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[FIRENZE] Rossi soccombe a Confindustria, l’ordinanza regionale sulle riaperture

Il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, sabato 18, ha emanato un’Ordinanza sulla “sicurezza” nei posti di lavoro per le riaperture (Ordinanza n. 38).

Nonostante gli appelli di medici, operatori ed autorità sanitarie ad una maggiore cautela (Ricciardi, Oms), il governatore della nostra regione non sembra distanziarsi molto dai colleghi del lombardo-veneto perchè interviene promuovendo e agevolando maggiori aperture dei posti di lavoro in Toscana.

1. Tutto il potere agli esecutivi regionali?

“Fase 1” o “fase 2”, le scelte importanti che riguardano l’emergenza sanitaria e la sicurezza sul lavoro non possono essere stabilite a livello regionale, sia da un punto di vista politico, sia sotto un profilo giuridico.

È evidente che il virus non segue i confini, né nazionali né locali, per cui occorre una strategia unica comune: sulla rilevazione dei tamponi, sui dispositivi di protezione, sulle riaperture e sulla crisi economica.

Inoltre, sul piano formale, il Testo unico sulla sicurezza e le disposizioni del codice civile (art. 2087) già impongono ai datori di lavoro di adottare tutte le misure preventive necessarie alla tutela della salute dei lavoratori. Nonostante quello che ci vogliono far credere, il contesto che stiamo vivendo non pone alcun problema interpretativo del Testo unico sicurezza, il cui rispetto è completamente esigibile dai lavoratori. Non si vede il bisogno di un’ordinanza regionale per assicurare ciò che deve essere garantito alla luce di una fonte superiore. Le misure di salute e sicurezza, secondo costante giurisprudenza, devono rispondere al criterio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile e certo non spetta a un’ordinanza regionale l’onere e l’onore (nonostante la dubbia competenza) di stabilire quali misure soddisfino questo criterio. L’adozione di misure specifiche tramite ordinanza regionale rischia di sovrapporsi e creare una sorta di “alibi” qualora, nonostante tali misure, si propaghi il contagio.

Il Presidente Rossi, nel presentare l’ultima ordinanza, si compiace per aver inviato una lettera al capo dell’esecutivo Giuseppe Conte, con la richiesta: “di permettere la riapertura rapida di tremila imprese toscane che realizzano più di un quarto del fatturato sui mercati internazionali e il ritorno in fabbrica e nei laboratori dunque dei loro 90 mila lavoratori assieme ai 25 mila impiegati nella filiera. Un numero di addetti non così ampio, se si pensa che in Toscana vivono tre milioni e 700 mila persone e molti già lavorano”.

2. Riaperture: la deroga che diventa regola

Mentre il Governo e le Regioni discutono, in Italia già oggi “ il 55,7% si reca in ufficio o in fabbrica” (come rileva l’Istat, Ansa). Basti pensare che soltanto nell’area fiorentina, la Prefettura, sponsorizzando la procedura semplificata con cui le imprese possono riaprire, dichiara che sono pervenute già 2.700 comunicazioni con richiesta di riavvio della produzione (Met, 16 aprile). Il Presidente Rossi, a parole, se ne lamenta (Repubblica) ma nei fatti ha creato, sotto forma di ordinanza, uno scudo di cartone per le aziende che non sono disposte a rispettare la legge, cercando di passare, al contempo, per il grande difensore della salute dei lavoratori e del buon andamento dell’economia toscana.

L’aspetto più sorprendente è che Rossi, con quest’ultima ordinanza, permette alle imprese di riaprire anche nel caso in cui non si possa rispettare la distanza di 1,8 metri:

Se nella riorganizzazione dei processi produttivi questa distanza non potrà essere garantita, dovranno essere inseriti elementi di separazione tra le persone oppure usate mascherine FFP2 senza valvola (o due mascherine chirurgiche contemporaneamente) per chi lavora all’interno di uno stesso ambiente”(Comunicato della Regione Toscana che commenta il punto 6 dell’ordinanza 38)!

Due mascherine chirurgiche non sono assolutamente adeguate dal punto di vista igienico-sanitario, soprattutto se non sono quelle ben adattabili al viso. Se non vi sono mascherine FFP2 (o FFP3) allora l’obbligo di distanza non può essere derogato!

Lavorare “gomito a gomito” per otto ore (se non più), in Toscana, oggi è possibile grazie al governo regionale che senza far rumore o scalpore, come Fontana o Zaia, sta di fatto procedendo nella stessa direzione.

La previsione di demandare ai lavoratori l’onere e la responsabilità di autocertificare l’assenza di uno stato febbrile è con ogni evidenza un errore. Presuppone che i lavoratori siano in grado di fornire una informazione così precisa all’ingresso del luogo di lavoro. Ma soprattutto rappresenta un modo di scaricare sui lavoratori gli obblighi di sicurezza propri del datore di lavoro.

Risulta davvero incomprensibile come si possa tornare a lavoro in condizioni che non rispettano le norme di legge sulla sicurezza sul luogo di lavoro e, al contempo, non si possa rientrare a scuola, nei parchi pubblici, nelle piazze o nei mercati. Ancora una volta prevale l’interesse dei pochi e non dei più!

Non c’è più tempo da perdere: le nostre proposte

Non è ammissibile che i lavoratori siano “catturati” dalla minaccia “se non lavori non mangi”.

Pretendiamo che siano consentite le riaperture quando avremo un piano di rientro che metta realmente al sicuro dalla seconda ondata prevista; un piano che preveda la tutela reale di chi va a lavorare attraverso la realizzazione di tamponi a tappeto per isolare le catene di contagio.

Pretendiamo il reddito di emergenza e la patrimoniale, come alternativa immediata e urgente a questo ricatto inaccettabile tra lavoro e salute.

Noi proponiamo concretamente di erogare un reddito di emergenza agli autonomi e le partite IVA già destinatari delle misure del Cura Italia, più gli esclusi, più gli attuali percettori di RdC, ovvero a circa 10 milioni di persone (qui il dettaglio della nostra proposta). I soldi per far ciò ci sono: in Italia i patrimoni privati delle famiglie arrivano alla cifra monstre di 9.743 miliardi. Il 10% più ricco possiede il 57% del totale, cioè 5500 miliardi. Un’imposta straordinaria del 10% su quei 5500 miliardi significherebbe 550 miliardi immediatamente disponibili per reddito, spese sanitarie, servizi di welfare e tutto ciò che serve a ripartire!

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