È di ieri pomeriggio la notizia del fallimento del vertice – presso la sede di Confindustria di Caserta – che avrebbe dovuto affrontare la crisi apertasi alla Jabil di Marcianise dopo la dichiarazione della multinazionale statunitense di voler dimezzare l’organico attraverso il licenziamento di 350 lavoratori sui 706 in organico. L’azienda non sospende la procedura, ma concede una proroga dei termini di avviamento. Intanto il 23 settembre scadono i termini della cassa integrazione straordinaria per i 350 lavoratori. In sciopero dal 24 giugno, gli operai pretendono il blocco dei licenziamenti; il clima nello stabilimento è tuttora infuocato e per diversi giorni la polizia ha presidiato la fabbrica.
Sembra una scena già vista e in effetti ci troviamo di fronte all’ennesimo caso di una multinazionale che specula sulle vite degli operai e fa profitti ai danni dei lavoratori e del territorio locale. Prima dell’esplosione di questi giorni, per anni gli operai della Jabil hanno accettato riduzioni salariali, cassa integrazione, contratti di solidarietà al fine di sostenere la piena occupazione… anche questa suona come una storia già sentita.Già da mesi infatti siamo impegnati a sostenere la lotta dei 430 operai della Whirlpool di Napoli, una vicenda che non a caso sembra avere diverse similitudini con quella che si sta svolgendo a Marcianise. Esprimiamo la massima solidarietà ai lavoratori della Jabil e pensiamo sia necessario iniziare non solo a resistere “fabbrica per fabbrica”, “crisi per crisi”, “posto di lavoro per posto di lavoro” ma al contempo iniziare a creare legami di solidarietà e di lotta tra tutte queste battaglie, un fronte esteso contro la continua emorragia di posti di lavoro, da Napoli a Marcianise, da Mercatone Uno alla Whirlpool, dalla Jabil all’Arcerol Mittal.È necessario far sì che non sia più possibile, per multinazionali e padroni nostrani, prima fare cassa con i soldi pubblici (i soldi di tutti noi!) e poi chiudere tutto una volta accantonato il malloppo! Contro la continua perdita di posti di lavoro che sta attraversando il nostro Paese e la pesante desertificazione industriale che si accanisce principalmente nel Mezzogiorno è necessario pretendere che lo Stato si faccia garante del destino di chi vive il rischio della chiusura del proprio posto di lavoro e spingere affinché sia garantita la continuità lavorativa, anche mettendo in discussione la proprietà stessa di queste aziende.
Sembra una scena già vista e in effetti ci troviamo di fronte all’ennesimo caso di una multinazionale che specula sulle vite degli operai e fa profitti ai danni dei lavoratori e del territorio locale. Prima dell’esplosione di questi giorni, per anni gli operai della Jabil hanno accettato riduzioni salariali, cassa integrazione, contratti di solidarietà al fine di sostenere la piena occupazione… anche questa suona come una storia già sentita.Già da mesi infatti siamo impegnati a sostenere la lotta dei 430 operai della Whirlpool di Napoli, una vicenda che non a caso sembra avere diverse similitudini con quella che si sta svolgendo a Marcianise. Esprimiamo la massima solidarietà ai lavoratori della Jabil e pensiamo sia necessario iniziare non solo a resistere “fabbrica per fabbrica”, “crisi per crisi”, “posto di lavoro per posto di lavoro” ma al contempo iniziare a creare legami di solidarietà e di lotta tra tutte queste battaglie, un fronte esteso contro la continua emorragia di posti di lavoro, da Napoli a Marcianise, da Mercatone Uno alla Whirlpool, dalla Jabil all’Arcerol Mittal.È necessario far sì che non sia più possibile, per multinazionali e padroni nostrani, prima fare cassa con i soldi pubblici (i soldi di tutti noi!) e poi chiudere tutto una volta accantonato il malloppo! Contro la continua perdita di posti di lavoro che sta attraversando il nostro Paese e la pesante desertificazione industriale che si accanisce principalmente nel Mezzogiorno è necessario pretendere che lo Stato si faccia garante del destino di chi vive il rischio della chiusura del proprio posto di lavoro e spingere affinché sia garantita la continuità lavorativa, anche mettendo in discussione la proprietà stessa di queste aziende.