Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza.
Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo.
Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza.
Venerdì 3 maggio, ore 18, Ex Opg: prima assemblea pubblica di Potere al Popolo Giovani!
Forse è vero che bisogna sognare. Sognare per remare controcorrente, riafferrare l’esigenza di una vita altra, di una società nuova, di un mondo più libero e giusto. Riappropriarsi del senso, non lasciarsi inghiottire nell’abisso di una realtà priva di certezze, senza prospettive. Siamo la generazione di quelli nati e cresciuti in un mondo globale, patiamo un destino di precarietà, “nomadi” senza certezze, senza futuro, a volte senza speranze. Ci hanno insegnato ad essere “realisti”, a restare con i piedi per terra, ad accontentarci. “Accontentarci”, certo… Nel loro gergo forse equivale alla parola “accettare”.
Accettare mentre il mondo cade a pezzi, la natura viene annientata dalla produzione industriale selvaggia ai fini del profitto di pochi, la cultura diventa un orpello astratto dal mondo e segregato in istituzioni baronali e anchilosate, lo sfruttamento del lavoro precario diventa la norma su cui si ristrutturano le società occidentali.
E così, anno dopo anno, abbiamo accettato che la vita è ben altra cosa da come pensavamo. A volte ci siamo aggrappati a una speranza scendendo a compromessi con un destino che innalza il successo di pochi sulla miseria di molti. Abbiamo accettato le leggi spietate della concorrenza, di quella che loro chiamano da sempre “meritocrazia”. Abbiamo mosso guerra senza volerlo ai nostri coetanei, indifferenti al destino del mondo, rinchiusi in un microcosmo soggettivo, abbiamo assecondato la disgregazione della comunità sociale per essere liberamente, servilmente individui, disperatamente alla ricerca di un posto nel mondo. Alcuni di noi hanno cercato un’esistenza migliore in altri paesi, abbandonando la terra in cui sono nati e cresciuti, gli affetti, gli amori, i luoghi di senso, la lingua, e con ciò una parte di se stessi, non già per realizzarsi o conquistare la libertà tanto agognata, ma per essere sfruttati altrove in condizioni leggermente “migliori” di quelle in cui ci ha scaraventati una storia infame, fatta da altri, non da noi stessi.
Perché la storia non si fa mai da sola, piuttosto è il prodotto di dinamiche collettive e dell’azione di determinate classi dirigenti che rappresentano interessi ben concreti e materiali: le élite tanto odiate di cui spesso si parla oggi e che tuttavia paiono riprodursi ogni volta di nuovo nei populismi di destra così come nelle istituzioni neoliberali. I governi più disparati si sono succeduti in questi decenni, ma per noi nulla è cambiato: mai abbiamo avuto voce in capitolo. Sfruttati, precari, laureati in fuga con nient’altro in tasca che un pezzo di carta senza valore, costretti ad accettare condizioni miserabili di lavoro e di esistenza, eternamente contenti del poco che riusciamo a ottenere, abbiamo imparato a sopravvivere con quel che ci resta, ci siamo assuefatti all’indifferenza, abbiamo rinunciato a far sentire la nostra voce, mentre potremmo e dovremmo essere i protagonisti della nostra storia – una storia collettiva di emancipazione!
Per quanto si voglia tentare di riconciliare le generazioni passate con quelle presenti, la verità è che si è prodotta una frattura epocale tra quelli che crescevano nell’epoca d’oro del welfare state e del posto fisso e quanti, come noi, sono i figli della precarietà e dell’angoscia, immolati sull’altare di un sistema sociale ed economico in crisi perenne, il cui tracollo è evitato soltanto a costo di intollerabili sacrifici imposti dall’alto alle classi lavoratrici, ai giovani, agli immigrati. In questa frattura vogliamo inserirci con grandi ambizioni e un progetto collettivo di vita, di resistenza e di lotta. Spetta a noi risanare la distanza prodottasi tra noi e i nostri padri con la spinta di una rigenerazione complessiva della società, rinnovando il mondo in cui viviamo e la politica per come l’abbiamo conosciuta.
Potere al Popolo Giovani, ovvero uno spazio di “aggregazione”, “azione” e “comprensione”. Perché è fondamentale “aggregarsi” per non rimanere soli e costruire una comunità nuova, dispiegare processi collettivi di emancipazione, sperimentare forme di relazione inedite, nuovi valori fondati sulla gratuità, sulla partecipazione diretta e orizzontale alla vita politica e sociale del paese, sulla solidarietà integrale, sull’autenticità. Aggregarsi per “agire” e incidere nella realtà, riprenderci il presente e ricostruire il futuro infranto tra le macerie di trent’anni di liberalizzazioni sfrenate, privatizzazioni, precarizzazione del lavoro, tagli alla spesa pubblica e all’istruzione, disgregazione sociale, reificazione della cultura. Infine “comprendere” per non lasciarci ingannare, per dire la nostra su quanto accade intorno, per capire inequivocabilmente la storia da cui veniamo, il nostro destino sociale e collettivo, e costruire una risposta chiara, di lotta, di proposta politica, di cultura viva, per orientarci nella mole immensa di informazioni e fake news infinitamente inculcateci da un sistema mediatico incontrollabile e mistificante.
Il mondo è diventato un posto assurdo, ci viene sottratto il senso stesso dell’esistenza: a chi tra noi la terra non è venuta meno sotto i piedi in questi anni durissimi di crisi e di incertezza? E tuttavia, di fronte a un mondo sull’orlo di una crisi ecologica senza precedenti, mentre l’odio razziale si diffonde e le disuguaglianze sociali aumentano drammaticamente, rimpiangendo i tanti amici partiti alla ricerca di non meglio precisate Eldorado, chissà dove, per chissà quanto tempo, noi non possiamo sottrarci al bisogno di sovvertire la realtà in cui viviamo, per costruire un mondo a dimensione d’uomo, e riappropriarci di quanto ci è stato espropriato: innanzitutto i nostri sogni e le possibilità concrete di realizzarli. Con il sangue negli occhi e la rabbia nel cuore.