Abbiamo accelerato l’avvenire!
È stata dura, dopo una pandemia costata al mondo centinaia di migliaia di vite non potevamo fare come se niente fosse. Non siamo tornati a com’era prima, allo sfascio che ci aveva portato a un passo dal baratro. Abbiamo scelto la salute collettiva e la sanità pubblica.
Abbiamo buttato fuori gli speculatori che si erano arricchiti sulle nostre malattie.
Abbiamo scelto di prenderci cura della nostra terra e di agire per fermare la distruzione dell’ambiente e delle risorse naturali.
Abbiamo scelto – finalmente! – di sollevarci insieme a chi aveva pagato il prezzo più alto: i milioni di donne e uomini che vivono del loro lavoro. Noi – lavoratrici e lavoratori, operai, infermieri, medici, facchini, operatori del settore cultura e spettacolo, insegnanti – valiamo di più del profitto dei banchieri o delle speculazioni in Borsa.
Abbiamo dato un taglio a spese militari e guerre, meglio investire quella montagna di soldi per costruire una scuola o un ospedale, per non trovarci mai più senza mascherine all’occorrenza.
Abbiamo scelto di cooperare e di progettare insieme un mondo nuovo.
Abbiamo assicurato a tutti il necessario per vivere, e ci siamo riusciti perché ognuno di noi si è impegnato con le proprie competenze, con la propria forza e le proprie idee, nel rispetto e nella solidarietà.
Costruire sulle macerie non è stato semplice, ma ce l’abbiamo fatta!
SE LA NORMALITÀ È IL PROBLEMA…
No, non siamo impazziti. Potrebbe davvero andare così!
“Abituatevi a perdere i vostri cari”. Ve lo ricordate? In piena emergenza coronavirus il premier britannico, Boris Johnson, strappava il velo sul futuro che ci avevano preparato e impacchettato.
Abituatevi alla rassegnazione e alla perdita, e non vi lamentate nemmeno troppo. Abituatevi a non avere un tetto, un lavoro, un ospedale, e pure a veder morire i vostri come le mosche.
“Andrà tutto bene, bisogna tornare alla normalità”. Ce l’hanno ripetuto fino alla nausea, proprio loro, i signori che dalla normalità traggono enormi profitti, lusso, potere e a noi lasciano le briciole.
Il coronavirus è stata una lente puntata sulle storture della società in cui viviamo. Voltarsi dall’altra parte è impossibile. L’emergenza sanitaria è diventata emergenza sociale, perché si è innestata su una crisi economica strutturale e mai risolta.
Nel nostro paese la disoccupazione è esplosa, si stimano crolli del PIL a doppia cifra, il debito pubblico salirà al 160%. Un esercito di milioni di nuovi poveri sta ingrossando le fila della miseria mentre vengono erosi diritti, crescono violenze razziali e di genere.
A soffrirne sono soprattutto operai sfruttati, lavoratori precari e sottopagati, partite iva e piccoli commercianti. Istituzioni, gruppi industriali e classi dirigenti, ormai senza credibilità, non hanno alcuna intenzione né capacità di invertire la rotta e di garantire un minimo di benessere, si stanno già attrezzando a far pagare i costi della crisi alle fasce più deboli, rafforzando torsioni autoritarie e repressive dello Stato. La pandemia ha portato alla luce il fallimento sistemico di questo modo di vivere e produrre, a tutte le latitudini. Ci ha fatto toccare con mano quello a cui andremo incontro se non agiamo subito.
Non è questo che vogliamo.
Vogliamo redistribuire le ricchezze, per garantire reddito, casa, welfare a tutti.
Vogliamo lavorare meno e lavorare tutti con la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario.
Vogliamo una pianificazione partecipata dell’economia e realizzare una società veramente ecologica, dove la produzione viene decisa in base alle esigenze della popolazione e viene condotta nel rispetto della salute delle persone e dell’ambiente, a discapito di guerre e spese militari, grandi opere, e rendite.
Vogliamo rilanciare il pubblico e partire da sanità e scuola, laiche e accessibili a tutti, manutenzione e cura del territorio, nazionalizzando banche e settori strategici sotto controllo popolare.
Vogliamo una società che si lasci alle spalle razzismo, patriarcato e ogni forma di negazione di parità e diritti. Una società che sia laica, senza più privilegi ingiustificati per le caste sacerdotali. Una società libera dalla vendetta di Stato, in cui non c’è spazio per il carcere ma per la rieducazione.
Farlo significa togliere le nostre vite dalle mani dei potenti, dei mercati, di quelli che detengono la ricchezza che noi produciamo. Siamo disposti a metterci in gioco, a rompere i tanti blocchi che ora ci fanno la guerra: il ricatto del debito e delle speculazioni finanziarie, i vincoli liberisti dell’Unione Europea, la Nato e le logiche di guerra, cercando di farli saltare con la mobilitazione delle masse italiane e internazionali.
PERCHÈ ADERIRE A POTERE AL POPOLO?
Per smettere di essere soli, entrare in una comunità coerente e generosa, fatta di migliaia di donne e uomini che ogni giorno si rimboccano le maniche. Non abbiamo intenzione di abituarci alla rassegnazione.
Per far parte di un movimento politico unico nel panorama italiano. Nasciamo senza leader né burocrazie e sponsor da professionisti della politica. Ogni attivista sceglie in prima persona portavoce, statuto, Coordinamento nazionale, e partecipa alle decisioni più importanti della vita collettiva attraverso strumenti che incentivano democrazia, partecipazione e trasparenza.
Perché alla politica italiana serve fare più che parlare. Aderire a Potere al Popolo non è solo limitarsi a dire cose giuste, ma agire con coerenza. La nostra pratica politica si articola ogni giorno nelle lotte, nel controllo popolare, nel mutualismo che è resistenza sociale ed economica e insieme presa di coscienza.
Vogliamo stare col fiato sul collo a chi ci governa, portare la voce del popolo fin dentro le Istituzioni, a partire da quelle locali, in cui i nostri attivisti diventano punti di riferimento per il territorio.
Per dare linfa vitale alla rete nazionale di Case del Popolo e di assemblee territoriali, il cuore del nostro progetto. Per mettere al centro i bisogni delle nostre comunità, per radicarci nei territori e lì sperimentare forme di autogoverno e di resistenza.
Per trasformare il mondo, per cambiare la vita. Abbiamo bisogno di una svolta radicale, di costruire un socialismo del XXI° secolo. Che tu sia un giovane studente, un precario, un pensionato, che tu sia donna o uomo, che tu sia italiano o migrante, se senti questa urgenza, siamo la stessa cosa.
Siamo noi a mandare avanti questa società, non siamo noi a dover vivere nella paura, a doverci sacrificare.
“CHE LA RICCHEZZA NON SIA STRUMENTO DI SCHIAVITÙ, MA ESSENDO DI TUTTI IMPERSONALMENTE, DIA A TUTTI I MEZZI PER TUTTO IL BENESSERE POSSIBILE”
Si può fare: proviamoci insieme!