Il 26 luglio, alti funzionari delle Nazioni Unite (ONU) hanno informato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla terribile situazione a Gaza. “Più di due milioni di persone a Gaza rimangono intrappolate in un incubo di morte e distruzione senza fine e di dimensioni sconcertanti”, ha dichiarato il vicecommissario generale Antonia De Meo dell’Agenzia delle Nazioni Unite per le persone rifugiate dalla Palestina (UNRWA). All’interno di Gaza, hanno scritto i funzionari delle Nazioni Unite, 625.000 bambinə sono intrappolatə, “il loro futuro è a rischio”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha registrato “focolai di epatite A e una miriade di altre malattie prevenibili” e avverte che è “solo una questione di tempo” prima che un’epidemia di poliomielite si diffonda tra ə bambinə. All’inizio di luglio, una lettera su The Lancet di tre scienziati che lavorano in Canada, Palestina e Regno Unito suggeriva che applicando una “stima prudente di quattro morti indirette per ogni decesso diretto ai 37.396 decessi riportati, non è implausibile stimare che il conto delle morti attribuibili all’attuale conflitto a Gaza arriverà a 186.000 o anche più”.
Due giorni prima della riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il 24 luglio, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è rivolto a entrambe le camere del Congresso degli Stati Uniti. Due mesi prima di questa apparizione, la Corte Penale Internazionale (CPI) ha dichiarato di avere “ragionevoli motivi per credere” che Netanyahu abbia “responsabilità penale per… crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. Questo giudizio è stato completamente accantonato dai/lle parlamentari degli Stati Uniti, che hanno accolto Netanyahu come se fosse un eroe. Il linguaggio di Netanyahu è stato agghiacciante: “dateci gli strumenti più velocemente, e finiremo il lavoro più velocemente”. Qual è il “lavoro” che Netanyahu vuole che l’esercito israeliano porti a termine? A gennaio, la Corte Internazionale di Giustizia ha definito “plausibile la denuncia di atti di genocidio” perpetrati dall’esercito israeliano. Quindi, il “lavoro” che Israele vuole completare è il suo genocidio del popolo palestinese, accelerato dall’aumento della fornitura di armi e finanziamenti da parte degli Stati Uniti?
Fuori dalle sale del governo, decine di migliaia di persone hanno protestato contro la visita di Netanyahu al Congresso. Fanno parte della falange di persone giovani che sono state coinvolte in un ciclo di proteste contro il genocidio israeliano dei e delle palestinesi e contro il totale sostegno del governo degli Stati Uniti alla violenza. Netanyahu ha definito i manifestanti “utili idioti dell’Iran”, una strana affermazione fatta da un ospite straniero per definire cittadini e cittadine che stavano esercitando i loro diritti democratici nel proprio paese. La polizia ha usato spray al peperoncino e altre forme di violenza per contenere le proteste, che sono state pacifiche e giuste.
Mentre Washington accoglieva l’accusato di crimini di guerra, Pechino ospitava i rappresentanti di quattordici gruppi politici palestinesi che venivano a confrontare le loro posizioni e a trovare un modo per costruire l’unità politica contro il genocidio e la colonizzazione israeliana. Poco prima che Netanyahu entrasse nell’aula del Congresso, i quattordici rappresentanti hanno posato per una foto alla Diaoyutai State Guesthouse di Pechino. Il loro accordo, la Dichiarazione di Pechino, ha fatto avanzare il loro impegno a lavorare insieme contro il genocidio e l’occupazione e ha riconosciuto che la loro disunione ha solo aiutato Israele.
Nel maggio 2006, dall’interno delle dure prigioni israeliane, cinque palestinesi che rappresentavano le cinque principali fazioni hanno redatto il Documento dei prigionieri: Abdel Khaleq al-Natsh (Hamas), Abdel Raheem Malluh (Fronte popolare per la liberazione della Palestina), Bassam al-Saadi (Jihad islamica), Marwan Barghouti (Fatah) e Mustafa Badarneh (Fronte democratico per la liberazione della Palestina). Queste cinque fazioni includono due formazioni di sinistra, due formazioni islamiste e la principale piattaforma di liberazione nazionale. Il documento in diciotto punti invitava vari gruppi (tra cui Hamas e la Jihad islamica) a riattivare l’OLP come piattaforma comune, ad accettare l’Autorità Palestinese come “nucleo del futuro Stato” e a conservare il diritto di resistenza all’occupazione. A giugno dello stesso anno, tutte le parti hanno firmato una seconda bozza del documento. Nonostante i tentativi di creare unità, anche durante l’assalto israeliano a Gaza noto come Operazione Piogge d’Estate (giugno-novembre 2006), tale convergenza non è stata possibile. L’animosità tra le fazioni palestinesi è rimasta.
1. Fronte di Liberazione Arabo
2. As-Sa’iqa
3. Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina
4. Fatah
5. Hamas
6. Movimento della Jihad islamica
7. Fronte arabo palestinese
8. Unione Democratica Palestinese
9. Fronte di Liberazione della Palestina
10. Iniziativa Nazionale Palestinese
11. Partito Popolare Palestinese
12. Fronte di Lotta Popolare Palestinese
13. Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina
14. Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Comando Generale)
La Dichiarazione di Pechino, riprendendo le formulazioni contenute nel Documento dei prigionieri, chiede la creazione di uno Stato palestinese, il rispetto del diritto dei e delle palestinesi a resistere all’occupazione, la formazione di un “governo di consenso nazionale ad interim” da parte dei gruppi politici palestinesi e il rafforzamento dell’OLP e delle sue istituzioni al fine di promuovere il loro ruolo nella lotta contro Israele. Anche se la dichiarazione chiedeva un cessate il fuoco immediato e la fine della costruzione di insediamenti a Gerusalemme Est e in Cisgiordania, il suo obiettivo principale era l’unità politica.
C’è da vedere se questo processo mediato dalla Cina produrrà risultati quando le delegazioni palestinesi si siederanno al tavolo con quelle israeliane. Tuttavia, segna comunque un passo avanti in questa direzione e un possibile punto di svolta rispetto al crollo di un progetto palestinese unificato che era iniziato sulla scia dell’accordo di Oslo II del 1995. La Dichiarazione di Pechino è diametralmente opposta alla veemenza del discorso di Netanyahu al Congresso degli Stati Uniti: quest’ultimo genocida e pericoloso, mentre il primo cerca la pace in un mondo complesso.
Quando l’albero si alza, i rami
fioriranno verdi e freschi al sole,
la risata dell’albero fiorirà
sotto il sole
e gli uccelli torneranno.
Indubbiamente, gli uccelli torneranno.
Gli uccelli torneranno.
L’assassinio del leader di Hamas Ismail Haniyeh (1962-2024) a Teheran (Iran) ha reso la situazione profondamente difficile e renderà difficile il canto degli uccelli.
Con affetto,
Vijay
*Traduzione della trentunesima newsletter (2024) di Tricontinental: Institute for Social Research.
Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.