Le elezioni del 10 giugno al Municipio III e VIII di Roma hanno dimostrato che Potere al popolo c’è, sta crescendo e si rafforza. In particolare, il risultato del 3% raggiunto al terzo municipio (205 mila abitanti) ci conferma che è possibile la ricostruzione di un movimento popolare che liberi la politica istituzionale dagli interessi privatistici per rimetterla al servizio dei lavoratori e delle lavoratrici, della maggioranza della popolazione.
Ovviamente è un percorso difficile, tutto in salita, più avanzato in alcuni territori e meno in altri, ma questo non ci scoraggia; anzi, ci sprona a lavorare con più dedizione e creatività.
Al terzo municipio la bassa affluenza dimostra due cose essenziali: 1) lo scollamento sempre più grande tra le istituzioni e il popolo; 2) l’incapacità di mobilitare dei grandi partiti, che oramai godono di un consenso più virtuale che reale.
Inoltre il risultato ci dice anche che dopo le due coalizioni di centrodestra e centrosinistra e del movimento 5stelle, ci siamo noi, Potere al Popolo. È vero: da questi tre blocchi ci separa una distanza gigantesca di voti, sia in termini percentuali che assoluti. Ciò non toglie la grande responsabilità che abbiamo nel panorama politico attuale.
Ci teniamo quindi a chiarire che non ci sentiamo rappresentati da nessuna delle due forze politiche arrivate al ballottaggio. Ovviamente, ci separa un universo di valori e di pratiche dalla coalizione di destra: di cui la Lega (del candidato presidente Bova) oggi rappresenta la parte più becera e aggressiva, pericolosa per la sua capacità di far passare come popolare un’azione di governo chiaramente incentrata sulla guerra agli esclusi, ai poveri, ai diversi, mentre con la flat tax difende gli interessi di ricchi e potenti. Inoltre, il ruolo di un presidente “salviniano” potrebbe colpire ancora più duramente i protagonisti delle lotte sociali sul territorio con misure liberticide.
Ma nemmeno ci sentiamo vicini alla coalizione del centrosinistra, ovvero alla riproposizione di una coalizione che pur presentandosi come nuova, alternativa e vicina alle persone, ha dimostrato nelle precedenti esperienze amministrative il proprio scarso interesse per le condizioni dei quartieri periferici, abbandonando questi al degrado sociale e allo strapotere dei palazzinari che hanno cementificato il nostro territorio proprio grazie alle loro politiche regionali.
Una coalizione che non riesce ad emanciparsi dal PD, organizzazione di riferimento della grande borghesia dell’UE, responsabile a livello nazionale di tutte le peggiori leggi degli ultimi anni.
Non è una posizione ideologica o guidata da logiche settarie/partitiste, e nemmeno vogliamo costruire la nostra identità a partire dall’opposizione a altre forze politiche. La questione è un’altra, come i migliori scrittori e le migliori scrittrici, per scrivere la nostra storia abbiamo scelto di partire da una lettura realista del contesto storico in cui si inserisce.
Al di là del linguaggio e della sfumature, c’è una chiara continuità tra le forze di destra e centrosinistra che hanno guidato il paese negli ultimi decenni. Per fare alcuni esempi, c’è una continuità sostanziale tra la legge Bossi-Fini, intervenuta sulla Turco-Napolitano e seguita dalle leggi Minniti-Orlando. La sostanza che li accomuna è la marginalizzazione della diversità, la criminalizzazione della povertà, la guerra agli ultimi e agli sfruttati in nome della sicurezza e della stabilità. La “riforma Fornero”, il pareggio di bilancio in Costituzione, Il “Jobs act”, la “buona scuola”, il decreto “Renzi –Lupi”… insomma l’attacco ai danni dei lavoratori e delle lavoratrici, la distruzione della scuola pubblica, l’attacco al diritto alla casa, tutto questo è firmato anche dal Pd.
A Roma, la vicenda dello stadio a Tor di Valle – badate bene – al di là delle vicende giudiziarie, rappresenta per noi l’ennesimo esempio di come i vecchi e nuovi partiti politici oggi non riescano a liberarsi dagli interessi speculativi e privatistici. Allora, senza una rottura con questa politica è impossibile pensare un cambiamento che rovesci il tavolo istituzionale.
Potere al Popolo non è la vecchia politica, ma nemmeno quella nuova, Potere al Popolo è una politica radicalmente diversa. In primis nella forma, che non è quella di un partito tradizionale e nemmeno di una “coalizione civica” di sigle, ma quella di un movimento basato sul concetto di potere popolare, e quindi della democrazia partecipativa attraverso la responsabilizzazione delle persone. In secondo luogo, nella sostanza: noi non solo vogliamo dare voce a quelle categorie emarginate e colpite dal sistema, di cui ci sentiamo idealmente e fisicamente parte, ma ne vogliamo anche essere uno strumento politico per la rottura con tutto il paradigma politico esistente. In altre parole, noi non pensiamo di poter risolvere i problemi delle classi popolari, ma li vogliamo risolvere insieme alle classi popolari, vogliamo mettere un piede nelle istituzioni e cento nelle strade.
Vogliamo rivoluzionare le forme stesse della rappresentanza, tutto il resto per noi è la riproposizione di esperienze già fallite, che non facilita ma ostacola un riscatto. Riscatto che può avvenire solamente attraverso la costruzione di un soggetto anticapitalista che sia includente, allargato alle persone e non al ceto politico esistente, così come in altri paesi europei, dove queste esperienze sono già più avanzate.
Speriamo che queste riflessioni servano a chi ci ha votato e alla cittadinanza del terzo municipio in generale per affrontare con più elementi la decisione del voto o del non voto il prossimo 24 giugno. Noi possiamo solamente garantire che, comunque vada, per il terzo municipio Potere al Popolo già si è messo al lavoro per costruire un’opposizione sociale, democratica e popolare, proprio a partire dal nostro programma elettorale, che vogliamo attuare attraverso la partecipazione e la mobilitazione delle persone che abitano il nostro territorio.