Potere al Popolo Parigi aderisce e partecipa allo sciopero generale del 5 dicembre lanciato dai sindacati di CGT, Solidaires, FO, FSU, UNEF e UNL contro la riforma delle pensioni del governo Macron, al quale partecipano altre organizzazioni come La France Insoumis, PCF, NPA ed Ensemble, e si impegna attivamente, insieme alle diverse forze politiche, ai collettivi, ai gruppi di Gilets Jaunes, ecc… nel portare avanti una mobilitazione generale per i giorni a venire, nella prospettiva di una convergenza reale e sostanziale delle lotte. La riforma delle pensioni è soltanto l’ultimo attacco in ordine di tempo di Emmanuel Macron, sempre più “président des riches et des patrons”, volto a smantellare le conquiste e i diritti sociali per attuare quello “Stato sociale del XXI secolo” promesso ad inizio mandato.
Dopo due anni e mezzo dalla sua elezione all’Eliseo, abbiamo potuto constatare – se vi fossero stati dubbi – l’assetto fondamentale delle politiche economiche e sociali del sistema della Macronie: abolizione dell’Impôt de Solidarité sur la Fortune (ISF), la flat tax sui dividendi azionari in continua crescita e l’aumento della tassazione a carico dei lavoratori (in particolare la Contribution Sociale Géneralisée), il completamento della riforma del Code du Travail iniziata con la Loi Travail voluta da Hollande, la riduzione dell’Aide Personnalisée au Logement (APL), la riforma che ha introdotto la selezione all’università e un processo di elitarizzazione dell’istruzione con la Loi ORE e il ParcorSup, la criminalizzazione dei migranti e il razzismo istituzionalizzato attraverso la Loi Asile-Immigration.
A questa serie di provvedimenti portati a compimento nella prima metà del mandato presidenziale, si aggiungono nuove misure antisociali a tutto tondo. La riforma del Pôle Emploi (centro per l’impiego) e il contestuale taglio dell’assurance-chômage (indennità di disoccupazione) non possono che determinare una spinta ancora più forte alla precarizzazione, ridimensionando la struttura di assicurazione e welfare sociale, e una maggior competizione al ribasso nel mercato del lavoro, colpevolizzando i disoccupati per il loro “insuccesso”. La privatizzazione di diverse imprese partecipate dallo Stato – da Francaise des Jeux a Engie fino a quella più recente di Aéroports de Paris – mira ad un disimpegno da parte dello Stato nell’economia, lasciando parte della struttura produttiva in mano ai meccanismi predatori delle multinazionali e agli interessi finanziari di pochi investitori e speculatori.
Infine, vi è la riforma delle pensioni che, oltre ad accrescere ulteriormente le disuguaglianze sociali, andrà a penalizzare in particolar modo le donne, le quali potrebbero subire una perdita maggiore di reddito dovuta ad una mancata rivalorizzazione dei loro contributi per le “interruzioni di carriera” legate ai congedi di maternità, come riportato dallo studio dell’Institut de la Protection Sociale. La propaganda del governo di voler abolire i “privilegi”, uniformando il regime pensionistico, in realtà nasconde un attacco diretto ai diritti dei lavoratori. A questo hanno già fatto sentire la propria risposta gli cheminots della RATP e della SNCF, i quali hanno dichiarato di essere “disposti a perdere un mese di stipendio per difendere le pensioni” e i pompieri, i quali hanno fatto appello ad una settimana di occupazione di Place de la République per lo sciopero del 5 dicembre.
All’interno del quadro determinato da una torsione neoliberista, fatta di austerità e di regressione sociale, di tagli alla spesa sociale e agli investimenti pubblici, a pagarne immediatamente le conseguenze sono stati il settore dell’istruzione e della sanità pubblica. Sia l’istruzione che la sanità vengono ulteriormente mercificate e date in gestione a privati, in virtù del profitto di mercato, senza il riconoscimento delle responsabilità dello Stato nell’interesse pubblico e collettivo. Una logica per cui se hai le risorse economiche e le disponibilità finanziarie per formarti o curarti puoi farlo tranquillamente, ma in caso contrario sei costretto ad arrangiarti indebitandoti o a morire.
Il drammatico e disperato gesto di uno studente e militante del sindacato di Solidaires Etudiant-e-s, il quale lo scorso 8 novembre, ha cercato di darsi fuoco davanti al Centre Régional des Oeuvres Universitaires et Scolaires (CROUS) di Lione a causa delle difficoltà economiche derivanti dall’opprimente stato di precarietà, ha portato alla ripresa delle mobilitazioni dei liceali e degli universitari francesi. Questi denunciano il carattere strutturale della precarietà studentesca, determinata dalla riduzione delle borse di studio e dal numero di alloggi nelle residenze universitarie, nonché dalla soppressione di una serie di servizi sociali legati alla vita studentesca, a fronte dell’introduzione e dell’aumento di quest’anno di una nuova tassa obbligatoria, ovvero la Contribution de Vie Étudiante et de Campus (CVEC).
Oltre agli studenti, anche il personale medico e sanitario degli ospedali e dei pronto-soccorsi, in sciopero da questa estate in diverse strutture dislocate in tutta la Francia, denuncia un sistematico sotto-finanziamento da parte dello Stato, in un settore come quello della sanità pubblica che in questi anni ha visto una riduzione dei medici e degli infermieri di ruolo, una loro precarizzazione e l’aumento dei carichi e dei ritmi di lavoro. Lo stesso vale per le EHPAD (case riposo per anziani), con lo Stato che si vorrebbe alleggerire di questo costo giudicato troppo esoso, affidando maggiormente i servizi di assistenza e cura delle persone anziane alle strutture private, le quali già godono di sovvenzioni statali.
Contro questo sistema di politiche neoliberiste e classiste che sostanziano un meccanismo di redistribuzione della ricchezza verso l’alto – con Macron simile ad un “Robin Hood al contrario” che ruba ai poveri per dare ai ricchi – da più di un anno si è mobilitato ed è cresciuto il movimento dei Gilets Jaunes. Combattere l’esclusione sociale, l’impoverimento e la dilagante precarizzazione delle vite è stato uno degli assi portanti delle mobilitazioni dei Gilets Jaunes, che hanno saputo dare forza e convinzione alla possibilità di un cambiamento radicale e ad una prospettiva di riappropriazione del proprio futuro. Si è trattato di una delle dimostrazioni più avanzate e determinate in un contesto sociale in cui la povertà assoluta e la precarizzazione stanno assumendo caratteri generalizzati e di massa, con più di 9 milioni di poveri e sempre più lavoratori che non arrivano alla fine del mese.
La risposta da parte del governo a queste rivendicazioni sociali è stata quella della repressione, brutale e violenta, delle piazze da parte della polizia, dell’accanimento giudiziario nei confronti di chi ha deciso di sollevare la testa e di lottare collettivamente per la difesa dei diritti di tutte e tutti. Il numero esorbitante di arrestati e condannati, di feriti e mutilati durante le manifestazioni di questo anno dei Gilets Jaunes ha dimostrato chiaramente e agli occhi di tutti la ferocia del sistema neoliberista e la sua incapacità ormai cronica di fronteggiare i bisogni sociali dei settori popolari, mentre continua a difendere gli interessi di pochi e a sostenere i profitti delle multinazionali e dei gruppi finanziari.
A questo si aggiunge la totale mancanza di responsabilità da parte del governo Macron sul fronte delle politiche ecologiste a tutela dell’ambiente, contro la devastazione territoriale e l’inquinamento massivo, le cui conseguenze ricadono inevitabilmente sulle classi popolari, soprattutto quelle più oppresse e marginalizzate. I Gilets Jaunes e i numerosi movimenti contro il cambiamento climatico hanno ribadito con grinta “Fin du monde, fin du mois / Mêmes coupables, mêmes combat”, coniugando la necessità di una trasformazione del sistema di produzione capitalista che unisca le rivendicazioni di giustizia sociale e ambientale.
La mobilitazione prevista per lo sciopero generale del 5 dicembre e la volontà da parte di diversi sindacati conflittuali, gruppi di Gilets Jaunes e altri di continuare a rimanere mobilitati, con azioni, assemblee e manifestazioni, sembrano voler dare nuovo impulso ad una convergenza di lotte capace di strutturare e articolare un movimento forte di opposizione sociale al governo Macron e al suo sistema. Già nel 1995, il movimento sociale francese, allora sceso in piazza contro il “plan Juppé” di riforma delle pensioni e della Sécurité sociale, ha saputo dare prova della sua determinazione con scioperi in diversi settori, pubblici e privati, e gigantesche manifestazioni in tutta la Francia.
Potere al Popolo Parigi sarà in piazza il 5 dicembre per portare il proprio sostegno alle numerose lotte in corso in tutta la Francia e per costruire rapporti internazionali con le forze politiche e i movimenti sociali che si mobilitano contro le politiche neoliberiste di Macron, costretto a ricorrere allo strumento della repressione nel tentativo di salvaguardare il proprio potere autoritario, che si sta sgretolando sotto la pressione e la determinazione delle proteste sociali generalizzate di questi mesi. È il momento di unire le nostre forze sulla base delle nostre rivendicazioni sociali, contro Macron e il sistema di poteri ed interessi che rappresenta, non solo per resistere di fronte all’ennesimo attacco contro i nostri diritti, ma per costruire la contro-offensiva, tutte e tutti insieme. Fino alla vittoria!