loro desiderio). Chiariamo che non c’è nessun giudizio morale in questa constatazione: in una società giusta e democratica ognuna/o dovrebbe essere libera/o di seguire le proprie legittime aspirazioni senza essere costretta/o a scorciatoie, sotterfugi o altro.
Con l’introduzione dei 30 CFU online per conseguire una seconda abilitazione (cfr. puntata precedente), molte e molti con un TFA completato hanno di fatto comprato l’abilitazione su materia (che, come abbiamo spiegato, non può essere più conseguita se non a seguito di vincita di concorso) e sono saliti in cima alle graduatorie da cui vengono “pescati” i e le supplenti annuali, scavalcando altre ed altri precari che magari insegnavano la stessa disciplina da anni.
A cascata, le supplenze di sostegno dovranno necessariamente essere pescate anche dalle graduatorie disciplinari – essendosi svuotate quelle specifiche – quindi insegnanti di altre materie accetteranno di insegnare sostegno pur di lavorare, spesso senza alcuna formazione in merito. Le ragazze e i ragazzi, dopo svariate settimane di scorrimento delle graduatorie GPS (procedura lenta a causa del fatto che tutti gli uffici scolastici provinciali sono sotto organico) avranno come insegnante di sostegno qualcuno che probabilmente avrà accettato il posto per ripiego e per continuare a lavorare, non avendo ricevuto una convocazione sulla materia su cui si è formato e ha insegnato per anni.
In cima alle graduatorie delle materie potrebbero trovarsi anche coloro che hanno svolto un percorso TFA all’estero. Questo tipo di formazione non veniva riconosciuta dal Governo, nonostante diverse sentenze favorevoli del TAR, finché oggi il ministro ha deciso che acquistando 30 CFU di percorso INDIRE e sottoscrivendo la rinuncia a qualsiasi ricorso stiano portando avanti al TAR, queste persone potranno avere il riconoscimento del titolo conseguito all’estero e, di conseguenza, anche loro potranno così acquistare successivamente l’abilitazione su materia.
Il risultato è che la categoria che avrebbe bisogno di maggiori attenzioni si è vista negli anni ridurre complessivamente le ore di sostegno; le e gli insegnanti arrivano in ritardo, a volte cambiano nel corso dell’anno e spesso sono senza specializzazione, proprio perché i Governi hanno di fatto costruito il percorso di formazione specifica sul sostegno come una via d’accesso più veloce all’insegnamento su materia, in totale spregio delle esigenze delle studentesse e degli studenti con certificazione di disabilità e delle loro famiglie.
Che fare?
L’abbiamo già detto nel corso delle due puntate e lo ripetiamo, la soluzione è semplice:
- stabilizzazione immediata di tutte e tutti i precari storici
- rimozione delle cause della precarizzazione del corpo docente
- fine della distinzione tra organico di diritto e organico di fatto, mettendo a bando per i concorsi tutti i posti effettivamente occupati durante un anno scolastico
- introduzione di un percorso certo e stabile di formazione specifica per l’insegnamento, a cui seguano concorsi annuali o biennali per tutte le discipline e per il sostegno, sui posti di cui c’è effettiva necessità
Perché non si procede in questa direzione? Perché le stabilizzazioni smetterebbero di diventare, come sono ora, uno strumento per alimentare clientele politiche; le formazioni e i concorsi smetterebbero di essere la cornucopia degli enti di formazione sindacali, parasindacali o affini e degli atenei pubblici o privati, fisici o telematici; le e gli insegnanti non sarebbero più frammentate/i in infinite categorie ma unite/i e, probabilmente, più consapevoli della propria forza. Insomma ciò che sarebbe un bene per le lavoratrici e i lavoratori, le studentesse, gli studenti, le loro famiglie, sarebbe un male per tutti coloro che vivono, letteralmente, sfruttando questa situazione vergognosa.
Per quanto ci riguarda, sosteniamo e sosterremo tutte le battaglie tese al riconoscimento dei titoli e del ruolo, e lavoriamo costantemente per la ricomposizione, sotto le parole d’ordine di cui sopra, di tutta la galassia del precariato scolastico.
Difendiamo la scuola della Costituzione contro clientele politiche e appetiti economici!
La scuola pubblica è un bene comune!
No alle riforme Bianchi-Valditara!