Il report della due giorni di formazione sull’organizzazione con il Ptb belga e la fondazione Rosa Luxemburg
Il 20 e 21 novembre, presso la Casa del popolo “Il Campino” messa a disposizione dalla nostra Assemblea territoriale fiorentina, 50 tra i nostri coordinatori/trici e responsabili organizzativi nazionali hanno incontrato Giovanni Bordonaro, responsabile organizzativo della provincia di Bruxelles e consigliere della municipalità popolare di Anderlecht per il Ptb, il Partito del Lavoro Belga. La formazione è stata organizzata dalla Fondazione Rosa Luxemburg, sui temi dell’organizzazione locale e dell’allargamento verso l’esterno di un movimento politico.
Chi è il Ptb
Il Ptb è un partito di ispirazione comunista, fondato nel 1979, all’inizio dell’ondata neoliberale che avrebbe di lì a poco travolto l’Europa. Nel 2003 il Ptb era ancora un partito molto piccolo, composto da circa 800 militanti e con percentuali elettorali molto basse (all’epoca il Ptb alla Camera federale belga viaggiava intorno allo 0,2%!). Oggi il Ptb si definisce “un partito di tipo nuovo”, è in crescita esponenziale, conta 24.000 aderenti, centinaia di gruppi di base attivi, mentre nei sondaggi viaggia intorno al 20-25% in Vallonia (regione francofona), intorno al 15% a Bruxelles e intorno all’ 8-10% nelle Fiandre (regione fiamminga).
Il Ptb può contare, oltreché su una solida struttura organizzativa, su un piccolo drappello di deputati e senatori e su un europarlamentare, Marc Botenga. Grazie alla sua organizzazione, negli ultimi anni il Ptb è stato in grado di impedire l’approvazione della riforma della pensione a punti, una vera e propria truffa ai danni dei lavoratori; durante la crisi Covid, ha inoltre ottenuto l’immissione in bilancio di 400 milioni di euro per la sanità pubblica. È molto conosciuta in Belgio, tanto da essere costantemente tema di dibattito politico, la sua richiesta di una tassa per i milionari, la lotta per la socializzazione dei brevetti sui vaccini e la lotta per l’abbassamento dell’Iva sull’energia al 6%. Il Ptb inoltre porta avanti decine di lotte a livello locale, dal tema dei rifiuti al problema abitativo, che nella regione di Bruxelles è particolarmente sentito.
Chi è la Fondazione Rosa Luxemburg
La Fondazione Rosa Luxemburg, nata in Germania nel 1990, è la fondazione culturale della Sinistra radicale tedesca, legata al partito Die Linke. Essa organizza corsi di educazione politica, produce materiali di critica del capitalismo contemporaneo, favorisce l’incontro tra forze di ispirazione socialista e comunista, finanzia master e dottorati, “da impulso all’azione politica socialista indipendente e sostiene iniziative per la pace e la cooperazione internazionale, verso un mondo socialmente giusto e solidale”.
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LE TRE SESSIONI DELLA FORMAZIONE
La struttura delle sessioni è stata organizzata in tre fasi: una fase di lezione frontale, una fase di lavoro e di riflessione critica divisi in tre gruppi più piccoli (gruppo giallo, rosso e blu) e una fase di commento collettivo del lavoro di gruppo.
Nella prima sessione mattutina abbiamo affrontato il tema della costruzione dell’organizzazione. Giovanni Bordonaro ci ha brevemente illustrato la storia del Ptb, in particolare le conseguenze dell’VIII Congresso del 2008, quando il Ptb, dopo un periodo di confronto e lotta politica interna, è andato incontro ad una profonda riforma che ne ha permesso l’avanzamento oggi così visibile. Giovanni ha teso a sottolineare come, per chi come noi deve mettersi in connessione con un senso comune delle classi popolari che è molto cambiato rispetto a quarant’anni fa, occorre vincere prima di tutto tra di noi le resistenze al cambiamento.
Nel 2008 il Ptb si è posto fin da subito il problema di uscire da una dimensione minoritaria, settaria e ideologica, con l’idea di includere lavoratori e lavoratrici nella partecipazione attiva al partito.
Da forza formata da soli quadri, molto ideologica, si è dato l’obiettivo di trasformarsi in un partito di massa, obiettivo che ancora non reputa di aver raggiunto, ma verso cui si sta avvicinando. Il Ptb è attualmente un partito molto organizzato al centro, ma contemporaneamente molto aperto verso l’esterno. Pur mantenendo come obiettivo quello dell’instaurazione del socialismo, il Ptb ha abbandonato battaglie di carattere astratto e ideologico per concentrarsi su questioni più concrete, in grado di sensibilizzare le persone sulla necessità di un cambio di sistema, a partire però dal loro quotidiano. Un esempio portatoci da Giovanni è stata la campagna contro il carovita, portata avanti non in termini astratti, ma attraverso l’individuazione dell’obiettivo di riduzione dell’Iva sull’energia al 6%, il che consente di aprire un discorso su un bene primario come l’energia e sulla sua produzione, oggi affidata ai privati, ma che deve essere rimessa nelle mani del pubblico, tanto per questioni sociali quanto per favorire la pianificazione della transizione energetica. Il Ptb si è inoltre posto il problema di favorire la partecipazione politica degli stati più popolari: come si vedrà più avanti, per fare ciò ha istituito diversi livelli di partecipazione al partito.
La base del Ptb è organizzata nei Gruppi di base, “le gambe e le braccia del partito”, che coinvolgono migliaia di lavoratori e lavoratrici nell’attività politica concreta.
Non dobbiamo pensare a collettivi che richiedono una presenza costante a lunghe assemblee, e una dedizione quasi messianica. I gruppi di base del Ptb sono strutturati intorno a 4 pilastri: la concretezza; l’espansione del partito; la formazione dei membri e il dinamismo del gruppo. I gruppi di base sono strutturati attraverso assemblee mensili che non possono durare più di due ore (!), discutono di politica, ma non in termini puramente teorici: essi devono muoversi intorno a un unico obiettivo politico concreto – una campagna, la risoluzione di un problema, una mobilitazione specifica –, che viene messo a verifica nei suoi obiettivi il mese successivo, e sono coordinati da un/a presidente di gruppo. Ciò consente già un primo grado di formazione politica, che si sviluppa nel dibattito intorno a un’esperienza concreta. In questo modo chi lavora e ha famiglia non è costretto a scegliere tra l’inattività e ritmi di militanza per lui o lei insostenibili, e può comunque partecipare ai gruppi di base, dedicando il poco tempo che gli resta non a defatiganti discussioni, ma al lavoro politico concreto. Chi poi decidesse di dedicare più tempo ed energie al partito affronta dei cicli di formazione specifici, che garantiscono la preparazione dei quadri intermedi.
Il Ptb considera prioritaria l’organizzazione dei lavoratori produttivi, gli unici che possono veramente piegare la classe dominante e che conoscono i meccanismi di funzionamento della produzione.
Per questo esistono due tipi di gruppi di base, coordinati da due organizzazioni interne distinte: i gruppi che si organizzano specificatamente nei posti di lavoro, parallelamente ai sindacati, e i gruppi che si organizzano a livello di quartiere e municipalità.
Tali gruppi possono decidere autonomamente una battaglia locale, sempre con l’assistenza dei presidenti e dei cosiddetti coach, (es la battaglia per la costruzione di isole ecologiche nel quartiere popolare di Anderlecht, invaso attualmente dai rifiuti), ma nel momento in cui vengono decise delle campagne nazionali (come quella per l’abbassamento dell’Iva sull’energia al 6%), tutti i gruppi devono prendervi parte, utilizzando i materiali che vengono prodotti centralmente dal partito.
In questo modo il Ptb si garantisce l’unità d’azione, che gli consente di riversare tutta la sua forza militante contro l’avversario, in questo caso le lobby dell’energia, che vogliono mantenere alti dividendi lucrando su un bene primario.
Per coordinare i Gb è necessaria, chiaramente, un’organizzazione centrale molto forte e ramificata, garantita dai membri “militanti”, che dedicano una parte consistente della loro vita e delle loro risorse materiali al lavoro politico. I/le Militanti hanno il compito di formare e guidare i/le presidenti dei gruppi di base (cui vengono forniti tutti i materiali per le varie campagne), e di discutere costantemente con loro al fine di uniformare l’azione politica su tutto il territorio belga, tanto nelle forme quanto nei contenuti.
Durante il lavoro di gruppo e la successiva sintesi collettiva, abbiamo ragionato sulle differenze e sulle affinità che ci sono tra Pap! e il Ptb, individuando quelle migliorie che in Italia possiamo apportare immediatamente alla nostra organizzazione interna, e quelle modifiche che invece riteniamo incompatibili con lo stato attuale del contesto italiano e del nostro movimento. Abbiamo comunemente valutato come occorra vincere le resistenze al rinnovamento politico che anche tra di noi persistono, scindendo le pratiche veramente utili ed efficaci da quegli atteggiamenti mentali che spesso assumiamo solo per pigrizia e ritualità. È inoltre importante dare un indirizzo più univoco alle nostre assemblee territoriali, dotando i nostri coordinatori e i nostri militanti di strumenti efficaci per parlare ovunque con la stessa voce.
Dopo un pranzo collettivo al ristorante della Casa del popolo, abbiamo avviato la sessione pomeridiana. Le 3 domande emerse nel corso della mattinata, a cui abbiamo risposto nel pomeriggio, sono state:
- Come fare nuovi membri e allargare la base?
- Come comunicare all’esterno?
- Come fare autovalutazione delle proprie azioni?
Il Ptb considera come prioritari tre compiti:
- quello di sensibilizzare la popolazione, nella consapevolezza che la coscienza del funzionamento della società e delle possibilità che ci riserva il futuro non è mai spontanea, ma richiede la presenza di una forza organizzata e saldamente radicata nel popolo;
- quello di organizzare in forme durevoli l’azione collettiva, rafforzando costantemente il partito che è la forma più alta di organizzazione, perché, pur mobilitandosi su obiettivi concreti, lo fa avendo come orizzonte un’ottica socialista, di cambiamento radicale del modo di vita;
- quello di mobilitare, perché solo con l’azione sociale le persone prendono consapevolezza della propria forza collettiva.
L’obiettivo dell’organizzazione è dunque centrale, e il Ptb si è posto dunque fin dall’inizio il compito di aggregare e consentire la partecipazione di quanti più membri possibile.
I membri sono divisi in tre livelli: i membri consultativi, che sostengono il partito ma senza impegno particolare; i membri organizzati, che partecipano alle riunioni mensili e si impegnano nell’attuazione delle campagne, oltre a fornire un aiuto materiale più alto; i membri militanti, che formano la colonna vertebrale del partito e sono dediti, anche materialmente, alla politica. Sono quelli più formati, hanno una responsabilità maggiore e sono organizzati in gruppo. A seguito di un certo periodo di pratica e di impegno avviene una discussione con il membro direttivo. Se il militante accetta di impegnarsi ancora di più è tenuto ad intraprendere un ciclo di formazione, nel corso del quale avviene un processo di mutamento e di preparazione. Questo è il livello più importante e impegnativo.
Il partito possiede inoltre due giovanili:
una che organizza principalmente gli universitari (Comac), e una che organizza gli studenti medi (Red Fox). Esiste inoltre una terza organizzazione giovanile (Pioniers), che organizza i ragazzi dai 6 ai 16 anni, trattandosi spesso di figli o figlie di militanti del Ptb.
Non bisogna pensare che i membri consultativi non svolgano nessun ruolo: oltre ad essere un mezzo di finanziamento del Ptb, essi sono periodicamente stimolati a partecipare e soprattutto sono consultati regolarmente dall’organizzazione militante per comprendere l’efficacia di alcune campagne, capire come vive il popolo, e strutturare così meglio l’azione politica dell’organizzazione. I membri consultativi sono gli organi sensibili, le orecchie e gli occhi, dell’organizzazione.
Per questo motivo, quando il Ptb, dal livello del Gruppo Locale, a quelli intermedi e superiori, struttura un progetto d’azione (una campagna, una petizione, una mobilitazione, etc.), lo fa ponendo sempre tra gli obiettivi primari quello dell’aggregazione di nuovi membri al partito. Le azioni nei quartieri, nei mercati, nei luoghi di lavoro, con il porta a porta, hanno l’obiettivo di coinvolgere nuovi membri, che verranno poi ricontattati nell’arco di 2 o 3 settimane.
Non bisogna avere paura a chiedere alle persone se vogliono essere membri del partito: viviamo in una società che tende a considerare in senso negativo le forme organizzate della politica, ma noi sappiamo che solo l’organizzazione politica ci può salvare, e che dunque il sentimento di antipolitica imperante va contrastato, e non assecondato, mostrando come noi siamo realmente inclusivi, tendiamo a favorire l’attivazione del popolo e a risolverne collettivamente i problemi.
I membri organizzati nei Gruppi di base si mobilitano o per campagne locali, o per campagne nazionali.
In quest’ultimo caso il materiale viene prodotto centralmente, per dare uniformità all’azione politica, e viene mobilitata tutta l’organizzazione militante per istruire i presidenti di Gruppo nel dare un certo tipo di forma e contenuto alla comunicazione. Questo vale tanto per la propaganda, quanto nel caso dell’azione politica, sia dal vivo, sia sui social. Non dobbiamo avere remore ad utilizzare tutti i social, perché, anche se conosciamo i problemi legati a piattaforme di tipo privato in termini di manipolazione e controllo, sappiamo anche che dobbiamo stare dove stanno le masse, e starci nel miglior modo possibile.
Alla fine di un progetto il Gruppo di base deve sempre verificare, in base agli obiettivi di sensibilizzazione, organizzazione e mobilitazione che si è dato, l’esito della propria azione politica. Più gli obiettivi che ci si è posti sono chiari, più è facile valutare l’azione del gruppo.
Nel lavoro di gruppo della sessione pomeridiana abbiamo riflettuto a lungo su questi aspetti, rilevando in particolare la poca cura con cui noi valorizziamo i nostri iscritti, ai quali vanno fornite più indicazioni possibili per poter partecipare, e che andrebbero contattati più spesso di quanto non si faccia attualmente. Non dobbiamo costruire un ambiente militante respingente, o in cui solo in pochi possono partecipare. Occorre invece porsi seriamente la questione di come valorizzare e favorire la partecipazione di chi si avvicina per la prima volta alla politica e degli strati più popolari della popolazione, di chi dunque non ha né gli strumenti ideologici né tantomeno il tempo per dedicare tutta la propria vita alla militanza.
Il bilancio della formazione è stato positivo. Il sentimento che più si respirava era quello dell’entusiasmo e della speranza. Tutti i gruppi di lavoro hanno ritenuto fondamentale sistematizzare il lavoro di formazione, e anche produrre del materiale di facile lettura per gli/le aderenti di Potere al popolo che possa sintetizzare gli insegnamenti che abbiamo appreso in questa due giorni.
Questo report sintetico è dunque il primo strumento di divulgazione di questa esperienza, un passo importante e necessario nella costruzione della nostra organizzazione.
Potere al popolo!