Ieri alcune lavoratrici e alcuni lavoratori vicini a Potere al Popolo che provengono da vertenze come Almaviva, Gse e Fondazioni Lirico Sinfoniche sono andati a portare la loro solidarietà ai lavoratori dell’Auditorium Parco della Musica.
E’ passata una settimana da quando è stato effettuato il cambio appalto che in barba alle più elementari norme, come l’applicazione dell’articolo 2112, che obbliga l’impresa subentrante a mantenere gli stessi diritti ai lavoratori acquisiti, li ha visti firmare un contratto part-time che ne riduce drasticamente le ore lavorate nonché le ore di permesso a disposizione.
In parole, realmente, povere, queste persone si ritroveranno a fare i conti per la spesa, a dir tanto, con sei o settecento euro in tasca.
Ad oggi, è solo grazie alla loro ostinazione, tramutatasi in sciopero ad oltranza e presidio vicino all’Auditorium, che hanno ottenuto l’attenzione di giornali e tv. I media sono armi efficaci ma di breve portata. Se da una parte hanno spesso il pregio di smuovere le acque, alla lunga se non si ottengono significativi passi in avanti, vengono impugnate da politici e dirigenti e ritorte contro gli stessi lavoratori.
Abbiamo visto troppo spesso tavoli di trattativa tramutarsi in abili messe in scena per allungare il brodo e sfiancare la lotta di persone che alla fin fine sono dotate di pochissime risorse economiche. E’ per questo che l’unica vera arma che conosciamo è la solidarietà tra lavoratori.
Il rappresentante sindacale Roberto Liberatori, ci ha preannunciato l’incontro con la VI commissione capitolina della cultura. Nonché di un altro possibile incontro con il presidente della regione Zingaretti.
Quanto vorremmo che il vento dei fatti spazzasse via la bonaccia delle parole. Per ora ciò che sappiamo è che l’unica barca su cui possono salire queste donne e questi uomini è quella che ci vede insieme a loro nel mare aperto della precarietà, dove il lavoro dignitoso è il solo approdo sicuro.
Noi cercheremo di non perderli di vista perché la loro lotta è la nostra. Vorremmo solo ricordare, ai tanti notabili che dalla prossima settimana si alterneranno attorno ai tavoli di trattativa, che l’articolo 36 della costituzione, se invocato da politici socialmente onesti e applicato da giudici altrettanto socialmente onesti, avrebbe invalidato di colpo tre quarti dei contratti stipulati in questo scorcio di secolo.
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”