È il titolo della canzone 126 di Francesco Petrarca. Non associabile, come ben sanno tutti i cittadini romani, al fiume Tevere. Uno dei fiumi più inquinati d’Europa, caratterizzato in questi ultimi mesi anche da una moria di pesci che certifica la presenza di veleni.
Nonostante ciò ACEA, la municipalizzata che vede la presenza del Comune di Roma come socio di maggioranza, vorrebbe far ingurgitare l’acqua di quel fiume ai cittadini ed alle cittadine di Roma, dando seguito ad una decisione del Consiglio di Amministrazione del 29 maggio.
In quella sede infatti è stata condivisa la progettazione di un nuovo potabilizzatore delle acque del fiume che dovrebbe dissetare 1.750.00 cittadini. La volontà di farci bere l’acqua del Tevere non è nuova!
Un potabilizzatore delle acque del Tevere infatti esiste già: è quello di Grottarossa che, realizzato nel 2018, potrebbe soddisfare le esigenze di 300.000 persone. Questa non è più una semplice ipotesi, ma è ormai realtà: la Regione Lazio a guida Zingaretti ha infatti, dopo anni di polemiche e battaglie per la salute, dato il via alla possibilità di prelevare acqua del Tevere per immetterla nella rete idrica potabile.
Se il nuovo potabilizzatore venisse costruito sarebbero più di 2 milioni di romani a bere l’acqua del fiume. Peccato però che nessun ente pubblico certifichi, ad oggi, che le acque del Tevere, una volta potabilizzate, siano idonee al consumo umano sebbene già in uso a fini agricoli. In poche parole la Regione ha autorizzato l’uso del fiume senza prima una certificazione del fatto che, a seguito del trattamento, l’acqua sia effettivamente potabile e non tossica. La realizzazione del nuovo potabilizzatore, come si legge da più fonti, costerà 12,2 milioni di euro. Praticamente tutte le fonti si soffermano però sul mero costo di costruzione che è in realtà una percentuale irrisoria rispetto al denaro che, annualmente verrà corrisposto a privati: la manutenzione, la fornitura di filtri, i lavori straordinari,…
Milioni e milioni verranno drenati dalle casse del pubblico alle tasche di privati con cadenza annuale attraverso il meccanismo degli appalti, che si caratterizza sempre più come strumento di oppressione dei lavoratori, di ribasso sui costi della sicurezza, e incuranza verso il servizio fornito ai cittadini.
Esiste una soluzione? Si meno cara, senza sperperi in appalti di gestione, e soprattutto di realizzazione semplice ed immediata. Inoltre anche utile al risparmio della risorsa idrica.
Come Potere al Popolo chiediamo che:
- gli investimenti di ACEA devono essere indirizzati a sanare la rete idrica della Capitale che disperde il 40% di una risorsa così preziosa, piuttosto che a costruire costosissimi potabilizzatori;
- decisioni così importanti, che impattano sulla vita quotidiana di milioni di persone devono essere trasparenti, coinvolgere la cittadinanza e non assunte in un Consiglio di Amministrazione che vede la presenza anche di soggetti privati interessati al lucro e non certo alla salute ed al benessere della cittadinanza.