Il 28 Febbraio, con uno dei soliti interventi preventivi a cui siamo abituati, l’autorità garante degli scioperi ha vietato il coinvolgimento del comparto scuola nello sciopero generale dell’Otto Marzo prossimo.
La “ragione” è il cosiddetto “difetto di rarefazione”: l’astensione dal lavoro cade ad una settimana sola da un altro sciopero, che riguarda solo la scuola ed è stato indetto per il 1 Marzo.
Inutile spiegare al Garante, come già fatto da alcuni sindacati, che un conto è uno sciopero di comparto e un conto è uno sciopero generale: il Garante – cioè il Governo – lo sa benissimo.
L’obiettivo di questo organismo – del resto già palesato nel passato, con le multe allo SLAI Cobas – è proprio quello di depotenziare una mobilitazione che dà fastidio, con la complicità dei sindacati maggiormente rappresentativi. Perché?
È dal 2017, in seguito ad un appello internazionale promosso dai movimenti di lotta delle donne argentine e in particolare dal movimento transfemminista Non Una Di Meno, che l’8 Marzo è tornato ad essere compiutamente una giornata di lotta e di mobilitazione attraverso uno sciopero che, in quell’anno, coinvolse ben 22 paesi.
Negli anni i sindacati di base hanno mantenuto l’impegno. I vari governi che si sono succeduti non hanno visto di buon occhio questa cosa.
Ma mai come quest’anno l’intervento del Garante è di una gravità inaudita.
La pandemia nella quale siamo immersi da un anno ha avuto e sta avendo un peso insostenibile proprio per le donne.
Erano occupati da donne 99000 posti sui 101000 persi a dicembre.
La somma di lavoro salariato e lavoro di cura, nel momento in cui, con lo “smart working”, il primo è precipitato negli spazi del secondo, ha reso la vita quotidiana di milioni di donne un inferno.
Lo era già prima, ma il dato è stato aggravato dall’ipocrisia sessista del Governo.
Chi comanda ha ritenuto che, lavorando a casa, le donne potessero contemporaneamente fare sportello e cucinare, conference call e rassettare, etc. Donne su cui, è sempre utile ricordarlo, continua a gravare la quasi totalità del lavoro domestico.
Particolarmente gravosa è stata poi la condizione delle insegnanti madri, impegnate contemporaneamente a tenere lezioni in DAD e seguire le lezioni dei figli in DAD. O intrattenerli, se non addirittura allattarli mentre si spiegava, si interrogava, o altro.
Nel frattempo sono spariti anche i congedi parentali “COVID”, che – non si stupirà nessuno – per il 90% sono stati presi da donne.
In un contesto del genere, la decisione del Garante si manifesta in tutta la sua violenza sessista.
È fin troppo evidente che, al di là delle belle parole, la parità di genere non è una priorità. Non solo: si lavora per ritornare indietro di decenni, con percentuali di disoccupazione femminile altissime e nessun tipo di assistenza per chi lavora.
Noi siamo da sempre con le donne che lottano. Sosterremo i sindacati che hanno indetto lo sciopero nelle decisioni che vorranno prendere.
Saremo in piazza, l’8, con le altre categorie, perché vogliamo la rivoluzione, che non c’è senza liberazione della donna!