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PONTE MORANDI: DOPO 5 ANNI ANCORA NESSUNA GIUSTIZIA

PonteMorandi

Cinque anni fa crollava il ponte Morandi, portandosi via 43 persone, ferendone altre 11 e 566 sfollati. 43 persone normali, uomini, donne e bambini, lavoratori e lavoratrici, italiani e italiane di diversa origine, peruviani, colombiani, albanesi. Il ponte non ha guardato i documenti a nessuno al momento di crollare.

Una strage – cosi bisogna chiamarla – che attende giustizia.

C’è una prima giustizia da fare, un tempo si sarebbe detto “borghese”, che deve individuare le responsabilità specifiche di quel crollo. Non dobbiamo mai dare nulla per scontato quando sul banco degli imputati c’è una famiglia potente come i Benetton. Perché questa giustizia sia fatta, perché la verità emerga e chi deve pagare paghi, occorre tenere accesi i riflettori sulle evidenze che emergono dal processo. Ad esempio le dichiarazioni di Gianni Mion, ex Ad della holding dei Benetton, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia, che segnala come i dirigenti di Aspi, Atlantia, compreso Gilberto Benetton, e i dirigenti di Spea sapessero del rischio di crollo già dal 2010.

C’è poi una seconda giustizia da fare. È una giustizia più profonda, perché vuole eliminare alla radice i fattori sistemici che hanno prodotto la strage. Parliamo della privatizzazione di un bene pubblico e un monopolio naturale come le Autostrade. Ritornare indietro, prendere atto e fare giustizia, è l’operazione più difficile da fare, perché richiede una volontà politica che nessuno degli attuali partiti presenti in Parlamento vuole davvero portare avanti.

Il primo passo è riconoscere la scelleratezza dalla svendita di Autostrade ai Benetton, avvenuta in due passaggi, nel 1997 e nel 1999, sotto i Governi di centrosinistra Prodi e D’Alema. La svendita fu uno degli episodi della liquidazione di Iri, di cui fu compartecipe Mario Draghi, che privó lo Stato di uno strumento di politica industriale e di controllo sui settori strategici dell’economia.

I concessionari privati, che hanno fatto affari miliardari sulla gestione di Autostrade, hanno puntato al massimo profitto, risparmiando sulla manutenzione mentre distribuivano dividendi, come affermato dalla stessa Procura di Genova. Il controllo pubblico sulla concessione venne ulteriormente indebolito nel 2008 dal “Salva Benetton” voluto e votato dalla coalizione di destra attualmente al Governo, che salvó Aspi dalla perdita della concessione. Questa è la storia.

Il secondo passo per fare giustizia è agire di conseguenza e tornare alla gestione pubblica delle autostrade.

Al momento del crollo, in quel 14 agosto 2018, il Ministero delle Infrastrutture non era in mano ai due blocchi che avevano regalato Autostrade ai Benetton. Bensì al Movimento Cinque Stelle: “Revoca della concessione” e “Nazionalizzazione” erano le parola d’ordine. Quella sarebbe stata giustizia. A cinque anni possiamo dire che niente di quanto promesso dal Governo Conte si è realizzato.
Invece di revocare immediatamente la concessione e rendere completamente pubbliche le autostrade, chiedendo i danni alla vecchia società, il Governo Conte ricomprò le quote azionarie dei Benetton, tramite il risparmio postale (Cassa Depositi e Prestiti).

Poi nella nuova società subentrarono nuovi investitori privati, tra cui il fondo di investimento BlackStone, replicando lo stesso modello di gestione privatistico -volto alla produzione di dividendi – che aveva portato al disastro.

Questo è quello che è accaduto negli ultimi cinque anni.

Se vogliamo che giustizia piena sia fatta dobbiamo riflettere su quello che è stato e organizzarci politicamente perché non accada mai più.

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