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IMPUNITA’ PER I RESPONSABILI DEL DISASTRO SANITARIO? NO GRAZIE!

Nei giorni scorsi è stato proposto dai senatori leghisti e da esponenti di “Cambiamo!”, il movimento fondato dal presidente della Liguria Toti, un emendamento al decreto “Cura Italia” che garantiva l’immunità “penale, civile, contabile e da rivalsa” ai dirigenti sanitari e ai responsabili amministrativi della gestione dell’emergenza, per non aver assicurato ai lavoratori sanitari un’adeguata protezione dal contagio da Coronavirus.

Un provvedimento che ha immediatamente scatenato indignazione da parte di sindacati, associazioni di categoria e Ordini dei Medici. I dirigenti sarebbero stati sollevati dalla responsabilità di non aver fornito i DPI agli operatori, in deroga alla legge 81/08, di fronte alla necessità di prestare comunque tutte le cure del caso. L’indignazione ha prodotto un risultato: Salvini è scappato con la coda fra le gambe, promettendo di ritirare l’emendamento.

Tuttavia non era l’unico emendamento “pericoloso”. Il PD ne ha proposto uno che, sebbene sia volto in primo luogo a proteggere medici e strutture sanitarie da cause legali per cosiddetta “malasanità” (fatti salvi i casi di dolo e colpa grave), prevede però anch’esso uno scudo legale per datori di lavoro relativamente alla “proporzione tra le risorse umane e materiali disponibili e il numero di pazienti”. Il che significa che la sostanza, rispetto alla proposta della Lega, non cambia poi troppo.

Un simile progetto di legge è da respingere con forza. In questo momento, in cui la Sanità campana e nazionale si trincera dietro ad alcune eccellenze per non vedere le condizioni di lavoro e di assistenza che si determinano nella maggioranza delle nostre strutture e sul territorio, come operatori sanitari segnaliamo le pesantissime responsabilità di chi ha diretto la macchina sanitaria con imperizia e negligenza, lasciando troppo spesso i lavoratori in condizioni di evidente pericolo, con sale inadeguate destinate ad accogliere ammalati COVID in regime di inefficace isolamento, con scarsità di adeguati DPI e moltissime altre difficoltà. Ci pare criminale, oltre che ridicolo, immaginare, in un simile contesto, di sollevare i dirigenti dalle loro responsabilità.

Mentre i TG mostrano le immagini di reparti ultra organizzati dell’ospedale Cotugno, in molti altri reparti non solo non si è dotati di simili dispositivi di protezione, ma addirittura i pazienti positivi non sono isolati in maniera adeguata, perché accolti in aree non dedicate e non separabili dal resto degli ambienti; spesso a un operatore è fornita un’unica mascherina FFP2 per dodici ore di lavoro, dovendo prestare assistenza a diversi ammalati, alcuni dei quali positivi, altri sospetti, altri negativi, con un elevatissimo rischio di contagio.

A questi politici così lungimiranti da volerci tutelare con simili proposte, vorremmo ricordare quanta responsabilità hanno anche loro stessi e i partiti di cui sono espressione nelle condizioni di assistenza e di lavoro che ci offre il sistema sanitario, dissanguato da anni e anni di tagli, deformato dal malcostume di nomine dirette per la designazione dei vertici delle aziende sanitarie – spesso mosse solo da interessi di tipo clientelare – oltre che da provvedimenti come la riforma del “Titolo V” della Costituzione e oggi di fronte al pericolo del regionalismo differenziato, che provocherebbe un’ulteriore biforcazione tra i sistemi sanitari del Nord e quelli del Sud, tragicamente sottofinanziati.

Esiste una responsabilità specifica nel non aver saputo gestire questa crisi sanitaria che va attribuita alla Protezione Civile, nelle sue articolazioni nazionale e regionali, al Governo e alle amministrazioni locali, fino alle singole dirigenze delle aziende sanitarie e ospedaliere di ciascun territorio. I piani per affrontare la diffusione del virus sono stati deficitari e stilati con colpevole ritardo rispetto al dilagarsi della infezione, ma ancor prima, a nulla sono valse le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità risalenti addirittura al 2005, quelle dello stesso Ministero della Salute, per la dotazione di DPI, farmaci e vaccini, kit diagnostici, necessari al rispetto del Piano Pandemico Nazionale rimasto solo su carta, senza alcun adeguamento reale al rischio annunciato che oggi stiamo pagando.

Ancora in questi ultimi mesi, di fronte alla minaccia sempre più incombente di una emergenza reale, all’appello a restare a casa “senza se e senza ma”, non ha fatto seguito un celere dispiegarsi di disposizioni e protocolli chiari, un ampliamento delle strutture sanitarie volto a coprire il fabbisogno di ospedalizzazione stimato per la crisi. Capiamo bene che a Roma ci si ponga il problema di coprire chi qui e altrove abbia lasciato un sistema deficitario e un personale esposto ed impossibilitato ad assistere nel migliore dei modi. Non capiamo invece come sia possibile immaginare che tutto questo passi sotto silenzio, senza un moto di indignazione collettiva nei confronti di chi ostenta questo provvedimento provocatorio come di chi lo presenta praticamente identico nella sostanza, ma con una forma più accattivante.

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