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MADURO ELETTO PRESIDENTE DEL VENEZUELA!

Sono le prime ore del mattino qui in Italia quando, dall’altra parte del mondo, il Consiglio Nazionale Elettorale del Venezuela proclama i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali tenutesi domenica 28 luglio.
Con un’affluenza alle urne di circa il 60% – tredici punti più che nelle precedenti, quando la maggior parte dei partiti di opposizione al chavismo avevano invitato al boicottaggio – e l’80% di schede scrutinate, il vincitore è Nicolás Maduro Moros, col 51,2% dei voti (poco più di 5 milioni); al secondo posto il principale esponente delle opposizioni, Edmundo González Urrutia, col 44% (poco meno di 4,5 milioni di voti).

Il chavismo, dunque, malgrado un arretramento dal punto di vista dei consensi, segna un altro successo elettorale. Il ventottesimo in ben trenta elezioni tenutesi dalla prima vittoria di Hugo Chavez a oggi. Una strana dittatura quella in cui si vota più d’una volta all’anno e diversi governatorati sono più o meno saldamente in mano alle opposizioni.

Nemmeno il tempo della proclamazione ufficiale, che le opposizioni gridavano al “fraude”, ai brogli elettorali. Parola d’ordine immediatamente ripresa da chi, da 25 anni a questa parte, sogna la fine del chavismo. Le voci del presidente argentino Milei e della dittatrice peruviana Dina Boluarte – lei sì assurta alla presidenza di Lima senza passare dal voto popolare, accompagnate da quella del “progressista” Boric, speranza del Cile presto tramontata, si sono levate in America Latina.

Qui in Europa il solitamente lentissimo Tajani, sempre attento alle prese di posizione di Washington, così da poter scodinzolare di conseguenza, ha fatto una levataccia e già alle 7:34 del 29 luglio twittava: “Ho molte perplessità sul regolare svolgimento delle elezioni in Venezuela. Chiediamo risultati verificabili e accesso agli atti”.
Affiancato dall’ultradestra di governo di Fratelli d’Italia, che col viceministro degli Esteri Cerielli chiedeva alla UE di “non riconoscere la rielezione di Maduro”.
Ma anche da parte dell’opposizione, con Lia Quartapelle, parlamentare del PD, che scrive che “la proclamazione della vittoria di Maduro è una farsa”.
Il bipolarismo liberista all’italiana è concorde nell’assumere il punto di vista dell’opposizione golpista venezuelana come il proprio punto di vista. Fin da subito. Senza nemmeno chiedere prove della presunta “truffa” (definizione di Menia, senatore di FdI e capo del dipartimento degli italiani all’estero).

Una velocità tutt’altro che casuale. Lo scenario, infatti, era stato preparato da tempo.
Sondaggi di società vicine agli ambienti dell’opposizione che davano per sicuro vincitore González Urrutia, il principale candidato degli anti-chavisti. Con distacchi tanto ampi che anche un passante avrebbe capito che qualcosa non quadrava.
Una campagna internazionale che ha prodotto decine e decine di titoli del potere mediatico negli ultimi giorni, un’attenzione che cresceva man mano che ci si avvicinava al giorno delle elezioni. Con un copione sempre identico a sé stesso: da un lato un cattivo che più cattivo non si può, Nicolás Maduro; dall’altra una sorta di eroina: Maria Corina Machado, la vera leader dell’opposizione. Un’estremista che pochi anni fa invocava l’invasione militare straniera del Venezuela per deporre Maduro e farla finita col chavismo e oggi prometteva privatizzazioni a tutto spiano e, tra le altre cose, il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele, veniva spacciata per moderata e pragmatica. El Paìs, principale quotidiano “progressista” spagnolo la considerava la “Margaret Thatcher venezuelana”, subito copiato da La Repubblica e da tanti media italiani.
Che, non contenti, in questi giorni hanno fatto passare il golpe contro Chavez del 2002 per “sommossa popolare” (Maurizio Stefanini sul Foglio del 24 luglio).

Il copione è comunque tutt’altro che nuovo. Le opposizioni venezuelane e gli antichavisti di ogni latitudine vivono nel Giorno della Marmotta. A ogni elezione si svegliano e ripetono lo stesso mantra. Identico da 25 anni a questa parte. Mai hanno riconosciuto i risultati delle elezioni dalla prima vittoria di Chavez (1998) in poi. Anzi, c’è un’eccezione: le elezioni dell’Assemblea Nazionale nel 2015. Quando le vinsero loro.
Che credibilità ha un’opposizione che grida ai brogli a prescindere, se non quando è lei a vincere?

Oggi festeggiamo la continuità del processo chavista che, pur tra mille difficoltà e contraddizioni, continua a essere il cammino scelto democraticamente dal popolo venezuelano per emanciparsi tanto dall’aquila statunitense quanto dall’oligarchia bipartisan che per sessant’anni aveva affamato le classi popolari di Caracas.

Chavez vive, la lucha sigue!

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