Lazio

[Roma] Fallita la farsa radicale, la battaglia per un vero servizio pubblico deve ancora cominciare!

Con una partecipazione del 16,4% la campagna di Radicali Italiani e PD per la liberalizzazione del trasporto pubblici di Roma si è rivelata un flop. La percentuale non raggiunge neanche la metà del quorum del 33% necessario a dare validità alla consultazione, che in ogni caso non sarebbe risultata vincolante per l’amministrazione (il referendum era infatti consultivo).

L’operazione è quindi affondata in un mare di astensioni. Su questo già si è scatenata la lagna dei comitati e dei militanti del Sì, scagliata contro il presunto silenzio mediatico che avrebbe coperto la campagna referendaria, contro la “disinformazione” dei comitati del No, o direttamente contro i cittadini romani, “ignoranti”, “sfaticati”, “buoni solo a lamentarsi”. Se è vero che le istituzioni capitoline si sono impegnate al minimo per promuovere il referendum è anche vero però che i principali giornali italiani (Repubblica, Corriere, Il Sole 24 Ore, Il Mesaggero) lo hanno promosso a colpi di editoriale per il Sì. Così come non sono mancati interventi televisivi e radiofonici, cartelloni pubblicitari scandalistici in giro per le strade e anche gli inviti al voto di icone romane come Carlo Verdone e Sabrina Ferilli. La scarsa conoscenza che ancora si registrava a pochi giorni dalla scadenza è allora parte del quadro generale di disaffezione verso il tema, o meglio, nel modo in cui veniva affrontato e verso chi lo portava avanti. Ed è proprio questa disaffezione che va spiegata.

Una disaffezione innanzitutto verso le forze politiche che promuovevano il Sì, come dimostra la pressoché totale sovrapponibilità tra le zone in cui si sono registrate le percentuali più alte di votanti al referendum (e tra questi di chi ha votato Sì) e quelle degli elettori PD, con il suo candidato radicale Giachetti, in prima linea nella campagna referendaria, alle ultime elezioni comunali. Quartieri della “Roma bene”, come quelli del I e II municipio, o roccaforti del centro-sinistra come l’VIII. Negli altri, nei quartieri più periferici, oltre alla grande astensione si sono registrati anche le più alte percentuali di No, con picchi fino al 40-45% nel caso del IV e del VI municipio. E che oltre a essere quelli con maggiore ricorso al servizio di trasporto pubblico e maggiormente esposti alle sue inefficienze, particolarmente gravi in periferia, sono anche quelli in gran parte già serviti dalla Roma Tpl, il gestore privato che si è aggiudicato il servizio dopo regolare bando europeo. Quartieri che quindi non si bevono la storia che la propria condizione possa migliorare con le paroline magica della gara e della concorrenza. Che è poi sono le stesse che in questa città non hanno impedito scandali ben più grossi, come quello di Mafia Capitale, o la costruzione dell’impero della “monnezza” di Cerroni, o il raddoppiamento di costi e tempi nella costruzione della Metro C. Difficile che le persone non lo sappiano o quantomeno non lo avvertano.

In ogni caso quanto parte dell’astensione sia consapevole, quanto di questa fosse effettivamente volta a sabotare il quorum è difficile dirlo. E sicuramente pesa il clima generale di distacco dalla politica, il disfattismo, finanche il qualunquismo. Qualunquismo che però ha le sue ragioni e riflette il fatto che negli ultimi trent’anni destra e sinistra si sono comportante effettivamente allo stesso modo, soprattutto sui temi che riguardano il welfare e i servizi pubblici, come dimostrano i numerosi tentativi di sabotaggio, in parte riusciti, del referendum del 2011 sull’acqua pubblica, che però riguardava anche altri servizi essenziali.
E allo stesso modo si comporta anche la Giunta Raggi che invece prova a intestarsi il risultato referendario perché i romani avrebbero capito che sta risanando l’azienda. La verità è molto diversa: il processo di relativo risanamento dei conti dell’azienda, ovviamente basato solo sul taglio dei costi, è in corso da qualche anno, mentre è stata proprio la scelta del Comune di disconoscere ben 200 mln di crediti che doveva all’azienda a far precipitare quest’ultima, l’anno scorso, in una crisi finanziaria che ha poi portato alla procedura para-fallimentare del concordato preventivo. Una procedura che rischia comunque di portare al fallimento dell’azienda e che non interviene minimamente sui problemi strutturali, come dimostra il fatto che la produzione chilometrica continua a calare per i guasti e la vecchiaia del parco mezzi e che l’unica cosa tangibile a cui ha portato è stato un aumento degli orari e dei carichi di lavoro per i dipendenti. Una politica, insomma, in assoluta continuità con le amministrazioni precedenti.

Troviamo allora che sia stato davvero importante allora impegnarsi per far comprendere le ragioni del No, come testimonia la nostra pagina www.poterealpopolo.org/atac, i cui materiali potranno essere utili anche per le battaglie future.
Abbiamo trasformato in un’occasione per denunciare i reali problemi del trasporto pubblico quella che da parte dei promotori del Sì era un’operazione di disinformazione che giocava sulle parole (liberalizzazione e non privatizzazione), che partiva dai sintomi anziché dalle cause, che assecondava tutti i peggiori luoghi comuni contro la gestione pubblica, i lavoratori che la portano avanti e i sindacati che li difendono, tipici di questi tempo.
Ora il nostro compito è fare leva su quel 25% di No e sulla parte più consapevole dell’astensione, per trasformare la diffidenza verso le false soluzioni calate dall’alto in mobilitazione organizzata dal basso.
Se il privato non è la risposta alle carenze del pubblico, allora noi dobbiamo pretendere maggiore pubblico! Contro le esternalizzazioni, gli appalti al ribasso, gli stipendi stellari dei manager, la forma giuridica privatistica dell’S.p.A.
Se la risposta alle collusioni politiche e agli opportunismi sindacali non può essere la rinuncia all’intervento della politica e all’iniziativa sindacale, allora dobbiamo pretendere una politica fatta dal popolo, nei suoi interessi, e un’azione sindacale che difenda i diritti di tutti contro i privilegi di pochi.

La battaglia è appena cominciata, utenti e lavoratori uniti, potere al popolo!

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