L’ennesimo incidente sul lavoro ha portato via un compagno e un amico di molti di noi, incontrato nella dimensione personale e nella vita politica, fino al sostegno dell’avventura di Capannori Popolare.
Al ricordo affettuoso dell’intelligenza, della schiettezza a volte tagliente, dell’austerità che celava una profonda dolcezza, della gentilezza con i deboli e la durezza contro la stupidità e il potere, si unisce la profonda rabbia collettiva che proviamo.
La rabbia per un lavoro che ha portato via la tua vita così presto.
Gridiamo ancora, una volta di più: com’è possibile che in Italia centinaia di lavoratori e lavoratrici perdano ogni anno la vita sul lavoro, persone che una mattina escono di casa come te per poi non fare più ritorno dai loro affetti? A questa rabbia che sale dentro, qualcuno dovrà dare una risposta, qualcuno dovrà venirci a dire che in nome del profitto, a maggior ragione in tempi di crisi, dobbiamo accettare anche questo.
Ancora una volta ci troviamo a invocare una legge che istituisca il reato di omicidio sul lavoro, la cui proposta di iniziativa popolare giace in qualche cassetto del Parlamento, mentre la politica fa pianti da coccodrillo e rimane sorda a qualsiasi intervento trasformativo della realtà.
Noi non lo accettiamo così come non lo accettavi tu e continueremo a lottare anche in nome tuo contro le ingiustizie, i soprusi e le prevaricazioni di una politica economica e sociale stupida e arrogante.