Contributo di Potere al Popolo – Livorno
Il turbolente pomeriggio di qualche giorno fa in Piazza Attias è solo l’ultimo degli eventi saliti alla ribalta cittadina (seguendo il trend nazionale) che riguardano i giovani e quello che sta succedendo loro durante questa pandemia Covid.
Partiamo precisando che la mascherina è sacrosanta e va portata. E che tutt’ora, in tutte le fasce d’età, ci sono persone che negano il suo beneficio nella lotta contro il virus (vedasi Negazionisti Covid su Google).
Non si può bombardare mediaticamente un’intera generazione rea solamente di avere l’età sbagliatissima nel momento più sbagliato degli ultimi 100 anni. Il problema di fondo nella tesi di chi attacca sempre e solo i giovani additandoli come irresponsabili, maleducati e senza quel “rispetto che una volta c’era verso le persone più adulte”, è che questa generazione viene attaccata da prima dell’emergenza sia direttamente con accuse di mancanza di voglia di lavorare e di valori, sia indirettamente con una realtà che affossa ogni speranza di credere in un futuro migliore, una realtà priva di ogni empatia intergenerazionale. C’è una società di vecchi con garanzie e di giovani abbandonati a sé stessi a cavarsela da soli.
Nei giorni scorsi abbiamo parlato come Potere al Popolo di come tutte le statistiche su precariato, disoccupazione e povertà vedano i giovani i più colpiti, come tutti gli spazi siano spesso loro bloccati con la solita retorica che il giovane non sa o non merita.
Ecco, se vogliamo parlare di come i giovani stiano reagendo a questa situazione non possiamo farlo senza immedesimarsi in un ragazzo di 16 anni che ha voglia di conoscere, stare con gli amici e lottare in qualsiasi modo ritenga giusto per un futuro che gli è stato tolto e contro un presente che lo vede come il nemico numero uno per la sregolatezza delle sue abitudini (A 16 anni).
Sarebbe importante, infatti, che personalità livornesi dello sport, della musica, del teatro e della movida tendano una mano verso i giovani dicendo loro che sono capiti, che è normale che se un ragazzo viene preso, buttato a terra e cercato di caricare su una volante tutti i suoi amici reagiscano nel difenderlo, perché quella in questo momento, a 16 anni, è loro realtà. L’amicizia.
Ed è sacrosanto, come la mascherina, che sia così.
Quando hai 16 anni inizi a creare la tua famiglia fatta di persone conosciute a scuola (ed erano SEI MESI che non ci andavi), per strada, su internet; e questa realtà forse resterà con te tutta la vita, crescendo e maturando insieme, e facendo, a volte, qualcosa di cui non si va fieri.
Così i giovani inizieranno ad ascoltarvi, a mettere la sacrosanta mascherina e a responsabilizzarsi per costruire, insieme, un futuro migliore. Un futuro che sarà il loro presente fatto di lavoro e l’opportunità di essere cosa una persona preferisce.
E se continuiate a considerarla una guerra fra adolescenti fannulloni e vecchi responsabili non andremo da nessuna parte.
E voleranno sassate. Perché in guerra ci si fa male.