Stamattina, sabato 14 marzo 2020, il Governo ha firmato con le Parti Sociali il tanto atteso “Protocollo […] per il contenimento del Covid-19”. Gli scioperi spontanei e la rabbia operaia avevano costretto il Governo a convocare un tavolo, che avrebbe potuto e dovuto recepire la preoccupazione e il malessere di milioni di lavoratrici e lavoratori, costretti anche in tempi di “Zona rossa” a recarsi in uffici, fabbriche, call-centre. Le indicazioni emerse dalla mobilitazione popolare dovevano essere chiare, se non al Governo almeno ai sindacati confederali, e invece niente. Nel testo non c’è nulla di tutto questo.
Il protocollo non risponde ai bisogni di questo Paese
Le esigenze dei lavoratori spariscono; quelle delle imprese, al contrario, si impongono ancora una volta. I diritti, i bisogni, la tutela della salute dei lavoratori sono variabile dipendente della capacità imprenditoriale di fare profitti, anche in tempi di pandemia. Quando si scrive “coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza” ciò che preme a Governo e Parti Sociali è garantire la prima, anche a scapito della seconda. Confindustria segna un altro punto a suo favore e potrà dunque ben rallegrarsi.
Che cosa dice il Protocollo?
Il documento è tenero con gli imprenditori, duro coi lavoratori. Ai primi “suggerisce” e “raccomanda”, ai secondi intima obblighi e doveri. “L’azienda potrà”; il lavoratore, invece, “dovrà”.
Per le imprese fioccano gli “a meno che”, le eccezioni che sono tanto ampie da farsi regola, mille scappatoie che consentono qualsiasi comportamento. Se non si trovano mascherine conformi alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ad esempio, si potrà far uso di mascherine di altre tipologie. Bisogna rispettare la distanza interpersonale non inferiore a un metro, ma solo “a meno che” non sia impossibile. La “sanificazione” non dovrà essere quotidiana, ma solo periodica.
Per i lavoratori, al contrario, il testo è ricco di “obblighi”: devono rispettare le norme sanitarie, certo, ma, ad esempio, devono sottoporsi anche alla misurazione della temperatura corporea, in evidente violazione dell’Art. 5 dello Statuto dei Lavoratori e senza alcuna garanzia sull’utilizzo presente e futuro dei dati raccolti e della loro conservazione.
Non si esplicita nessuna misura di controllo relativo alle poche, piccole cose che le aziende devono fare; in pratica se l’azienda non fa nemmeno quel poco che deve, nessuno controlla; se c’è denuncia, non c’è sanzione.
A imprenditori preoccupati dagli scioperi e dalle proteste, Governo, Confindustria e sindacati confederali insomma rispondono: “state tranquilli”. Nessuna attività, nemmeno quelle assolutamente superflue e voluttuarie, sarà fermata. Business as usual. Ma, a maggior ragione in tempi di pandemia, la “normalità” non è accettabile. In tempi eccezionali servono misure eccezionali, un coraggio eccezionale.
Che cosa dobbiamo fare?
Al Paese, ai lavoratori e alle lavoratrici, serve:
• Il blocco immediato di tutte le attività NON necessarie. Una Ferrari è forse necessaria? Lo è un telefono, la consegna di un mobile o della cover di un cellulare? Lo sono l’acciaio e l’automotive, dove i lavoratori stanno scioperando? Blocco immediato!
• Immediata sanificazione e messa in sicurezza di tutti i luoghi di lavoro necessari ad affrontare il coronavirus e l’emergenza. Non è ad esempio accettabile che, mentre a parole si tessono le lodi degli eroici medici, infermieri e del personale sanitario tutto, negli ospedali si sia costretti a lavorare senza nemmeno tute e mascherine!
• Continuità di reddito per chi è costretto a non lavorare, per chi è in quarantena o in malattia, per chi il lavoro l’ha perso a causa del coronavirus;
• Sciopero generale in tutto il Paese per permettere ai lavoratori di non doversi piegare al ricatto di chi ci vuole al nostro posto di lavoro anche a costo della pelle; copertura sindacale degli scioperi spontanei in ogni azienda!
Sono misure di semplice buon senso, eppure non trovano applicazione nel Protocollo. Solo la mobilitazione costante dei lavoratori e delle nostre comunità potrà permettere di raggiungerli. Stanno giocando una becera partita sulla nostra pelle. Non è retorica. Impedire che tutto prosegua “normalmente” sui posti di lavoro oggi significa impedire che ci mandino al macello.